Uno strumento semplice, che assomiglia a un cerotto e permette di acquisire dati sulle persone in movimento. Basso costo e vita pressoché eterna. Inoltre, non necessita di batterie. L’idea, dalla tesi di laurea di Stefano Milici, è stata sviluppata da Sara Amendola e Sabina Manzari, e il team sta già vagliando nuovi "spin-off" per utilizzarla anche in altri campi. E’ uno strumento che potrebbe trovare applicazione negli aeroporti e nei luoghi di frontiera, in caso di emergenza o di epidemia in cui è necessario valutare le condizioni di un paziente evitando un contatto non protetto.
– L’ASTEROIDE VESTA COME NON LO AVETE MAI VISTO
– IN FONDO AGLI ABISSI PER STUDIARE I NEUTRINI
– ERUZIONI E DETRITI, ARRIVA IL METEO SPAZIALE
E rimanendo in ambito spaziale i sensori wireless potrebbero dare una mano anche con i satelliti, nella fase del controllo a Terra.
La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è un osso duro. Se ne è accorto il piccolo ed eroico lander Philae, che si è scontrato con una superficie inaspettata: 10-20 centimetri di polvere durissima, a una temperatura di 170 gradi sotto lo zero. Ne ha fatto le spese il martello Mupus, che, come racconta lo stesso strumento dal suo profilo Twitter, si è trovato di fronte a una superficie più ostica di quanto preventivato. Le cronache raccontano che l’intensità del martello ha dovuto scavalcare i tre livelli previsti e fare appello al ‘desperate mode’, che però ha comportato la rottura dello strumento. Riassumendo, le caratteristiche finora note della cometa parlano di un nucleo di ghiaccio durissimo e di un’atmosfera, ‘annusata’ dallo strumento Cosac, che contiene molecole organiche. Non è stato specificato quali, e lo studio degli spettri prosegue. Il risveglio di Philae, fanno sapere gli scienziati, è previsto (e sperato) per marzo, quando il Sole potrebbe riattivare il lander con la sua energia, raccolta dai pannelli. La sua fida compagna Rosetta continuerà ad orbitare introno alla cometa, inseguita per dieci anni. Ti potrebbe interessare: Rosetta, ecco dove si trova Philae
L’ASTEROIDE VESTA COME NON LO AVETE MAI VISTO
Dopo due anni di lavoro è arrivata la prima mappatura tettonica in Hd della superficie di Vesta. Una straordinaria impresa che ha impegnato i ricercatori della School of Earth and Space Exploration della Arizona State University, che finalmente mostra le caratteristiche della storia remota dell’asteroide studiato fra giugno 2011 e settembre 2012 grazie alla missione Nasa Dawn. Il passato di Vesta è segnato da innumerevoli cicatrici: la mappatura geologica rende visibile come, in epoche lontanissime, l’asteroide sia stato oggetto di violenti impatti, che hanno lasciato molti crateri. Il team di scienziati ha studiato le caratteristiche del suolo di Vesta per riuscire a sviluppare una cronologia degli eventi geologici. Passando da un cratere all’altro sono riusciti a realizzare la mappa cronologica di tutti gli eventi, aiutandosi anche con i colori.
IN FONDO AGLI ABISSI PER STUDIARE I NEUTRINI
La prima torre dell’osservatorio per neutrini KM3NeT-Italia è stata posata a 3.500 metri di profondità, sul fondale marino al largo di Portopalo di Capo Passero. Quando tutte le fasi saranno concluse in fondo al mare di Sicilia troverà posto il più grande telescopio per neutrini astrofisici dell’emisfero boreale, costituito da otto torri e ventiquattro stringhe. L’obiettivo del complesso laboratorio sottomarino, nella cui progettazione un ruolo chiave lo gioca l’Istituto nazionale di fisica nucleare, è realizzare una matrice tridimensionale di sensori per la rivelazione e la misura di neutrini astrofisici di alta energia. L’osservatorio entrerà a far parte di un sistema più complesso che coinvolge tutta Europa: costituirà un nodo dell’infrastruttura di ricerca KM3NeT, che poggerà su oltre duecento strutture.
ERUZIONI E DETRITI, ARRIVA IL METEO SPAZIALE
E’ ricomparsa la macchia solare che tanto aveva allertato il pianeta Terra a metà ottobre. Identificata da subito come la più grande degli ultimi 25 anni, la sua influenza aveva compromesso le trasmissioni radio. Ora è di nuovo visibile sulla superficie della nostra stella, seppure pare più moderata rispetto al suo debutto. L’attenzione degli scienziati si sposta ora sulla possibilità di prevedere questi fenomeni, non tanto per monitorare le eruzioni, quanto per capire se queste avranno degli effetti a Terra o meno. Ci stanno lavorando allo Swico (Space Weather Italian Community), per cercare di realizzare, entro il 2016, il primo servizio italiano di meteo spaziale, che permetta di allertare i terrestri prima che si verifichino i disagi e anche di intercettare eventuali detriti pericolosi per il nostro pianeta.