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Tanti auguri, Cassini. 10 anni di successi

Era il primo luglio del 2004 quando, per la prima volta nella Storia, una sonda entrò nell'orbita di Saturno. Era Cassini, un gioiello della scienza e della tecnica nato grazie alla collaborazione tra Nasa, Esa ed Asi...

cassini 10 anni saturnoEra il primo luglio del 2004 quando, per la prima volta nella Storia, una sonda entrò nell’orbita di Saturno. Era Cassini, un gioiello della scienza e della tecnica nato grazie alla collaborazione tra Nasa, Esa ed Asi. Da allora ha studiato incessantemente il sesto pianeta del sistema solare, allargando lo sguardo sulle sue lune e, naturalmente, sugli anelli che lo rendono unico. La sonda arrivò alla meta dopo un viaggio nello spazio durato sette anni. Il lancio da Cape Canaveral era avvenuto il 15 ottobre del 1997. All’epoca si riteneva che la missione di Cassini sarebbe durata fino al 2008. Invece grazie alle sue ottime condizioni e ai finanziamenti ottenuti è ancora viva e vegeta e continuerà ad esserlo almeno per i prossimi sette anni.
Il nome completo della missione è Cassini-Huygens. Cassini è il nome di uno dei due elementi della sonda, l’orbiter. L’altro, invece, si chiama Huygens ed è un lander. Il 25 dicembre del 2004 fu Huygens a staccarsi dalla sonda per allungare il suo viaggio di altri venti giorni e raggiungere Titano, la luna più grande del pianeta, e lì scendere attraverso l’atmosfera e atterrare sulla sua superficie. Dopo averlo fatto inviò segnali per ben un’ora e mezza, nonostante il tempo preventivato per la sua attività fosse appena di un quarto d’ora. Grazie alle immagini inviate gli scienziati hanno potuto appurare informazioni sulla geologia del satellite.

– ROSETTA CORRE VERSO UNA COMETA PIENA D’ACQUA
– GALASSIA MANGIA GALASSIA
– ‘COSMIC VISION’, LA SECONDA MISSIONE E’ ATHENA
– IL DISCO VOLANTE PER ATTERRARE SU MARTE

Cassini ha a bordo 12 strumenti scientifici, due registratori digitali di dati, due computer primari e 50 secondari, oltre a spettrografi e camere per immagini sia in luce visibile, che nell’infrarosso e nell’ultravioletto. Sono loro ad averci regalato alcune delle immagini dello spazio più emozionanti degli ultimi anni, tra cui quella che inquadra la Terra, lontanissima, sotto gli anelli del gigante Saturno.
E sono proprio gli anelli, quel prodigio della Natura che rende Saturno unico, ad essere stati studiati a fondo da Cassini. Gli strumenti della sonda hanno dimostrato che gli anelli sono strutture vive, dinamiche e in evoluzione. Sono percorse da onde, instabilità e altre perturbazioni arabescanti, causate dalle interazioni gravitazionali e dalle risonanze con le lune, ma anche dell’interazione dei grani con il campo magnetico del pianeta.

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Cassini deve il suo nome a Gian Domenico, un astronomo italiano del Seicento che individuò vari satelliti di Saturno e ne studiò gli anelli. Di Italia ce n’è tanta, a bordo. La nostra Agenzia spaziale (Asi) ha sviluppato l’antenna ad alto guadagno con incorporata un’antenna a basso guadagno: sono loro ad assicurare le telecomunicazioni con la Terra. Inoltre è dell’Asi anche il canale visibile dello spettrometro VIMS, il sottosistema di radioscienza (RSIS) e il radar che utilizza anch’esso l’antenna ad alto guadagno. L’Asi ha inoltre sviluppato, per la sonda Huygens, lo strumento HASI che ha misurato le proprietà fisiche dell’atmosfera e della superficie di Titano. Dopo dieci anni la corsa di Cassini verso la conoscenza non si ferma.


ROSETTA CORRE VERSO UNA COMETA PIENA D’ACQUA
Rosetta continua la sua corsa nello spazio all’inseguimento della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, in attesa di osservarla da vicino a partire dal mese di agosto. Ma, intanto, si scopre che la tanto desiderata meta è piena d’acqua. Gli scienziati lo supponevano già, ma non immaginavano che le proporzioni fossero queste: la cometa rilascia l’equivalente di due bicchieri d’acqua terrestri ogni secondo. La scoperta è arrivata precocemente rispetto alle ipotesi, grazie allo strumento a microonde dell’orbiter di Rosetta (Miro). La scoperta del vapore acqueo ha implicazioni non solo per quello che riguarda la nostra conoscenza delle comete, ma anche per la pianificazione della missione di Rosetta, grazie a cui, per la prima volta, si atterrerà sulla superficie di uno di questi corpi celesti.

GALASSIA MANGIA GALASSIA
Un ‘morso’ spaziale può aiutare gli scienziati a capire come sono fatte esattamente le galassie. E’ l’auspicio dei ricercatori dell’Australian Astronomical Observatory che hanno focalizzato i loro sforzi sul momento in cui una galassia ne fagocita un’altra, convinti che quelle fasi in cui, di fatto, la galassia più piccola viene mangiata siano preziosissimi per scoprire tutto quello che ancora non sappiamo sulla formazione e l’evoluzione delle galassie stesse. Quella osservata si trova a 62 milioni di anni luce di distanza, nella costellazione della Chioma di Berenice, e viene chiamata ‘Ombrello’ per la sua particolare forma. E’ composta da un flusso di stelle residuo di una galassia nana sbriciolata dal campo gravitazionale della galassia più grande. Proprio misura del debole flusso di stelle nella galassia Ombrello ha consentito agli scienziati, per la prima volta, di ricostruire la storia di un sistema nano.

‘COSMIC VISION’, LA SECONDA MISSIONE E’ ATHENA
Uno dei quattro pilastri del futuro osservativo dell’Universo si chiama Athena, ed è italiano. Lo ha deciso lo Science Programme Committee dell’ESA, scegliendo la missione che prevede il lancio di un sofisticatissimo osservatorio orbitante nei raggi X. Si tratta della seconda missione selezionata per il programma ‘Cosmic Vision’. Athena indagherà i fenomeni più energetici che avvengono nell’Universo, come il plasma caldo negli ammassi di galassie, e i buchi neri e i lampi gamma, spingendosi fino all’epoca in cui si sono formate le prime stelle supermassicce, a 150 milioni di anni dal Big Bang. L’Italia avrà un ruolo determinante nel progetto grazie al contributo scientifico e tecnologico dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf), dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) e di numerose Università.

IL DISCO VOLANTE PER ATTERRARE SU MARTE
Il progetto più ambito resta sempre quello di inviare un astronauta su Marte. Per questo la Nasa si prepara incessantemente, cercando di innovare quanto più possibile il bagaglio di cui una missione così ambiziosa può avere bisogno. In questi giorni è stato testato un sistema di atterraggio che assomiglia a un disco volante. In realtà è un deceleratore supersonico a bassa densità. Durante il test un pallone pieno di elio a cui è stato attaccato il disco volante è arrivato nell’atmosfera fino a 36,5 chilometri, lì la navicella ha acceso i motori per accelerare e salire fino a 55 chilometri alla velocità di Mach 4, cioè quattro volte la velocità del suono. Il pallone rotondo intorno al deceleratore si è gonfiato di colpo, rallentandolo in brevissimo tempo da Mach 4 a Mach 2,5. A velocità ridotta, si è aperto il paracadute che lo ha fatto atterrare nell’oceano Pacifico. Esperimento riuscito.


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2018-06-05T17:27:25+02:00