Nelle prossime settimane tecnici e manager della missione, nata dalla collaborazione fra le agenzie spaziali di Germania (Dlr), Francia (Cnes) e Italia (Asi), prevedono di riunirsi per decidere cosa fare: se tentare ancora un contatto, o abbandonare le ricerche e dichiarare la fine della missione Philae.
Philae: ultima chance di contatto
(fonte: ASI TV – WEB TV dell’Agenzia Spaziale Italiana)
La missione Rosetta dell’Esa è entrata nella Storia: è grazie a un lavoro internazionale fortemente specializzato che l’uomo ha potuto toccare con un suo strumento, per la prima volta, il suolo di una cometa. E’ accaduto il 12 novembre del 2014, quando il robottino Philae, grande poco più di una lavatrice, si è caparbiamente ancorato al suolo della cometa 67P Churyumov Gerasimenko. Erano già diversi mesi che la ‘sonda madre’, Rosetta, viaggiava di pari passo con 67P, seguendola nel suo viaggio verso il Sole…
Era il 12 novembre 2014: la missione Rosetta dell’Agenzia spaziale europea è entrata nella storia grazie al rilascio sulla cometa 67P Churyumov Gerasimenko del robottino Philae. Grande poco più di una lavatrice, il lander toccò il suolo di 67P diventando così il primo strumento costruito dall’Uomo a raggiungere questo traguardo. Non si trattò di un atterraggio morbido: Philae toccò il terreno e poi rimbalzò su una zona adiacente a quella prevista per l’ancoraggio, incontrando quindi qualche difficoltà a fissarsi al suolo con i suoi artigli meccanici. E qui ci fu la prima scoperta.
“Il silenzio di Philae non fa ben sperare“, afferma il responsabile delle operazioni, Stephan Ulamec.
Per tentare di fargli scrollare di dosso la polvere che forse sta pregiudicando il funzionamento dei pannelli solari, quello che il team di controllo del DLR, guidato da Stephan Ulamec, si appresta a inviare è infatti il comando di attivazione della flywheel: un volano pensato per stabilizzare l’assetto del lander durante l’epico volo di approdo del 12 novembre 2014. E riesumato in queste ore concitate per uno scopo che i suoi progettisti mai avrebbero immaginato. Non stabilizzare durante il volo, bensì il suo perfetto contrario: destabilizzare da fermo.
Arpionato in modo precario a 67/P, giunta ormai a 300 milioni di km dal Sole e con la temperatura in picchiata, nel migliore dei casi Philae ha ancora davanti a sé circa tre settimane di vita: quando la colonnina del mercurio scenderà sotto i 51 gradi sottozero, calcolano gli ingegneri della missione, il suo cuore – se mai ancora sta battendo – s’arresterà. Ma «c’è ancora una piccola possibilità», fa sapere dalla control room Cinzia Fantinati, operation manager dell’agenzia spaziale tedesca, «e non vogliamo lasciare nulla di intentato».