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Morte Pantani, la Cassazione chiude il caso: “Non è stato ucciso”

Lo ha deciso la Corte di Cassazione respingendo il ricorso dell'avvocato Antonio De Rensis

28 Settembre 2017

morte di marco pantaniROMA – Non fu un omicidio: la morte di Marco Pantani è un caso chiuso.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione respingendo il ricorso presentato dall’avvocato Antonio De Rensis, rappresentante della famiglia del Pirata, contro l’archiviazione decisa dal Gip di Rimini, Vinicio Cantarini, che nel giugno 2016 aveva invalidato l’ipotesi di omicidio.

LA MORTE DI MARCO PANTANI

Il 5 giugno 1999 nell’hotel Tourin di Madonna di Campiglio Marco Pantani venne sottoposto ai controlli antidoping dai medici dell’UCI.
Nel sangue di Pantani venne ritrovata una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito: un 1% in più (il 52%) rispetto al limite massimo tollerato di ematocrito consentito dai regolamenti.

Per Pantani significò l’espulsione immediata dal Giro d’Italia.
Tuttavia, dalle controanalisi svolte in serata, i risultati furono diversi.

In realtà, non si trattò propriamente di doping: il Pirata fu sospeso cautelativamente, a tutela della sua salute.
Fu il ciclista Jesús Manzano ad associare il nome di Pantani al doping durante un’inchiesta del 2004, citando tra gli altri, organizzatori, tecnici, sponsor e ciclisti di alto livello negli anni ’90.

Caduto in depressione, il 14 febbraio 2004, il Pirata fu trovato morto nella stanza del residence “Le Rose” di Rimini.
L’autopsia rivelò che la morte era stata causata da un edema polmonare e cerebrale, conseguente a un’overdose di cocaina.

2017-09-28T16:59:51+02:00