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I cloni della pecora Dolly stanno bene e invecchiano normalmente

I cloni della pecora Dolly godono di ottima salute. Lo dimostra la ricerca dell'Università di Nottingham sulle copie tutt'ora vive nate 9 anni fa

cloni pecora dollyROMA –  Daisy, Diana, Debbie e Denise: si chiamano così i cloni della pecora Dolly che, negli ultimi giorni, sono tornate a far notizia per il loro stato di salute. Niente di preoccupante. Anzi, tutto l’opposto. Dagli ultimi esami le quattro pecore stanno più che bene e sembrano invecchiare normalmente. Un risultato strabiliante che smentisce la popolare credenza secondo cui gli animali clonati non avrebbero la possibilità di vivere una vita normale.

I quattro cloni della pecora Dolly hanno tra i 7 e i 9 anni (che corrispondono ai 60-70 anni umani) e vivono all’Università di Nottingham insieme ad altre 9 pecore nate dalla clonazione. Loro, però, sono speciali perché sono arrivate al mondo con la clonazione della serie di cellule derivanti dalla ghiandola mammaria che avevano portato alla nascita della celebre Dolly. Su di loro sono stati compiuti dei test che hanno avuto esito negativo. Nelle quattro copie non ci sarebbe nessuna traccia di un deterioramento precoce delle cellule. Il dna di Dolly, insomma, continua a vivere indisturbato.

A dimostrarlo è lo studio pubblicato su Nature Communications da Kevin Sinclair, dell’università di Nottingham, allievo di uno dei ‘papà’ di Dolly, il biologo Keith Campbell. Nella pratica i ricercatori hanno condotto sui cloni della pecora Dolly una valutazione muscoloscheletrica, test metabolici e misurazioni di pressione sanguigna. Poi, esami radiologici e risonanze magnetiche di tutte le principali articolazioni degli animali clonati. I risultati sono alla fine stati confrontati con quelli pecore di controllo, non clonate, di 5 e 6 anni di età. Il ritrovamento di nessuna anomalia ha confermato le speranze dei ricercatori. Le pecore soffrono soltanto di osteoartrite di grado lieve e solo in un caso di grado moderato. Gli animali, poi, non mostrano segni di patologie metaboliche e hanno valori di pressione normali.

“Nono sono mostri. – ha affermato Pasqualino Loi dell’Università di Teramo, nella direzione della ricerca – Lo studio ha portato a un risultato importante perché dimostra che anche gli animali clonati crescono e diventano vecchi in modo normale”.

Ci sono voluti un po’ di anni per perfezionare le tecniche di clonazione ma finalmente, a vent’anni dalla nascita di Dolly, la scienza ha fatto un passo avanti in questa materia. Molti animali all’inizio degli studi morivano dopo poco tempo o venivano abortiti per gravi malformazioni. Adesso questi problemi sembrano essere stati archiviati. La strada per la perfezione è ancora lunga ma questo studio fa ben sperare per il futuro.

“Che nelle tecniche di clonazione ci siano ancora un po’ di difficoltà è certo – ha continuato Loi – ma in questi anni ci sono stati tanti passi in avanti. Se avessimo abbandonato dopo le prime difficoltà oggi non potremmo oggi salvare così tante vite umane”

La clonazione, per quanti dubbi possa far scaturire, potrebbe giovare anche a noi umani nella cura di gravi patologie, in una migliore comprensione della genetica e nella produzione di farmaci sempre più efficaci. Ovviamente, tutto ciò causa sempre non poche critiche ma, forse, anche quelle fanno parte del processo di ricerca.

I cloni della pecora Dolly:  i vent’anni del clone più famoso di tutti

Dolly, chiamata così in onore di Dolly Parton, vide la luce il 5 Luglio 1996. Dopo 277 tentativi, feti morti o malformati, la sua nascita fu una grande vittoria per i ricercatori che avevano lavorato su di lei. Un animale particolarmente importante perché il primo ad essere clonato da una cellula adulta.

A differenza di molti animali clonati, Dolly  si dimostrò sin da subito un normale agnello vigoroso.  In piedi senza aiuto a pochi minuti dalla nascita. I veterinari erano consapevoli del fatto che si trattava di un agnello importante e fondamentale per il gruppo di ricerca che l’aveva prodotta, ma erano completamente all’oscuro dell’impatto che avrebbe avuto. Sono state tante le critiche sollevate durante la sua vita. Principalmente di carattere etico. Molti si chiesero se fosse giusto copiare un essere vivente.

Dolly, la morte per eutanasia nel 2003

Dolly visse una vita abbastanza normale. Diede alla luce sei agnellini in buona salute ma a tre anni cominciò a manifestare i primi segni di invecchiamento precoce. Poi l’artrite e una malattia polmonare incurabile. La soppressione, nel 2003, fu inevitabile. Secondo gli studiosi, le sue cellule avrebbero ereditato la memoria dell’età della pecora donatrice. Dolly, insomma, era già “vecchia” agli inizi della sua esistenza.  Ad un anno di età, i test rivelarono rivelato che i telomeri di Dolly erano più brevi rispetto a quelli previsti per le pecore di quell’età. I telomeri sono sezioni di DNA trovate alla fine di ciascun cromosoma. Quando i cromosomi vengono replicati durante la divisione cellulare una piccola parte dei telomeri si perdono. Più si verificano divisioni cellularicon l’avanzare dell’età, più diventano brevi. Ciò portò alla speculazione che gli animali clonati da cellule ottenute da un animale adulto sarebbero invecchiati prima e morti prematuramente. Tuttavia, questa teoria si dimostrò poi essere falsa. Anche se i telomeri di Dolly sono apparsi più brevi di altre pecore di età simile, certamente non erano di un animale vecchio.

L’esperienza di Dolly, però, è servita molto ai ricercatori. Parola della Bbc:

“Dolly ha mostrato qualcos’altro agli scienziati: che le cellule animali possono essere riprogrammate. È possibile ringiovanirle e modificarle perché formino qualsiasi tipo di cellula. Da questo punto di vista, la nascita di Dolly ha cambiato per sempre il pensiero scientifico”

Sicuramente anche i cloni della pecora Dolly stanno contribuendo al progresso della scienza e i ricercatori sono contenti di vederle in salute.

2018-06-05T17:18:40+02:00