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IXV, missione compiuta per il mini shuttle europeo

E' grande come un'automobile, pesa due tonnellate e ha aperto all'Europa la strada verso il futuro dei trasporti spaziali...

13 Febbraio 2015
E’ grande come un’automobile, pesa due tonnellate e ha aperto all’Europa la strada verso il futuro dei trasporti spaziali con rientro a Terra. L’11 febbraio l’Intermediate Experimental Vehicle, conosciuto anche come il ‘mini-shuttle’ del Vecchio Continente, ha effettuato con successo la sua prima missione di prova.

Un’ora e trentotto minuti per dimostrare che è possibile volare nello Spazio e poi tornare a Terra recuperando il velivolo. A lanciare IXV, il cui principale contributore è l’Italia, è stato un altro gioiello del made in Italy, il vettore leggero Vega. Vega ha portato la capsula fino a 320 chilometri di quota, e da lì IXV ha raggiunto i 413 chiolmetri, più su di mille metri rispetto alle previsioni. Dopo aver raggiunto l’apice, è iniziata la fase di discesa verso il nostro pianeta, a una velocità massima di 7,5 chilometri al secondo al suo ingresso in atmosfera. Durante il suo percorso IXV è stato seguito passo passo da Terra, dove, dalle basi di Libreville in Gabon e di Malindi in Kenia, i suoi segnali sono stati captati e monitorati. A riceverli anche la nave di recupero, che si è portata nell’area dell’Oceano Pacifico dove è avvenuto lo splash down, a più di 4.000 chilomentri dalle coste colombiane. IXV ha aumentato progressivamente la velocità e, quando mancavano 30 chilomentri al tuffo nell’oceano, ha aperto i suoi 3 paracadute (supersonico, subsonico e principale), che hanno la funzione di decelerare e stabilizzare il veicolo attraverso i regimi di flusso supersonico, transonico e subsonico, e garantirne così il corretto assetto e velocità, pari a 6 metri al secondo, fino al momento dello splash down.



Adesso la parola passa a scienziati e tecnici, che, grazie ai dati ottenuti grazie alla prima missione di IXV, potranno vagliare l’assetto migliore per i futuri sistemi di rientro. L’Europa entra così nel futuro: i sistemi di rientro potranno essere utilizzati per portare gli astronauti sulla Stazione spaziale, per consegnare i rifornimenti, ma anche per recuperare i detriti che ‘inquinano’ lo Spazio.

Erano in tanti, a Kourou, nella base della Guyana Francese da cui è avvenuto il lancio, a seguire le fasi della missione. Dopo 98 minuti la tensione si è sciolta nella soddisfazione per il successo della prova. L’Europa “sta cercando la sua strada nel settore del rientro dallo Spazio e l’Italia, che sta fornendo le tecnologie necessarie, è in prima linea su questo. Non si tratta di un progetto visionario, ma di qualcosa di estremamente concreto, che mette immediatamente a fuoco cosa serve per permettere all’Europa di avere le tecnologie necessarie a sviluppare sistemi di ritorno a terra di missioni spaziali", ha commentato il presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston.
Il direttore generale dell’Agenzia spaziale europea, Jean-Jacques Dordain, spende invece parole di elogio per il lanciatore Vega. "Quattro successi in 4 orbite diverse dimostrano non solo l’affidabilità, ma anche la straordinaria flessibilità di Vega".

Ricordiamo che lo scorso ottobre è stato firmato il contratto definitivo con cui l’azienda francese Arianespace acquista dieci lanciatori Vega, prodotti dall’italiana Elv (nata dalla partecipazione al 70% di Avio e al 30% dell’ Agenzia spaziale italiana). Il valore dell’operazione è di 257 milioni di euro. Vega è un vettore progettato per trasportare in orbita dei piccoli carichi per poi posizionarli su orbite diverse. Proprio questa particolarità lo rende speciale, perché è una funzione non comune in lanciatori delle sue dimensioni.

IXV è costato 150 milioni di euro ed è stato finanziato da 10 nazioni europee, tra cui l’Italia è capofila con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi). Il nostro contributo è del 40%.


