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La scoperta italiana dell’esplosione che viene dal passato

E' quello che è successo ai giovani scienziati e studenti del dottorato internazionale di Astrofisica Relativistica dell'International Centre for Relativistic Astrophysics, basato all'Università La Sapienza di Roma.

supernova 5.jpgIl tempo non passa sempre nello stesso modo. A maggior ragione nello spazio , dove si confondono passato e presente, e dove anche il futuro ha tutto un altro volto. Così può capitare di fare una previsione su un fatto che però è accaduto miliardi di anni fa.

E’ quello che è successo ai giovani scienziati e studenti del dottorato internazionale di Astrofisica Relativistica dell’International Centre for Relativistic Astrophysics, basato all’Università La Sapienza di Roma. I ragazzi, sotto la guida scientifica di Remo Ruffini, hanno previsto con 15 giorni di anticipo che una supernova sarebbe esplosa. Il fatto, però, è avvenuto 10 miliardi di anni fa.

All’epoca l’Universo era nelle sue fasi primordiali e il nostro sistema solare sarebbe nato solo 5 miliardi di anni dopo. La luce dell’esplosione stellare è arrivata a noi solo nella notte del 14 maggio. Il fenomeno, visibile nella direzione della costellazione del Leone, e’ stato confermato dal Gran Telescopio Canarias (GTC) alle 21,21 (erano le 22,21 in Italia) ed è stato ricevuto dalla studentessa Anna Penacchioni.



L’innesco dell’esplosione della Supernova ha generato il trasferimento di massa stellare sulla stella compagna, che è collassata trasformandosi in un buco nero, ed emettendo un Gamma Ray Burst (GRB). Questo fenomeno è stato osservato dai telescopi satellitari intorno alla Terra.

L’intuizione scientifica italiana è stata comprendere la relazione tra il lampo di raggi gamma (GRB) e l’innesco dell’esplosione della Supernova (Induced Gravitational Collapse IGC). Avendo capito questo, e tenendo conto che l’evoluzione della Supernova per arrivare al suo massimo splendore avrebbe richiesto circa 15 giorni, Ruffini e il suo gruppo hanno allertato tutti gli osservatori. E la conferma della loro previsione, puntuale, è arrivata. E’ la prima volta nella storia dell’Astrofisica e dell’Astronomia che si è in grado di prevedere un fenomeno simile.

Il ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, Maria Chiara Carrozza, è stata informata nelle prime ore del mattino della scoperta, ed ha espresso "grande soddisfazione per questo eccezionale risultato, inedito nella storia dell’astrofisica, che non solo premia il talento dei ricercatori italiani ma anche indica al nostro Paese la giusta via da seguire: investire sulla ricerca".


Hadfield, dalle stelle a David Bowie
Il capitano Chris Hadfield ha fatto il giro del mondo. E non solo perché era in orbita sulla Stazione spaziale internazionale, ma perché è suo il primo videoclip girato nello spazio. L’astronauta, 53 anni, ha voluto dire addio in maniera poetica alla sua missione e si è esibito in ‘Space oddity’, il capolavoro di David Bowie, pizzicando la chitarra e guardando malinconicamente la Terra. Suonando a gravità zero e in parallelo con il testo della canzone, Hadfield si è preparato a rientrare alla base. Dove ha già conquistato gli internauti. Prima ha registrato la sua esibizione, poi l’ha caricata su Youtube con un montaggio suggestivo e struggente e infine l’ha rilanciata su Twitter. E il pubblico di tutto il mondo ha apprezzato.

Ippocampi e robotica, come nasce un braccio artificiale
Si parte dalla coda dei cavallucci marini, si arriva a un braccio robotico flessibile. Il percorso lo stanno tracciando i ricercatori della University of California di San Diego, che puntano a costruire un arto ispirato agli ippocampi per quanto riguarda la struttura ossea, e con muscoli costituiti da macromolecole. Gli ingegneri hanno puntato subito sulla coda dei cavallucci marini perché quello che cercavano era una corazza naturale che fosse estremamente flessibile. E la loro coda può essere schiacciata senza che la colonna vertebrale ne risenta. Questa è stata la chiave di volta che ha permesso di pensare al progetto del braccio robotico. Il passo successivo sarà utilizzare la stampa 3D per realizzare placche ossee artificiali ispirate alle corazze degli ippocampi, a cui poi collegare muscoli fatti di polimeri per formare un braccio robotico che sia flessibile e robusto, e in grado di afferrare oggetti di forme e dimensioni e diverse.

L’orecchio? Lo stampo in 3d
I tessuti possono combinarsi con l’elettronica grazie alla stampa 3D. E, in futuro, la miscela potrebbe collegarsi anche alle terminazioni nervose del corpo umano. Tutto comincia con la ricerca degli scienziati dell’università di Princeton, i quali hanno creato un orecchio bionico stampabile che è in grado di captare le onde radio, vale a dire quelle onde usate per le trasmissioni radiofoniche e che, di norma, l’orecchio umano non percepisce. Nell’esperimento, il padiglione auricolare è stato ottenuto stampando in maniera combinata un gel acquoso contenente cellule, insieme a nano-particelle di argento. La successiva coltura cellulare ha permesso al tessuto cartilagineo di svilupparsi intorno a una piccola antenna a spirale collegabile a un ricevitore. Il prossimo obiettivo è quello di incorporare nel tessuto altri elementi, come per esempio un sensore di pressione in grado di rilevare i suoni, e venire direttamente connesso con le terminazioni nervose

Avanti le start up, firmato il protocollo esa-asi-bic lazio
Lo scopo è quello di accorciare la strada tra l’idea e la sua realizzazione. Per questo ci sono 500.000 euro stanziati per supportare tutte quelle imprese e quei ricercatori che vogliono applicare conoscenze e tecnologie di derivazione spaziale in attività che hanno una ricaduta sulla Terra. ll bando prevede un sostegno per lo sviluppo dell’idea imprenditoriale da parte di Bic Lazio e uno di tipo tecnico da parte di Esa ed Asi. Ogni start up avrà diritto ad un massimo di 50.000 euro. Tra gli obiettivi, la creazione di business e posti di lavoro. Fa il punto della situazione il presidente dell’Asi, Enrico Saggese.

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2018-06-05T17:31:40+02:00