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Luca Parmitano fuori dalla Iss, la prima ‘spacewalk’ di un italiano

A Houston erano le 8 e due minuti di martedì 9 luglio. A quell'ora Luca Parmitano e Chris Cassidy hanno lasciato la Stazione spaziale internazionale (Iss) e sono usciti nello spazio...

A Houston erano le 8 e due minuti di martedì 9 luglio. A quell’ora Luca Parmitano e Chris Cassidy hanno lasciato la Stazione spaziale internazionale (Iss) e sono usciti nello spazio. E’ la prima volta nella Storia che un italiano fluttua tra le stelle. Per sei ore e sette minuti Parmitano è rimasto all’esterno della Iss agganciato al sicuro cordone ombelicale del Mobile servicing system, il braccio robotico che muove equipaggi e strutture intorno alla Stazione.

Ed è andata così bene che Parmitano e Cassidy hanno svolto quattro operazioni in più rispetto alle sette previste durante la loro prima attività extra veicolare.



"Che fantastica, incredibile esperienza. Non ci sono parole", è il primo messaggio che l’astronauta di Paternò ha rilanciato sulla Terra al termine della sua prima passeggiata spaziale. Emozionato ed entusiasta, da quando è nello spazio Parmitano si è fatto conoscere ed amare non solo per il suo impegno professionale, ma anche per le sue doti di comunicatore, con cui ha coinvolto decine di migliaia di appassionati con il naso all’insù. 
I tratti del suo carattere gioviale emergono anche dalle parole del presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Enrico Saggese:

Ma che cosa ha fatto l’astronauta fuori dalla Iss? Prima di uscire da quella che da un mese e mezzo è casa sua, ha trascorso diverse ore nella camera di pressurizzazione per eliminare l’azoto dal sangue e cancellare così il rischio di embolia. Poi c’è stata la fase di aggancio ad una sorta di pedana che lo ha tenuto ancorato al braccio robotico, manovrato dall’interno della Stazione dall’americana Karen Nyberg. Parmitano aveva uno specchio sul polso che gli permetteva di leggere le istruzioni del lavoro da svolgere, tenute sulla pancia della tuta per l’attività extra veicolare. Una tuta pesante, che permette solo movimenti lenti e quasi senza l’aiuto delle articolazioni.

I due hanno preparato l’ambiente per il montaggio dei nuovi radiatori termici che permetteranno di bruciare l’energia in eccesso prodotta dai pannelli solari. Cassidy ha sostitutito una scheda di controllo per il sistema di ricetrasmissione tra spazio e terra, mentre Parmitano ha lavorato sull’esperimento l che studia le reazioni di alcuni materiali nello spazio. Inoltre, è stato lui a scattare foto all’Ams, lo strumento che studia l’antimateria. Durante le ore passate letteralmente tra le stelle le attività extraveicolari sono state quindi di manutenzione, replacement, recupero di esperimenti e documentazione. Un rivestimento è stato poi poggiato sulla parte americana della Iss. Lì dove si agganciava lo shuttle è stata posizionata una cover di protezione per impedire che l’area sia danneggiata dai micrometeoriti.

Martedì 16 luglio si replica. Parmitano uscirà di nuovo per la seconda passeggiata spaziale



Il dinosauro che respirava come un uccellino
Il Tataouinea hannibalis ha un sistema di respirazione molto simile a quello degli uccelli. Però è un dinosauro. Appartiene alla famiglia dei rebbachiasauridi, è un erbivoro, e il suo scheletro, lungo almeno 14 metri, è stato rinvenuto in Tunisia. Sono stati i ricercatori dell’università di Bologna a studiarlo e a fare la scoperta. Da anni scavano, in collaborazione con l’Office National des Mines di Tunisi, nel sud del paese nordafricano per portare alla luce fossili del periodo Cretaceo e ricostruire un complesso ecosistema vecchio di 110 milioni di anni. Così hanno scoperto che questi dinosauri probabilmente respiravano secondo lo stesso avanzato meccanismo degli uccelli moderni.

I mini satelliti viaggiano soli
Sonde grandi come una scatola di scarpe potrebbero viaggiare fino ai limiti del Sistema solare. L’idea è di equipaggiare i Cube Sat, dei piccoli satelliti costituiti da moduli standard a forma di cubo, ciascuno di circa 10 cm di lato e 1.4 kg di peso, con CAT (CubeSat Ambipolar Thruster), un nuovo sistema di propulsione al plasma. Stanno lavorando sulle sonde ‘tascabili’ i ricercatori dell’Università del Michigan, secondo cui questi mezzi potrebbero raggiungere e studiare anche Giove e le sue lune. Il metodo permetterebbe di abbattere i costi in maniera notevole. Per raccogliere fondi per lo sviluppo del progetto, intanto, il team ha lanciato una campagna di finanziamento social in cui chiunque può dare il suo contributo economico per avviare la fase di test in orbita. Il primo obiettivo per passare dalla teoria alla pratica è raccogliere 200.000 dollari entro il 5 agosto prossimo.

Le pendici del Monte Olimpo
Si chiama monte Olimpo, ma è molto lontano dalla Grecia. Il gigante del Sistema solare è il vulcano che si staglia a 22 chilometri dalla pianura, su Marte. Una foto scattata dalla sonda Mars Express dell’Agenzia Spaziale Europea mostra con grande dettaglio l’ambiente delle sue pendici. Una delle caratteristiche più peculiari di questo vulcano è la presenza lungo tutta la sua base di una profonda scarpata che in alcuni punti raggiunge salti di 9 chilometri. La scarpata si è probabilmente formata durante un certo numero di catastrofiche frane avvenute sui fianchi del vulcano, durante il quale i detriti sono scivolati a diverse centinaia di chilometri di distanza, dove sono ancora ben visibili le tracce di flussi di lava che si sono susseguiti alla base del vulcano e, qua e là, alcuni blocchi spigolosi o più levigati che sono stati spostati o portati in superficie a seguito dei crolli.

Quell’enorme cratere in Antartide
Molte volte per capire la Terra l’aiuto arriva dal cielo. E così la mappatura del più grande cratere sulla superficie dell’Antartide è stata tracciata dal satellite CryoSat dell’Esa. Gli scienziati ritengono che il cratere sia il residuo di un lago che si trovava sotto tre chilometri di ghiaccio e che si è esaurito. Molto sotto la spessa coltre di ghiaccio ci sono laghi di acqua fresca senza una diretta connessione con l’oceano. E’ importante studiarli per gli scienziati che vogliono capire i flussi dell’acqua e le dinamiche del ghiaccio sotto la superficie congelata dell’Antartide. Ma scoprirlo non è semplice. Così, invece di guardare dritto nel ghiaccio, gli studiosi puntano al cielo per migliorare la conoscenza dell’acqua subglaciale. Finora sono stati scoperti circa 400 laghi ‘sotterranei’. Quando si prosciugano perturbano gli habitat e possono causare uno scivolamento accelerato del ghiaccio verso il mare.

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2018-06-05T17:30:33+02:00