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In campeggio

Cosimo Barducci Scuola Secondaria di primo grado “Puccini” di Firenze

Eravamo in campeggio insieme al mio amico Joe. Era la prima volta che ci andavo: nelle estati precedenti ero stato in altri campeggi, ma la mia compagnia di amici quest’anno non aveva organizzato nessun viaggio. E come sempre finivo per andare in campeggio da solo tutti gli anni perché nel mio paese non rimaneva nessuno con cui giocare durante le lunghe settimane estive. Per fortuna quest’anno c’era Joe con me.
Il nuovo campeggio era davvero trasandato: le uniche cose nuove sembravano le tende (che però erano degli ospiti), mentre tutto il resto era fatiscente. C’era anche una piscina ma era quasi tutta distrutta. Per fortuna scoprii che vicino avevamo un fiume: da lontano intravidi delle canoe, forse quindi avremmo fatto rafting.
Nella mensa c’erano forse una quarantina di fotografie di ragazzi con sotto scritti i loro nomi: alcune foto erano vecchie e sciupate, chiesi agli istruttori più giovani (che mi sembravano i più simpatici) il motivo, non lo sapevano. Allora mi rivolsi all’istruttore più anziano, che mi disse che il motivo l’avremmo presto scoperto da soli. Strana risposta…
Era ormai finita quella giornata, così andai a dormire pensai a quelle parole che mi inquietavano, ma poi senza pensarci mi addormentai.
Il giorno dopo piovve sempre: eravamo tutti insieme in una stanza con tutti gli angoli ammuffiti, facemmo un gioco da tavola e poi un gioco per conoscerci meglio. Ci divisero in tre squadre: i blu, i gialli, i rossi e i verdi, di cui facevamo parte io e Joe.
Per la sera c’era il progetto di arrostire le salsicce sul fuoco ma era piovuto tutto il giorno perciò rimandammo all’indomani.
La mattina contai i giorni: ne erano passati solo due ma a me sembravano un’infinità, mi sentivo triste, così scrissi una lettera a mia madre. Si era raccomandata di scriverle spesso, tra le altre cose. Quel giorno, come immaginavo, andammo sul fiume con le canoe, ma quando ritornammo gli istruttori non si accorsero che mancava un certo Frank. Avvertii gli istruttori, che non ci fecero caso. Pensai : – Ma dove sono finito!?-
La sera arrostimmo le salsicce sul focolare. L’istruttore più anziano ci raccontò una storia di paura.
In quel bosco che avevamo vicino si aggiravano delle donnole, disse, ma non erano donnole normali: erano donnole mannare, che ogni anno uccidevano tutto il campeggio tranne una persona. Secondo gli istruttori quella persona non veniva uccisa perché era il prescelto, e diventava uno di loro. Le foto ne erano la prova, ma io non ci credetti, mi sembrava davvero troppo strano. E feci male.
Il giorno dopo scomparvero altri due ragazzi e cominciai a ricredermi: ero di guardia notturna insieme a Joe e a un ragazzo di circa tredici anni che credo si chiamasse Tom. A un certo punto sentii un fruscio e poi intravidi degli occhi rossi nel buio, e quando mi girai ero rimasto solo con Joe. Era scomparso anche Tom. Io e Joe ci guardammo e poi corremmo verso gli istruttori che non rimasero affatto sorpresi, ma avevo un dubbio: questi eventi accadevano sempre vicino a me, ma io non ne subivo mai le conseguenze. Ero io il prescelto? Il giorno dopo mi accorsi che eravamo rimasti solo in venti, la metà del primo giorno: ero così spaventato che non scrissi più a mia madre.
Il penultimo giorno eravamo rimasti in cinque, ma gli istruttori si comportavano come se non fosse successo niente. Facemmo un torneo di ping pong e poi uno di scacchi, per fortuna Joe era ancora vivo.
La mattina dopo mi svegliai da solo: ero terrorizzato, sentii calore sul collo e, quando mi girai, la vidi. Aveva gli occhi rossi e lucidi, il pelo sporco e arruffato, era alta circa un metro e mezzo e stava in posizione eretta. Mi girai e mi misi a correre verso la città, ma ne arrivarono altre, cosi mi diressi verso il fiume, presi una canoa e scappai. Forse finalmente ero al sicuro. Sentii una specie di sibilo misto a un ruggito soffocato: mi girai e vidi che quelle maledette donnole sapevano anche nuotare. Mi stavo dirigendo verso la cascata e iniziò a piovere. In quel momento pensai: – Ci siamo, è la mia fine – senza sapere che poi sarebbe stata la mia salvezza… In poco tempo la pioggia diventò una tempesta, afferrai un ramo appena in tempo per non cadere dalla cascata. Alcuni di quegli animali caddero giù dalla cascata ma due si salvarono. Scappai verso un prato, raccolsi un bastone e, quando una di loro mi si avvicinò, lo scagliai su uno di animali che scomparì nel nulla. Ero davvero io il prescelto: una di loro mi si avvicinò da dietro ma, proprio in quello stesso momento, sentii cadere un fulmine dietro di me. L’aveva incenerita. Quando mi rigirai riconobbi la mia casa: avevo combattuto nel mio giardino, tutto il tempo, entrai in casa e raccontai tutto a mia madre. Un brutto sogno, a quel che pareva…
Erano finite le vacanze. Il giorno dopo Joe era a scuola, forse era solo un sogno o forse no ma quel che è certo è che io ero il prescelto. E questa è la mia testimonianza.
Jonh Selwe

Cosimo Barducci
Classe 1D – Scuola Secondaria di primo grado “Puccini” di Firenze

2016-07-13T14:23:16+02:00