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Tiziano Ferro: “Oggi vivo una versione sola di me stesso”

Sessualità, alcolismo e rinascita: l'artista si mette a nudo nel documentario 'Ferro'

ROMA – “Era tutta una rovina ma evidentemente bisogna demolire prima della ricostruzione. Esiste un lieto fine, basta volerlo. Non importa come cadi, importa solo come ti rialzi. Se non fai nulla ricorderanno solo la caduta. Se recuperi alla grande la cosa che più ricorderanno di te è come ti sei rialzato“. Questo il messaggio che Tiziano Ferro lancia, con la sua inconfondibile voce, in ‘Ferro‘.

Presentato in un incontro sulla piattaforma Zoom, il documentario Amazon Original di produzione italiana è nato dall’esigenza dell’artista di fama internazionale di mettersi completamente a nudo, come non aveva mai fatto prima, per raccontare la sua rinascita. In arrivo il 6 novembre su Amazon Prime Video, il film è un atto liberatorio di Tiziano che, per questo progetto, si è spogliato della musica e del filtro dell’estetica della ripresa a cui è abituato, per mostrare il suo percorso di riabilitazione, dopo l’alcolismo, partendo dagli esordi della sua carriera. 

In questo documentario non c’è Tiziano Ferro, ma c’è semplicemente Tiziano: un uomo di quarant’anni che vive a Los Angeles con suo marito Victor, con il quale conduce una vita normalissima (in ‘Ferro’ si definiscono ironicamente che l’uno è la metà della pensione dell’altro), che l’unico tour che vuole fare in America è con il carrello tra le corsie del supermercato, che ama i suoi animali, i suoi amici, la sua famiglia, che non vuole più perdere tempo in cose futili, che non scorda mai le sue origini di Latina, che aiuta un gruppo di alcolisti anonimi, che ha avuto il coraggio di raccontarsi. E lo ha fatto partendo dall’età, vent’anni, quando è stato lanciato nel mondo della musica. Un mondo che lo voleva magro ed eterosessuale. Nonostante avesse perso parte di quei 111 chili, che hanno dato il titolo ad uno degli album piu’ belli di Ferro, lui sentiva che qualcosa non andava. E quel qualcosa era la sua sessualità.

Per me l’obiettivo è che non esista Ferro, non esista Tiziano Ferro e non esista Tiziano. Il mio obiettivo per me, come persona, e per la mia sanità mentale è vivere con una versione sola di me stesso: questo è il privilegio più grande che ho avuto nella vita“, ha detto l’artista alla Dire.Non lo so se ci sono arrivato per disperazione, per coraggio, per fortuna, per sbaglio o per intelligenza, ma da quando ho iniziato ad affrontare con la testa qualunque insicurezza, problema, trauma, stress post-traumatico, ansia e depressione– ha continuato- mi sono sentito meglio. Non è una questione di piacere o meno alla gente perché tanto piaceremo o meno a prescindere da quello che diciamo anche soltanto perché indossiamo una maglietta. Quindi piacere o meno per quello che sei veramente e’ un grande privilegio. L’obiettivo nella mia vita è continuare ad essere Tiziano Ferro davanti e dietro le telecamere“.

Il dover vivere più versioni di se stesso – un esempio è nel docufilm, in cui si racconta che la casa discografica francese di Tiziano assunse uno stylist che lo attendeva in aeroporto al suo arrivo a Parigi per portarlo in bagno, svestirlo e rivestirlo secondo codici più maschili – lo ha portato a sprofondare nel baratro dell’alcolismo. All’età di trentaquattro anni si è ritrovato al limite della cirrosi epatica. Ma qui Ferro non vuole raccontare il problema ma la soluzione a questo. E non importa se nel documentario l’artista appare ‘spettinato’ perché, come ha dichiarato durante l’incontro, “raccontare qualcosa che ti rende anche meno bello crea un’empatia con qualcuno nel mondo che ti dirà ‘pure io ho provato le stesse cose’. E questo senso di identificazione è curativo. Il difficile è la prima parte: ammettere che ci sia un problema e affrontarlo. Quando fai questo passaggio inizi già a cambiare. Quando accetti le fratture raccontarlo non è difficile, è liberatorio“. 

