hamburger menu

Collezione Guggenheim: “Il quadro è falso”, parola di fisici

Un acceleratore di particelle e un quadro, la Guerra fredda e la prestigiosa collezione Guggenheim: sono questi gli ingredienti di un giallo della storia dell'arte risolto grazie alla scienza.

7 Febbraio 2014
Un acceleratore di particelle e un quadro, la Guerra fredda e la prestigiosa collezione Guggenheim: sono questi gli ingredienti di un giallo della storia dell’arte risolto grazie alla scienza. Per la prima volta, infatti, gli atomi di carbonio sono serviti per smascherare un’opera falsa.
I sospetti su quella tela si sono sempre rincorsi nel corso dei decenni, ma mai gli studiosi erano riusciti a dimostrare in maniera inconfutabile che fosse opera di un impostore. La parola definitiva sono riusciti a pronunciarla solo gli scienziati del Laboratorio per l’ambiente e i beni culturali (Labec) di Sesto Fiorentino, con un’équipe guidata dal professor Pier Andrea Mandò, direttore della sezione di Firenze dell’istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) in collaborazione con i colleghi di Ferrara. Ma vediamo cos’è successo.

– ALL’INTERNO DELL’ASTEROIDE
– UNA RETE ‘DA PESCA’ PER CATTURARE LA SPAZZATURA SPAZIALE
UN MESE DI VITA IN PIU’ PER LADEE
MAVEN, ROTTA VERSO MARTE

Erano gli anni Settanta. La mecenate Peggy Guggenheim da almeno tre decenni girava per l’Europa attorniata dagli artisti più importanti del Novecento. La sua collezione raccoglieva capolavori contemporanei e diventò ben preso un punto di riferimento per gli amanti dell’Avanguardia europea. Durante le sue ricerche aveva acquistato una tela attribuita al pittore Fernand Léger. Si tratta di un olio su tela che si riteneva appartenesse alla serie ‘Contraste de formes’. Ma gli esperti non ne erano convinti. A gettare nel dubbio fu soprattutto il parere del massimo studioso di Léger, Douglas Cooper, tant’è che il quadro non verrà mai esposto. Eppure nessuno era mai riuscito a dimostrare in maniera inconfutabile che si trattasse di un falso. Fino ad oggi.


I fisici hanno utilizzato l’acceleratore di particelle per contare gli atomi di radiocarbonio contenuti in un lembo della tela estratto dal suo retro. Ma perché era così importante conoscerne la concentrazione? E qui entra in gioco la Guerra Fredda. A partire dagli anni Cinquanta vengono svolti numerosi test nucleari. Questo ha provocato un aumento del flusso di neutroni in atmosfera e del rate di produzione di carbonio14 fino al 100% in più. E’ il periodo del cosiddetto ‘bomb peak’, cioè quegli anni in cui si registrò, appunto, il rapidissimo aumento della concentrazione di radiocarbonio. Solo a partire dal 1963, con il trattato di non proliferazione, la concentrazione di carbonio 14 torna a diminuire. Gli scienziati sanno perfettamente quale fosse la concentrazione in atmosfera anno per anno. Ed ecco allora che hanno prelevato dalla tela incriminata un piccolissimo campione, da cui hanno estratto una pastiglia di grafite che è stata poi inserito all’interno dell’acceleratore di particelle. Grazie a questo lavoro è stato poi possibile contare gli isotopi La tela, essendo fatta di tessuto derivante dalle piante, doveva necessariamente aver assorbito ciò che c’era in atmosfera. E il verdetto parla chiaro: il quadro è stato dipinto in un periodo successivo al 1959. Peccato che il presunto autore fosse morto 4 anni prima e la serie a cui il quadro sarebbe dovuto appartenere risalisse al 1913. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “The European Physical Journal Plus”. La tela è ora ufficialmente un falso.

ALL’INTERNO DELL’ASTEROIDE
Da fuori sembra un’arachide, ma su come fosse fatto l’interno dell’asteroide 25143 Itokawa è sempre stato un mistero, così come per tutti gli altri corpi celesti suoi simili. Ma ora, per la prima volta, il New Technolgy Telescope dell’osservatorio australe europeo (Eso) ha fornito la prova che la struttura interna degli asteroidi può essere molto varia. Il risultato è stato ottenuto con osservazioni da Terra ad altissima definizione, combinate con l’osservazione della velocità di rotazione dell’asteroide stesso e con l’aiuto di modelli teorici su come gli asteroidi irradiano il calore. E così si è scoperto che Itokawa all’interno ha una composizione molto varia. Un’informazione preziosa per capire come si siano formati i corpi celesti rocciosi all’interno del Sistema solare

UNA RETE ‘DA PESCA’ PER CATTURARE LA SPAZZATURA SPAZIALE
La spazzatura spaziale è un problema su cui la comunità internazionale si arrovella da tempo. Come smaltire tutti i detriti che rimangono in orbita dopo le missioni? Si parla di satelliti dismessi, di pezzi di navicelle, di razzi, di materiali che si sono staccati dai mezzi che hanno attraversato l’atmosfera. Un’idea è venuta alla Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese, che, grazie alla collaborazione con il mondo dell’industria ittica, dispiegherà nello spazio una gigantesca rete ‘da pesca’. E’ lunga 300 metri ed è fatta di fibre di metallo forti e flessibili. Il suo compito è di catturare i detriti spaziali e trascinarli fino all’atmosfera terrestre, dove verranno bruciati. L’esperimento parte a fine mese. Se tutto andrà bene la rete completa verrà lanciata nel 2019.

UN MESE DI VITA IN PIU’ PER LADEE
Ladee, la missione statunitense partita il 6 settembre per esplorare la Luna, resterà in orbita intorno al nostro satellite un mese in più del previsto. Una graditissima sorpresa, che deriva dalla scoperta che a bordo dell’orbiter c’è più carburante di quanto si ritenesse. Ciò è possibile perché le operazioni di lancio e di acquisizione dell’orbita sono state caratterizzate da così grande accuratezza da lasciare sufficiente propellente per continuare la missione. A questo punto, Ladee potrà lavorare fino al 21 aprile e poi terminerà la sua vita spaziale schiantandosi sul suolo lunare.

MAVEN, ROTTA VERSO MARTE

Arrivano le prime notizie della sonda Maven, lanciata dalla Nasa lo scorso 18 novembre verso il pianeta rosso. E sono buone notizie, perché Maven ha quasi compiuto un terzo del suo cammino. La strada è lunga, complicata, ed è fondamentale, spiegano gli scienziati, tenere sotto controllo da Terra tutto quello che succede lungo il cammino. Finora ha compiuto più di 220 milioni di chilometri e il suo cammino durerà fino a settembre. Solo allora sapremo se Maven è riuscita ad entrare sana e salva nell’atmosfera del pianeta rosso per studiarne uno dei suoi grandi misteri, quello sui cambiamenti climatici.

2018-06-05T17:28:21+02:00