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23 maggio 2016: gli studenti scendono nelle piazze della legalità in ricordo di Falcone e Borsellino

Simone Solito, studente dell'Istituto "A. Avogadro" di Torino racconta la sua 'giornata palermitana'. Un'occasione per celebrare i due eroi uccisi dalle mafie

13 Giugno 2016

 

Sono ormai ventiquattro gli anni che ci dividono da quel funesto 23 maggio del 1992, ma non sarà il tempo a cancellare quelli che, probabilmente, sono i tempi più oscuri della storia del nostro paese. E’ così che, in questa giornata organizzata dalla Direzione Generale per lo Studente del MIUR e dalla Fondazione Falcone, la pensano gli oltre cinquantamila studenti accorsi nelle piazze della legalità di tutta Italia per commemorare chi, al puzzo dell’indifferenza e del compromesso morale, ha anteposto il fresco profumo di libertà, ed è così che la pensano tutti coloro che, due settimane fa, erano a Palermo: una città che è notevolmente mutata da quegli anni, passando dall’immagine di capitale del fenomeno mafioso a quella di centro propulsore di quel movimento culturale e morale che disprezza, rifiuta e combatte la mafia. E’ questo movimento l’unica arma efficace per affiancare il lavoro di chi ha dedicato e dedica tuttora la propria vita al servizio dello Stato, vedendosi spesso limitata la propria libertà da scorte, macchine blindate e misure di prevenzione.

Sono tante le emozioni suscitate dall’ingresso nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, quell’aula in cui la mafia è stata per la prima volta messa dietro alle sbarre e che quest’oggi non poteva esimersi dall’essere il simbolo di quelle nuove generazioni che, a partire da Palermo e da quanto accaduto nel 1992, vogliono un paese migliore. Tra le personalità presenti spicca sicuramente la forte rappresentanza militare in memoria degli innumerevoli agenti e carabinieri che non si arresero nel mettere a repentaglio la propria vita salvaguardando quella di magistrati, alti funzionari o politici. Ma, ancora più interessante è stato quel viaggio di testimonianze che abbiamo potuto intraprendere intervistando chi ha vissuto quel periodo da vicino e chi, quest’oggi, ricopre cariche che sono senz’altro fondamentali per portare il movimento antimafia ai livelli più alti delle istituzioni. Il nostro viaggio inizia con le parole del dott. Ayala, pubblico ministero al maxiprocesso e collaboratore di Giovanni Falcone, continua con le parole dell’arcivescovo di Monreale Monsignor Pennisi, del sindacalista Maurizio Landini, del Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, l’Onorevole Rosy Bindi, dell’attuale sindaco di Palermo Leoluca Orlando e continua con il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che risalta l’importanza dell’istruzione e della memoria storica per combattere il fenomeno mafioso e per favorire il progresso della società civile.

Tra le tappe fondamentali, non se ne possono escludere due: la professoressa Maria Falcone, sorella del giudice Falcone e il Presidente del Senato Pietro Grasso, ex magistrato. La prima ha espresso tutta la contentezza nel vedere realizzato quel sogno di un movimento culturale per la lotta alla mafia sempre più diffuso e sempre più capace di coinvolgere le giovani generazioni, in grado ormai di far camminare sulle proprie gambe le idee di Giovanni e Paolo: è così che, con affetto, si riferisce al fratello e al giudice Paolo Borsellino. Il secondo non può nasconde le sue emozioni nel ricordare il suo passato di giudice a latere durante il maxiprocesso e nel trovarsi a pochi metri da quel bancone con la scritta “La legge è uguale per tutti” dietro alla quale sedeva. In conclusione del viaggio ci sono le parole del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Gen. CA Tullio Del Sette, dell’ex Presidente della Camera dei Deputati Luciano Violante, del padre dell’agente Nino Agostino ucciso da Cosa Nostra e del dott. Giuseppe Antoci che presiede il Parco dei Nebrodi, e che con immane riconoscenza ringrazia i ragazzi della sua scorta, senza i quali, dopo il recentissimo agguato dello scorso 18 maggio a Messina, avrebbe senz’altro perso la vita. Infine, ultima ma non meno importante, è stata l’opinione di chi si fa portatore della responsabilità di denunciare, ironizzando, con la sua comicità, i problemi che affliggono la sua città: Roberto Lipari, comico e cabarettista nato e cresciuto a Palermo. Ascoltare e camminare. Ascoltare chi ventiquattro anni fa c’era e ha vissuto da vicino queste pagine della nostra storia, e poi camminare. Camminare proprio come si è fatto a Palermo nel pomeriggio del 23 maggio di ventiquattro anni dopo. Camminare dall’aula bunker e da via d’Amelio sino a quell’albero, simbolo della rinascita di un’intera nazione: l’albero Falcone.

E’ qui che si è conclusa questa giornata, sotto quest’albero da dove alle 17:58 è stato possibile udire il silenzio militare. A noi non è restato altro che alzare gli occhi al cielo cercando, tra le nuvole e con un sorriso, quegli eroi verso cui siamo debitori. E questo debito dobbiamo pagarlo gioiosamente continuando la loro opera. Perché oggi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro camminano insieme tenendosi per mano.

E noi tutti camminiamo con loro.

di Simone Solito

2017-05-09T17:53:10+02:00