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Tra le immagini di archivio, le interviste (tra queste, quella a suo marito Victor e al suo manager Fabrizio Giannini) e le scene di vita quotidiana a L.A., Tiziano racconta il suo rapporto con la fede, le emozioni del 70esimo Festival di Sanremo, che lo ha visto ospite fisso, il suo percorso di riabilitazione anche nei panni di sponsor di coloro che tutt’ora hanno problemi con l’alcol, i suoi due emozionanti matrimoni con Victor, celebrati negli USA e a Latina, e il suo liberatorio coming out nel 2011.

Io l’ho fatto per me. Perché avevo 30 anni e vivevo una vita in completa negazione in una società che non accettava chi ero e io non accettavo me stesso. Io non riuscivo a guardarmi allo specchio – dice Tiziano in ‘Ferro’ ad un gruppo di studentesse, che imparano l’italiano con le sue canzoni – Ho iniziato un percorso di terapia ho capito che il problema era amare me stesso: e quando l’ho capito ho deciso di parlarne ai miei amici, alla mia famiglia e al mio pubblico in un momento in cui nessun artista mai era uscito in Italia fuori facendo coming out e tutt’ora così. Molte persone hanno pensato che fosse un ‘suicidio artistico’ in realtà l’onestà e la sincerità mi hanno avvicinato di più alle persone. Se tu non ami te stesso e quella parte di te non puoi proiettare felicità. Non importa se la moralità in Italia è un po’ traballante. La verità mi ha reso libero ed è tutto quello che volevo“.

Per Ferro le cicatrici hanno un ruolo essenziale nella sua vita: la mancata accettazione, i disordini alimentari, il rapporto con le dipendenze li vede come fossero i suoi super poteri. Oggi guarda il mondo dal filtro delle sue cicatrici. La conseguenza più grande della dipendenza è l’isolamento, la dipendenza lo voleva solo. A Los Angeles, però, ha capito cosa voglia dire la sobrietà.

Io faccio ancora fatica a guardare questo documentario perché non mi sono mai visto così, è come se mi fossi visto per la prima volta. Lo spettacolo è bello perché è figlio dell’urgenza di fare musica però se ti consegni a questo lavoro al cento per cento le cose sono due: o hai un pelo sullo stomaco tale da poter sempre mantener vive due tre versioni di te stesso oppure per me è troppo e io non ce la faccio ed ho scelto di fare così“, ha detto il cantante alla Dire.

‘Ferro’ è un viaggio intimo, emozionante, potente, ben girato, ben montato e con una fotografia suggestiva. La macchina da presa del regista Beppe Tufarolo non è invasiva ma delicata e rispettosa di Tiziano Ferro, che regala al suo pubblico, tra risate e tante lacrime, la versione più vera e intima di lui. Inoltre, mostra, con il suo sorriso contagioso, che ‘il sole esiste per tutti’, per citare il titolo di sua canzone.

FERRO, IL RAPPORTO TRA TIZIANO E LA FEDE

Io sono cresciuto in una città molto piccola, ho frequentato una chiesa di provincia ed è stato di grande ispirazione. Io mi ricordo quanto il prete, che era Don Matteo, spingesse sulla carità, sull’empatia, sull’unione, sull’inclusività, sull’amore universale perché in una chiesa di periferia c’erano famiglie povere, famiglie di immigrati, madri single con figli e famiglie divorziate. Mi ricordo questi messaggi che hanno marcato un’epoca della mia vita e sono rimasti nella mia testa. Poi sono andato in giro per il mondo ed ho iniziato a vedere questi messaggi filtrati e posso anche dire manipolati dall’esigenza di creare dei gruppi e questa cosa mi ha sempre ferito. Però, niente di tutto quello che mi ha ferito ha intaccato questa fede, che è rimasta sempre vera e reale“. Così, Tiziano Ferro, ha parlato del suo rapporto con la fede, che lo ha aiutato in un momento difficile della sua vita, nel baratro dell’alcolismo. Un periodo che l’artista racconta in ‘Ferro’.La cosa che è cambiata, in positivo, durante il periodo di recupero (che non finisce mai) è il rapporto con Dio e la spiritualità. La prima cosa che fai è imparare ad accettare la realtà e la maniera in cui prego oggi è diversa, non è una negoziazione con Dio non è ‘tu mi dai questo ed io ti do quello’, questa è una cosa molto cristiana. Questa è una negoziazione che ti vede abbastanza perdente in partenza perché è come dire ‘io non sarò mai felice se tu non mi dai questo’. Quindi è una lotteria che va quasi sempre a discapito di chi prega. La preghiera per me è molto diversa, io uso la preghiera della serenità (“Dio dammi il coraggio di cambiare le cose che posso e la saggezza per conoscere la differenza. Dio dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare”, ndr) con cui io ho aperto il documentario: io chiedo a Dio di darmi quello che mi vuole dare, mi può dare la giornata che vuole ma deve solo farmi capire come affrontarla, con la chiarezza, la serenità e il coraggio per poter intervenire e andare attraverso quello che succede, che sia dolore o che sia gioia, tentando di fare il meglio. Quando tu chiedi il meglio di fronte ad ogni situazione tu parti da vincente”.