DRAGON, MISSIONE COMPIUTA
Il 10 febbraio la capsula Dragon è correttamente ammarata nell’Oceano Pacifico, 259 miglia a sud ovest di Long Beach. L’atto finale del processo di rifornimento della Stazione spaziale internazionale sancisce il termine della quinta missione di SpaceX, la prima compagnia privata ad aver inviato un veicolo spaziale sul più grande laboratorio orbitante mai creato dall’Uomo. Ora un’imbarcazione, sempre targata SpaceX, traghetterà Dragon sulla terraferma, dove il carico, composto da campioni scientifici e altro materiale, sarà consegnato nelle mani della Nasa. La capsula, invece, raggiungerà le officine di SpaceX per essere esaminata. Questo era il quinto di 12 viaggi previsti fino al 2016.

UN GHIACCIO NON VALE L’ALTRO
L’aumento dei ghiacchi nel mare dell’Antartide non rimedierà all’accelerazione della perdita dei ghiacci artici degli ultimi decenni. Globalmente il pianeta Terra sta perdendo ghiacci ad un ritmo di 35.000 chilometri quadrati all’anno dal 1979. Ma se a uno dei Poli la perdita si arresta questo non significa che la situazione si bilanci. Lo spiega bene uno studio della Nasa, condotto da Claire Parkinson del Goddard space flight center. “Anche se i ghiacci in Antartide hanno raggiunto un nuovo record massimo lo scorso settembre, il ghiaccio globale sta ancora diminuendo”, spiega la scienziata. “Questo succede perché perché la diminuzione nel mar Artico oltrepassa di molto l’aumento antartico”. Parkinson ha pubblicato i risultati globali dopo essere stata testimone della grande confusione che regna riguardo questo argomento. “Quando tenevo delle conferenze- ha raccontato lei stessa-, capitava spesso che qualcuno mi dicesse che se il ghiaccio diminuiva all’Artico e aumentava in Antartide allora si cancellava l’effetto della perdita. La risposta è no. Assolutamente no. L’effetto della perdita non si annulla”.

UNA LINEA SCURA SUL SOLE
Qualche giorno fa, nella parte inferiore del Sole, gli scienziati hanno individuato una linea scura serpeggiante. L’analisi della sua natura è stata possibile grazie al Solar Dynamics Observatory della Nasa, che è in grado di mostrare l’immagine evidenziando il materiale freddo in colori scuri e quello caldo in colori chiari. E’ risultato che la linea che è comparsa era un esempio di materiale più freddo che volteggiava sulla corona solare. Il filamento, che se fosse srotolato equivarrebbe a 67 volte la circonferenza della Terra, come tutti gli altri che spesso compaiono possono fluttuare per giorni prima di scomparire. Alle volte possono anche eruttare nello Spazio, rilasciando materiale solare in una ‘doccia’ che o torna il Sole o viene dispersa, trasformandosi in una nuvola conosciuta come espulsione di massa coronale. Il Solar Dynamics Observatory ha catturato immagini del filamento in diverse lunghezze d’onda. Grazie a questo gli scienziati sono in grado di approfondire la loro conoscenza sulle cause che portano alla formazione di queste strutture e che cosa catalizza le loro eruzione occasionali.

VIA LATTEA, LE PROVE DELLA MATERIA OSCURA

La materia oscura è quell’elemento invisibile che si manifesta nell’Universo attraverso i suoi effetti gravitazionali. Si stima che gran parte della massa dell’Universo sia costituito da materia oscura. L’ultima scoperta è che anche la nostra galassia, la Via Lattea, la ‘nasconde’ al suo interno. Lo studio, pubblicato su Nature, è stato portato avanti da Fabio Iocco, Miguel Pato e Gianfranco Bertone. Gli scienziati hanno preso in esame la velocità di stelle e nubi di gas nelle parti più interne della Via Lattea e hanno così scoperto la presenza di materia oscura. Ciò comporta un avanzamento della conoscenza che permette di indirizzare meglio le ricerche in tema di materia oscura e aiuta anche a capire la struttura e l’evoluzione della Via Lattea.


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