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Il batterio mangia plastica: la soluzione all’inquinamento?

Sofia Dezzi Bardeschi Liceo Classico Statale “Galileo” di Firenze

 

Ormai il mondo è ricoperto di plastica, ogni anno infatti ne produciamo circa 311 tonnellate di cui tra i 4,9 e 12,7 milioni finiscono in acqua (circa il 95% dei rifiuti galleggianti presenti). La situazione potrebbe addirittura aumentare di 10 volte entro il 2025. Lo scandalo è che questo magico materiale inquinante ci mette in media 450 anni a degradarsi naturalmente, rendendo il suo riciclo un’opera davvero ardua.
Molti paesi stanno prendendo in seria considerazione di bandire il materiale secolare con pesanti leggi ecologiche, ad esempio in Canada a Montréal. Fortunatamente un batterio dal nome di Ideonella sakaiensis potrebbe essere una soluzione non così drastica al problema: scoperto da un gruppo di ricercatori del Kyoto Institute of Technology il batterio potrebbe disintegrare ben 250 tipi diversi di PET, un materiale plastico molto resistente al processo di biodegradazione di cui la razza umana diffonde nell’ambiente circa 50 milioni di tonnellate l’anno.
Il processo, descritto sulla rivista “Science”, è formato da due enzimi prodotti dal batterio, il PETase e il MHET idrolase, che rompono le catene del PET in molecole eco-compatibili, lacido tereftalico e il glicole etilenico,in un tempo comunque lungo, infatti il batterio impiegherebbe circa sei settimane per degradare una semplice pellicola di PET.
Come spiega Uwe T. Bornscheuer: ”La scoperta potrebbe avere implicazioni molto importanti per il riciclo delle plastiche”. Lo studioso prevede insomma futuri sviluppi della ricerca per un utilizzo dell’acido tereftalico, isolato dal batterio,per la produzione della plastica, il che consentirebbe di evitare l’uso del petrolio e l’accelerazione del processo di degradazione da parte del batterio. Ma questo è solo l’inizio, come spiega lo stesso Yoshida, primo autore dell’articolo pubblicato su “Science”: “Vogliamo sviluppare questa scoperta in un’applicazione pratica. Questo è il primo passo”.
Incrociamo quindi le dita quindi affinché la ricerca vada a buon fine, e che porti a una vera soluzione per un mondo migliore.

Sofia Dezzi Bardeschi
Classe 1C – Liceo Classico Statale “Galileo” di Firenze

2016-07-22T16:33:47+02:00