A fare scalpore alla quindicesima edizione della Festa del Cinema è stato il docufilm ‘Francesco‘ di Evgeny Afineevsky, in cui il Papa ha dichiarato: “Gli omosessuali hanno diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto ad una famiglia. Non si può cacciare nessuno da una famiglia. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili, in questo modo gli omosessuali avrebbero una copertura legale”.

Parole che, inevitabilmente, hanno fatto il giro del mondo e che hanno colpito Tiziano. “Ho passato una giornata a piangere quando ho sentito le parole del Papa: per me ha significato riaprire quel cassetto e dire che il don della mia chiesa di provincia aveva ragione. È stato importante questo sostegno, che è come un amico che ti dice ‘io ti capisco’. Per me la spiritualità e il rapporto con Dio sono essenziali perché io da solo non mi basto“, ha concluso Ferro.

TIZIANO FERRO: IL FESTIVAL DI SANREMO UN TRIBUTO AI MIEI SOGNI

Non potevo non fare Sanremo, lo sogno da quando ero piccolo, è la ‘Mecca’ di chi fa questo mestiere. Sono cresciuto con le edizioni più belle della storia negli Anni 80 e 90. L’ho fatto in barba anche a chi dice ‘mi hanno proposto Sanremo ma io non ho niente da dimostrare’. Anche io avevo un tour sold out, un disco che era andato al numero uno, ma chi se ne importa: non si può vivere di numeri“. Queste le parole di Tiziano Ferro sulla sua partecipazione, come ospite fisso, al 70esimo Festival di Sanremo di Amadeus.

Faccio questo mestiere da quando ho vent’anni, ho bisogno di sogni e di alimentare questa cosa. Non posso vivere di quello che è giusto fare sulla carta– ha continuato Ferro- e quindi l’ho fatto per una sorta di tributo ai miei sogni. La prima cosa che ho detto al mio manager quando gli ho detto ‘facciamo Sanremo’ è stata ‘una settimana lì qualcosa andrà male però mi raccomando prendiamola così come viene. Non puntiamo alla perfezione, puntiamo all’esperienza’. E così è stato. Sicuramente qualcosa è andata male e qualcosa è andata bene, mi ha emotivamente e fisicamente consumato. Però è stato utile“.

L’artista ha poi concluso: “Ho fatto Sanremo, come il documentario, perché non si può vivere solo di patina. Bisogna vivere anche di fratture. A quarant’anni chiedo di più: ho bisogno di stimoli, di fantasia, di paura, di camminare un po’ sul ciglio del burrone e Sanremo sicuramente è servito a questo“.

In contemporanea con il debutto di ‘Ferro’ – diretto da Tufarulo, che lo ha scritto insieme a Federico Giunta- l’artista torna sulla scena musicale il 6 novembre con il suo primo album di cover ‘Accetto Miracoli: l’esperienza degli altri‘, il secondo capitolo del disco ‘Accetto Miracoli’, pubblicato il 22 novembre 2019. Per questo nuovo progetto discografico il cantante di Latina ha reinterpretato tredici brani che hanno fatto la storia della musica italiana. Tra questi, ‘Rimmel’ di Francesco De Gregori, ‘E ti vengo a cercare’ di Franco Battiato, ‘Almeno tu nell’Universo’ di Mia Martini e ‘Nel blu dipinto di blu’ di Domenico Modugno.

2020-11-03T20:04:14+01:00