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Terremoto, lo psicologo: “Ricordo di buio e boati, i bambini dormono per terra”

Tutti i territori colpiti devono ripartire dalla scuola

2 Settembre 2016

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Roma – “Di giorno sorridono e continuano a giocare, ma di notte dormono per terra. Tanti bambini vittime del terremoto hanno paura di restare a letto, preferiscono sdraiarsi davanti l’uscio di casa ed essere sempre pronti ad uscire. Quando cala l’oscurità sale l’angoscia, perché il terremoto del 24 agosto, come quello de L’Aquila del 6 aprile 2009, è avvenuto di notte”. I traumi cancellano le sicurezze, e a parlarne questa mattina è stato Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (Ido), che successivamente al terremoto del 2009 ha seguito da vicino 4.000 minori dei circoli didattici aquilani con il prezioso aiuto delle insegnanti: 2.500 bambini e 1.500 ragazzi. “Oggi come allora tutti dicono ‘Vedi i bambini come stanno bene?- ha proseguito lo psicoterapeuta- questa è un’affermazione pesante. È vero che tornano a giocare e a sorridere, ma ciò non significa che abbiano superato il problema del terremoto. Per tutti, dagli anziani ai bambini, è un trauma che resta criptato, un po’ nascosto. Basta pochissimo per farlo riemergere con tutta l’angoscia repressa”.

La terra ha tremato all’improvviso, provocando calore, rumore, boato, polvere e distruzione. “Tutti elementi che lasciano dentro l’animo un’ansia devastante. Sempre più mamme hanno iniziato a dormire con i loro figli dopo il terremoto– fa sapere Castelbianco- ed è giustissimo in questo caso. Bisogna ricostruire qualcosa che è andato frantumato. I bambini non vivono solo il loro dramma personale, ma anche quello di tutta la loro famiglia. Con la casa sono andati spesso perduti il lavoro e a volte gli affetti. Per questo motivo l’accudimento domestico non basta- ha spiegato lo psicologo- perché quando i bambini tornano a casa l’angoscia è presente. I genitori cercano di affrontarla ma sono tutti in difficoltà”.

Tra i soggetti più a rischio ci sono gli anziani. “A L’Aquila mi dicevano ‘Adesso perché devo andare avanti?’- ha ricordato il direttore dell’IdO- avevano creato le loro famiglie, costruito case, lavori e carriere. Il terremoto ha spazzato via tutto in un soffio, proiettandoli in una distruzione senza fine arrivata al termine della vita produttiva. Piangono in silenzio e tacciono, eppure sono la memoria storica del territorio e per questo devono continuare a vivere e a raccontare. Vogliono tornare nelle proprie abitazioni? È giusto- ha sottolineato lo psicologo- e la loro testardaggine va premiata. Devono restare lì testimoni di una storia che possono tramandare. Saranno le radici di un passato che precede il recente ricordo di morte”.

Ai bambini si chiede dell’esperienza ‘Terremoto’? “La cosa più stupida che si possa fare- ha risposto- è chiedere ‘Mi racconti del terremoto?’ Se parlano spontaneamente va bene, ma non bisogna mai forzarli. Basta ascoltarli e poi proporre un minimo di attività che li aiuti a tornare alla vita e a riconoscersi nella capacità di saper fare qualcosa”. Occorre tempo per superare un trauma? “Ci vogliono tante cose- ha aggiunto Castelbianco- gli adulti non devono essere solo accoglienti ma intelligenti. È una situazione di emergenza. A L’Aquila facemmo una scelta innovativa: aiutare i bambini nella scuola, un ambito diverso dalla famiglia. Infatti, il progetto dell’IdO è stato portato avanti con ‘Le 398 meravigliose maestre de L’Aquila’ (testo a cura di Federico Bianchi di Castelbianco e Magda di Renzo, Magi Edizioni) per contrastare gli effetti del trauma del terremoto tramite la scuola, aiutando docenti e studenti con un intervento psicologico mirato. La partecipazione delle insegnanti è stata eccezionale- ha continuato lo psicoterapeuta- sia dal punto di vista professionale che umano”.

Tutti i territori colpiti devono ripartire dalla scuola. “Davanti a case distrutte, a lavori che non ci sono, l’unica cosa che esiste dal punto di vista sociale, con l’apporto di adulti accudenti (psicologi e insegnanti), è la scuola- ha sottolineato l’esperto-. Lì è possibile ripartire tutti i giorni della settimana per condividere e superare un problema. La prima grande regola da seguire è che ogni difficoltà vada affrontata all’interno della classe per far uscire il dolore da una situazione di solitudine. Ci saranno sicuramente dei casi che richiederanno un aiuto individualizzato, però questo è un altro discorso”. A L’Aquila, ha concluso Castelbianco, “abbiamo constatato che l’ansia ripartiva proprio quando si chiudevano le scuole, come a Natale. Il risorgere della vita riparte dalla scuola”.

2017-05-04T13:51:53+02:00