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La sua risata

Anna Pasquini Scuola Secondaria di primo grado “Puccini” di Firenze

 

Ne era scomparso un altro, eppure ero stata attenta, be’… era buio, io vedo in bianco e nero e tutto ciò che veniva avvolto dalla notte mi sembrava una chiazza scura. Ma la domanda era: “Che fine aveva fatto?”
Feci uscire fuori la ragazzina, mi sembrava impaurita; ma non era il momento. Dovevamo finire ciò che avevamo iniziato e anche alla svelta… o ne sarebbe scomparso un altro!
La notte era buia ma dovevo continuare, convinsi la ragazzina a vanire con me; ma appena superammo il ponte sentii un urlo, un urlo agghiacciante simile al cigolare di una porta: entrambi ti facevano venire i brividi, ma l’urlo era più penetrante, così penetrante da immobilizzarti. Io cominciai a correre verso l’orfanatrofio, l’urlo veniva senza dubbio da lì. Entrai e subito mi accorsi che avevano rapito un altro bambino. Dovevamo far scomparire i bimbi lontano, perché sennò qualcun altro avrebbe fatto lo stesso. C’era solo un problema: dove potevo metterli? L’illuminazione mi colpì, potevo metterli nella casa abbandonata di Down Hill, là non c’ era mai nessuno, anche se era ancora perfettamente abitabile. Ma, dimenticavo: come li sposto i bambini? Io non posso parlare, anzi non so parlare!
La ragazzina, lei mi avrebbe seguito: ormai aveva capito le mie pazze tecniche con poche possibilità di sopravvivenza. Corsi da lei, la presi per una manica e la tirai, arivai addirittura fino alla casa di Down Hill.
Lei entrò la guardò e disse: “Che casa grande. È enorme… così grande da… da sistemare tutti i bambini dell’orfanotrofio… tu sei troppo intelligente, volevi che venissi qui per farmi capire che vuoi salvarli nascondendoli dal misterioso sgozzatore, vero?”
Corsi giù ancora una volta per la collina e su di nuovo con tutti i ragazzi dell’orfanotrofio. Una volta sistemati nei letti polverosi della vecchia casa, si misero a dormire tutti e io pure.
L’indomani mi incamminai e la ragazzina cominciò a parlare con me, non so perché, ma la ascoltai, anche se era strano che qualcuno parlasse con me: “Sai, comincio a non capire perché stiamo cercando lo sgozzatore; lui dovrebbe cercare noi, non il contrario! E poi, una volta trovato, cosa faremo? Forse possiamo consegnarlo alla giustizia…” disse con tono ironico.
“Be’ almeno i bambini sono salvi…” continuò “Ma ancora non ho capito: cosa ci fa lo sgozzatore col sangue di bambino? Se lo beve, forse?”
Purtroppo doveva essere proprio così, quell’essere immondo sembrava obbligato a berlo e solo una cosa lo uccideva: le risate dei giovani, così, se i giovani non c’erano più, lui non avrebbe dovuto temere nulla.
Eravamo ormai arrivati a destinazione, o almeno sembrava dalla giovane testa conficcata nel palo e dalle luride macchie rosse intorno, che erano ancore fresche. Subito vidi oscillare qualcosa, così andai vicino alla ragazza… ma era scomparsa! Doveva essere stato rapidissimo perché non mi ero accorta di niente: lui era lì col coltello in una mano e lei nell’altra, stava per sgozzarla senza pietà e io non potevo fare nulla per impedirlo, ma mi venne una splendida idea. Mi misi a fare cose buffe, strane e imbarazzanti. E la ragazza rise come il sole in una giornata gelida, come se per un attimo il fuoco bruciasse l’acqua: lei era lì sospesa tra la vita e la morte, e rideva in modo sfrenato mentre lui piangeva. Inaspettatamente una nube lo avvolse e scomparve. Era finita. Con una risata cristallina. Fu in quel preciso momento che per la prima volta dopo tanto scodinzolai felice e abbaiai di gioia mentre lei si guardava intorno, ancora incredula per il pericolo scampato.

Anna Pasquini
Classe 2C – Scuola Secondaria di primo grado “Puccini” di Firenze

2016-07-13T14:54:32+02:00