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A Siracusa gli studenti trovano un nuovo modo di abitare il ‘margine’

La terza e ultima puntata del reportage di diregiovani.it sul progetto della Fondazione Falcone

23 Novembre 2016

ROMA – Dopo ‘Via Algeri nel cuore’ e ‘Storia di Giulia e della sua goccia’ si conclude con ‘Scuole e progetti di frontiera’ il reportage di diregiovani.it sull’esperienza degli studenti dell’Istituto Comprensivo ‘S. Chindemi’ di Siracusa, nata dalla collaborazione tra la fondazione Giovanni e Francesca Falcone, con il progetto di educazione alla legalita’ ‘Dalla memoria all’impegno’, e il collettivo palermitano Senzasuola, con le loro ‘Narrazioni collettive a colori’.

Una sinergia di attività condotte da Salvatore Benintende della fondazione Falcone, Cristina Alga, Alberto Nicolino e Igor Scalisi Palminteri dei Senzasuola, insieme alla preside Giusi Garrasi, al vicepreside Marco Vero, e agli insegnanti del Chindemi, per dare la possibilita’ agli studenti di una periferia di Siracusa di immaginare una scuola e un quartiere diverso e di riappropriarsi di uno spazio vandalizzato del plesso di Via Algeri.

Un’intera comunità scolastica, dalla preside, agli insegnati, alle famiglie, tra il 14 e 15 novembre ha osservato la distruzione dovuta all’ennesimo atto vandalico nel plesso di Via Algeri e, grazie ad una storia ispirata alle voci del quartiere Mazzarruna, ha vissuto un momento di profonda riflessione, in cui ha tentato di proporre soluzioni concrete, attraverso il racconto delle difficoltà vissute e l’immaginazione di un mondo diverso.

 

LA FRONTIERA

La frontiera è lo spazio immaginario oltre il quale c’è l’altro, il non conosciuto, lo straniero, che può parlare una lingua diversa e vivere luoghi che non ci sono familiari e, per questo, ci appaiono strani, pericolosi. La frontiera è un posto complicato in cui stare perché fa riflettere continuamente su sé stessi, sulla possibilità di rimanere nel conosciuto o affrontare l’ignoto, sull’immaginare che al di là del confine ci potrebbe essere un’opportunità. Di conoscenza, di arricchimento, di condivisione, di cambiamento. Ma anche conflitto e fallimento. Resta solo chi assume su di sé il rischio del fallimento.

LA SCUOLA DI FRONTIERA

La scuola in una zona di frontiera impara nel tempo ad abitarla, trovandosi spesso proprio al confine tra ciò che esiste e ciò che può essere immaginato. Fa i conti con le difficoltà della realtà e deve cercare di proporre e utilizzare strumenti in grado di cambiarla, la realtà. Lucia è un’insegnante che lavora al Chindemi di Siracusa, nel plesso di Via Algeri. Vive il suo come un lavoro di frontiera, riesce ad abitarla e decide di restare. E di lavorare tutti i giorni con i bambini della Mazzarruna e tutto il carico di problemi che si trovano a vivere in un quartiere periferico disagiato: disoccupazione o difficoltà economiche delle famiglie, marginalità sociale, assenza di alternative al gioco in strada, degrado urbano, carenza di spazi e servizi che vadano oltre la scuola. Una scuola che vive, come confessa la preside Garrasi, la difficoltà di dare “continuità al proprio lavoro una volta che gli studenti tornano nelle proprie case” e di stimolare “quei processi di cittadinanza attiva” che pure vorrebbe mettere in moto. E che sperimenta tutti i giorni la solitudine di essere unico presidio sociale pubblico vivo e presente nel quartiere, ma che proprio in virtù di questa solitudine “rischia di firmare un contratto di disagio”. Per questo la preside Garrasi ha deciso di fare il possibile, avviando attività di formazione con gli agenti della mediazione culturale “per ricomporre i conflitti e lavorare con i bambini che non hanno punti di riferimento”, nella speranza che “dietro ci sia l’amministrazione comunale, altrimenti è evidente che le nostre diventano favole o aspettative che non si realizzano”.

PROGETTI DI FRONTIERA: LA POTENZA DI UNA STORIA

La mattina del 15 novembre scorso, in una piccola aula gialla del plesso di Via Algeri, mentre i soffitti erano ancora zuppi dell’acqua zampillata dai termosifoni sfondati nel corso dell’ennesimo atto vandalico, preside, bambini, genitori e insegnanti hanno ascoltato la ‘Storia di Giulia e della sua goccia’ narrata da Alberto. La giusta rabbia delle madri, esplosa poche ore prima davanti alla scuola inagibile, grazie ad una storia si è trasformata in parole, pacate ma urgenti di ascolto, sulle preoccupazioni rispetto al futuro dei propri figli, da realizzare proprio a partire dalla scuola. Le madri hanno immaginato assieme ai propri figli, e i loro disegni, incredilmente, si somigliavano e parlavano di un mondo diverso da quello vissuto tutti i giorni nella Mazzarruna.
Sul muro verde dell’aula di fronte adagiato a terra c’è un cartellone pieno di disegni. Al centro del cartellone si legge: “La fantasia è la prima fonte di felicità”.
“Le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche, sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità”. (Zygmunt Bauman)

2016-11-23T17:47:23+01:00