ROMA – “Noi studenti delle zone terremotate siamo vivendo oggi la seconda enorme emergenza. Fare scuola in questo modo mi ricorda quando scuola non la potevamo fare per niente, o quando abbiamo ricominciato a farla nei ‘moduli ad uso scolastico provvisorio’ (MUSP) che, dico con una battuta un po’ amara, sono diventati per noi permanenti, perché ormai facciamo scuola qui da 11 anni”.
Così Tommaso Cotellessa, rappresentante d’istituto del liceo ‘Cotugno’ e presidente della Consulta Provinciale degli Studenti (CPS) de L’Aquila, mette a confronto le due grandi emergenze che gli studenti aquilani sono stati costretti a vivere nell’arco di un decennio: la pandemia attuale e il terremoto del 2009. Questi eventi traumatici collettivi hanno sicuramente stravolto le loro vite ma, come dimostrano le parole di Tommaso, i ragazzi come tutti gli altri cittadini sono riusciti a risollevarsi più forti di prima. La prima emergenza li ha temprati e la seconda li ha trovati più preparati. E gli studenti, ieri come oggi, hanno potuto contare sul presidio sociale fondamentale della scuola, come ricorda Tommaso:
“Noi ci siamo abituati a fare scuola, veramente, in tutte le condizioni- aggiunge- Non lo dico con rammarico, ma lo dico perché la scuola nei nostri territori durante l’emergenza è stato l’unico presidio sociale. Se L’Aquila è riuscita a rimanere una città con il suo tessuto sociale è perché la scuola c’è stata e non ha mollato mai. Ricordo bene che, quando siamo stati costretti a trasferirci sulla costa, i miei fratelli più grandi tornavano a L’Aquila tutte le mattine per venire a fare scuola qui. C’è stato uno slancio per recuperare il tessuto sociale e questo va fatto in ogni emergenza. Dobbiamo tornare ad innamorarci della scuola, perché non possiamo permetterci che si disgreghi in questo periodo, o sarebbe la fine per l’intera società”.
Proprio per questa fiducia nel ruolo indispensabile della scuola Tommaso, come moltissimi altri studenti, non è disposto ad arrendersi alle sue condizioni materiali spesso così precarie. La crisi attuale sta facendo venire a galla i problemi che gli studenti denunciano da decenni: il sovraffollamento delle classi, la mancanza di spazi adeguati e la pericolosità delle strutture. Quale momento migliore di questo per impegnarsi per risolverli?
“A livello pratico chiediamo una grande opera di edilizia scolastica da anni e adesso ne abbiamo ancora più bisogno- continua Tommaso- e se l’avessimo fatto prima, forse adesso saremmo stati pronti. Perché delle ‘classi pollaio’ se ne parla da decenni e adesso si comprende appieno la loro problematicità. Nei MUSP spesso siamo ammassati, senza spazi ampi e l’aria condizionata può essere un ulteriore veicolo di contagio. Abbiamo bisogno di un grande piano edilizio non solo qui ma a livello nazionale, perché è un problema ovunque. Continuerò a battermi in ogni modo perché la ricostruzione venga fatta al più presto. Io non penso che la scuola debba riaprire subito, come sostengono in maniera rampante molti personaggi politici. Io penso che dobbiamo fare di tutto affinché le scuole vengano riaperte al più presto, ma in maniera sicura”.