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Eruzione dei Campi Flegrei più probabile. Il vulcano ora mette paura

Dall’INGV e University College of London nuovo metodo per prevedere eruzioni

ROMA – Eruzione dei Campi Flegrei più probabile. Il vulcano ora mette paura. Chi vive in una zona sismica ha imparato, a sue spese, che nessuno scienziato è in grado di prevedere un terremoto o un’eruzione vulcanica. Il territorio può e deve essere monitorato costantemente ma siamo ancora lontani dal trasformare l’osservazione in una previsione certa. La notizia di oggi è di un nuovo metodo di previsione delle eruzioni basato sull’analisi comparativa della sismicità e delle deformazioni del suolo. Il nuovo metodo porta la firma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’University College of London. La loro, una ricerca pubblicata su Nature Communications. In particolare, i ricercatori hanno concentrato la propria attenzione sulla caldara dei Campi Flegrei.

Eruzione dei Campi Flegrei, un vulcano che incute paura

I Campi Flegrei sono una vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, a nord-ovest della città di Napoli e del suo golfo. L’area è nota sin dall’antichità per la sua vivace attività vulcanica. Da un punto di vista geologico, l’area è una grande caldera in stato di quiescenza, con un diametro di 12–15 km. I suoi limiti naturali sono dati dalla collina di Posillipo, dalla collina dei Camaldoli, dai rilievi settentrionali del cratere di Quarto, la collina di Sanseverino, l’acropoli di Cuma, e Monte di Procida. In questo circuito si trovano numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici (almeno ventiquattro). Alcuni di questi presentano manifestazioni gassose effusive (area della Solfatara) o idrotermali (ad Agnano, Pozzuoli, Lucrino), nonché causa del fenomeno del bradisismo. Nella zona sono presenti dei laghi di origine vulcanica (Lago d’Averno) e laghi costieri originatisi per sbarramento (Lago di Lucrino, Lago Fusaro, e Lago Miseno). Si calcola che l’area vulcanica dei Campi Flegrei sia seconda al mondo solo dietro quella di Yellowstone. Il problema, però, è che, a differenza di quella statunitense, l’area napoletana interessi una zona densamente abitata. A risiedervi circa 600mila persone.

Eruzione dei Campi Flegrei, il nuovo studio

Lo studio, si legge sul sito ufficiale INGV , “si basa sull’osservazione delle deformazioni del suolo comparate al tasso di sismicità. Ovvero sull’analisi dello sforzo a cui sono soggette le rocce vulcaniche in relazione allo sforzo massimo sostenibile, oltre il quale il sistema vulcanico potrebbe entrare in eruzione”. A spiegare la situazione Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca INGV. “Quando le deformazioni sono di piccola entità le rocce si comportano in maniera elastica, deformandosi in modo proporzionale agli sforzi interni. Quando, invece, gli sforzi interni superano una certa soglia, il comportamento delle rocce diventa elasto-fragile. La conseguenza è processo di fratturazione. All’aumentare progressivo dello sforzo, oltre una certa soglia le rocce si comportano in maniera esclusivamente fragile. Generando fratture sempre più profonde che collegano la superficie con le zone dove sono concentrati gli sforzi interni. In questa situazione, un’eruzione può innescarsi”. Osservando deformazioni e sismicità si può calcolare il passaggio del sistema da ‘elastico’ a ‘fragile’.

Eruzione dei Campi Flegrei, i nuovi approcci

“Questo nuovo approccio”, prosegue De Natale, “è stato utilizzato per studiare i fenomeni di bradisisma, ben noti da oltre 2000 anni, che dal 1950 a oggi hanno prodotto oltre 4 metri di sollevamento nel porto di Pozzuoli e circa 20.000 terremoti”. Un tale modello di studio prevede che in un’area vulcanica come i Campi Flegrei, soggetta a continui fenomeni di sollevamento del suolo, “ogni ulteriore episodio può avere un’evoluzione diversa e maggiormente critica. Questo perchè agisce su un sistema già modificato dagli sforzi accumulati in precedenza”. “Questa progressiva evoluzione verso una completa fratturazione dei sistemi vulcanici soggetti a grandi deformazioni cumulative”, spiega Chris Kilburn, ricercatore dell’UCL, “può chiarire anche le cause dell’eruzione del 1994 della caldera di Rabaul (Papua, Nuova Guinea). Eruzione avvenuta dopo un modesto episodio deformativo (una decina di centimetri), in un’area che aveva però già accumulato, nei decenni precedenti, alcuni metri di sollevamento”.

Eruzione dei Campi Flegrei, previsione “priorità per la ricerca futura”

L’applicazione di un tale metodo di studio, spiega ancora De Natale, permette di “quantificare l’entità del sollevamento oltre il quale il sistema potrebbe entrare in regime ‘fragile’, con alta probabilità di eruzione”. “Quanto l’attuale condizione dei Campi Flegrei sia vicina al punto critico dipende molto dallo stato fisico attuale del sottosuolo flegreo. Calcolare, quindi, con precisione il reale stato fisico delle rocce profonde ai Campi Flegrei è una priorità per la ricerca futura. Un obiettivo cruciale che può essere raggiunto in maniera efficace grazie a perforazioni profonde che possono esplorare direttamente le proprietà ‘non elastiche’ del sistema. Questo nuovo modello interpretativo rappresenta un’importante evoluzione rispetto ai metodi di previsione delle eruzioni, essenzialmente empirici, utilizzati finora”, conclude De Natale. Dal dicembre 2012, giusto ricordare, i Campi Flegrei sono passati da un monitoraggio con codice “verde” ad uno di allerta “giallo”, cioè di attenzione.

2018-06-05T17:14:16+02:00

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