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La rosa rossa

Alessia Vicino L. Classico “G. Carducci”- Comiso (RG)

Quella mattina le campane della chiesa suonano una triste melodia. Durante il funerale, Gioele piange la morte della madre, mentre il prete esalta le virtù eroiche e i costumi di quella santa donna. Tutti i cittadini di quel piccolo paese si sono riuniti per onorarla, per stringersi a lei per l’ultima volta.
Ad un certo punto della celebrazione, un uomo benvestito e di modesta bellezza, entra nella chiesa urlando a squarciagola quel nome: <<Elena!>>. E, piangendo, si accascia sopra la bara.
In un brusio generale, tutti si chiedono chi mai fosse. Neanche Gioele lo conosce, ma molto presto si sarebbe reso conto dell’identità di quell’uomo.
E’ agosto ed è passato un mese dalla morte di Elena. Gioele, come ogni giorno, va a trovare la tomba della sua amata madre, ma quel giorno manca qualcosa… la rosa rossa. Ogni dì, dalla sua scomparsa, qualcuno pone sulla sua tomba una rosa rossa e il ragazzo non è mai riuscito a capire chi fosse a portarla. Perso nei suoi pensieri, si scuote solamente quando inizia a percepire un pianto, non molto lontano da lì, che va avvicinandosi. E lo rivede. E’ quell’uomo, l’uomo sconosciuto che il mese precedente aveva sconvolto tutti in chiesa, e porta in mano qualcosa… è la rosa rossa, quella rosa rossa, che proprio, quel giorno non c’è. L’uomo, guardando il ragazzo, piange ancor più forte.
Gioele resta confuso, come interdetto. Non sa chi fosse la persona che ha davanti, ma, commosso da quelle lacrime, lo abbraccia.
<<Oh, Elena, Elena! Come ho potuto? Come ho potuto lasciarti da sola?>> esclama l’uomo, che sembra piuttosto scosso, come attraversato da un fremito.
Gioele non sa come comportarsi. Gli prende la rosa dalle mani e la poggia delicatamente sulla tomba.
<<Andiamo a fare una passeggiata, forse si riprenderà>> dice il giovane allo sconosciuto, facendosi animo con la voce. E si incamminano.
<<Oh, Gioele, sono così dispiaciuto! Perdonami, per tutto quello che ti ho fatto, perdonami!>>.
<<Signore, io non la conosco. Come sa il mio nome?>>.
<<Gioele, io sono Giuseppe, tuo padre!>>.
E poi, come in un lampo, tutto gli sovviene. Quel padre che non c’era mai stato, quel padre che non aveva mai conosciuto, quel padre che era stato infinitamente amato da sua madre, quel padre che aveva usato violenza ad Elena, ora è lì, proprio davanti ai suoi occhi.

Elena e Giuseppe erano ancora ragazzi quando si erano messi insieme. La loro era una tenera storia d’amore adolescenziale, fatta di baci e carezze e di tutto quel romanticismo consono alla loro età. Insieme avevano passato qualche anno, fino a quando qualcosa, all’improvviso, era cambiato.
Era il giorno del loro terzo anniversario di fidanzamento e Giuseppe aveva organizzato una serata a sorpresa per Elena. Dopo aver cenato a lume di candela, Giuseppe la bendò e la fece salire in macchina. La portò in un luogo con un belvedere mozzafiato, ma tranquillo e solitario, dal quale si poteva ammirare tutta la ridente cittadina. Si baciarono e si abbracciarono, ma lui voleva dell’altro. Quella sera lui, preso dal fomite della passione, voleva andare oltre i baci, oltre gli abbracci. Voleva fare quella cosa che non avevano mai fatto e aveva programmato proprio quello, come momento adatto. Ma non era lo stesso per Elena, che voleva ancora aspettare e magari arrivare casta al matrimonio, cosa che gli fece capire in tutti i modi. Questo fece accendere la rabbia in Giuseppe, che, non resistendo più, dopo averla beffeggiata per la sua ingenuità, la spogliò e le usò violenza.
Quel giorno Elena era tornata a casa piangendo e si era ripromessa di non voler mai più avere a che fare con Giuseppe, perché lei non lo riconosceva più come il suo uomo, almeno quello che all’inizio aveva conosciuto: lei non era un oggetto da poter usare a proprio piacimento, perfino, contro la sua stessa volontà. Era stata violentata dal ragazzo che aveva tanto ammirato e tanto amato. Ma quel ragazzo non esisteva più, Giuseppe adesso, nel suo immaginario, sembrava un’altra persona, un mostro!
Dopo un mese Elena fu costretta a chiamare Giuseppe.
<<Sono incinta>>.
<<Non mi interessa niente di te e neanche di quello che porti dentro. Di certo non è colpa mia!>>.
Questa fu l’ultima volta in cui Elena aveva sentito la sua voce.
Dopo quella conversazione, la vita di Elena è tutto un susseguirsi di grandi eventi. Contro la volontà dei suoi genitori, la ragazza decide di tenere il bambino che aveva in grembo, nonostante fosse il figlio di quella violenza. Così nacque Gioele, un bellissimo bambino dai capelli castani e dagli occhi verdi ereditati dal padre, da Giuseppe. Gioele viene cresciuto con tanto amore e la madre non gli fa mancare mai niente.
Un giorno, al telegiornale Elena apprende una notizia che riguarda uno stupro, che le fa ricordare quanto era stato difficile per lei superare quel dolore che le era stato inflitto. Così decide di creare un’associazione per aiutare tutte quelle povere ragazze, che si venivano a trovare nella sua stessa situazione e per questo viene conosciuta ed ammirata da tutta la cittadina.
Ma dopo un po’ è colpita da una gravissima forma di leucemia, che in poco tempo la conduce alla morte.
<<Tu sei mio padre!>>. Fu tutto quello che Gioele riuscì a dire.
Allora Giuseppe racconta al figlio, tra le lacrime, che era stato tutto uno sbaglio, aveva sbagliato tutto e ora non poteva più tornare indietro. Lui amava tanto Elena, ma nel periodo della sua adolescenza aveva fatto uso di sostanze stupefacenti che lo avevano portato a quell’insano gesto. Elena era stata una grande donna, sempre attenta agli altri, senza mai arrendersi, neanche durante il tormentato periodo della malattia. Adesso era pronto a fare del suo meglio per cercare di far sentire tutto il suo calore di padre a Gioele, per recuperare il lungo tempo perduto, guidarlo con saggezza e amore e, soprattutto, evitargli gli sbagli che lui stesso aveva fatto. E’ veramente pentito. E Gioele lo perdona di cuore.

Chi è dunque la donna nella nostra società? La donna è una figlia, una madre, un’anima, che sa dare la propria vita per gli altri, nonostante tutte le calunnie, gli improperi che subisce in silenzio ogni giorno. E’ una persona che ha libertà di decisione e di parola, proprio come gli uomini, uomini che per molti anni hanno creduto che la donna fosse inferiore a loro, anche intellettualmente, e che solo di recente hanno capito che le donne sanno essere superiori, in special modo, nel sopportare qualunque avversità, qualsiasi dolore, qualsiasi disavventura. La forza non consiste nell’aggredire, nel fare violenza, nel farsi valere, bensì nello “stare” e resistere!

Alessia Vicino, III A L. Classico “G. Carducci”- Comiso (RG)

2016-03-15T16:22:09+01:00