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Ho iniziato il liceo e da allora la mia vita è precipitata in un abisso senza fondo…

Penso continuamente alle cose che ho intorno, non mi fermo mai e la logica mi conduce verso un’ esistenza vuota, in una vita senza significato.

Buonasera. Io quattro anni fa ho cominciato a frequentare il liceo scientifico e da allora la mia vita è precipitata in un abisso senza fondo. Non voglio essere esagerato tantomeno dare l’ idea di essere una persona vissuta, ma io non mi sento giovane, mi sento spento, confuso, tantomeno sento di avere un futuro sereno, come non lo è nemmeno il mio presente. Ho avuto una vita strana, perfetta nelle sue imperfezioni fino ai tredici anni, fino alla terza media, per capirci. Mentre scrivo questo messaggio sto piangendo. Da anni vivo una situazione di disagio continuo, davanti a me stesso, agli altri, davanti ai miei genitori, ai miei parenti. Sento di soffrire e sento di aver bruciato degli anni che potevano essere belli, ma non mi preoccupano tanto loro in quanto loro stessi, mi preoccupano in quanto mi hanno dato degli strumenti pessimi con cui interagire con la vita. Ci sono cose a cui penso, molto spesso e di cui mi vergogno davvero molto a parlare, chiunque mi prenderebbe per scemo. Ultimamente sto meglio perché sono entrato nel mondo vero, passando da un’ orrendo liceo privato cattolico ad uno statale e sento la differenza, nelle persone, nei compagni, nei professori, negli insegnamenti. Ho passato molto tempo (e questa è la parte alquanto ridicola) a tormentarmi filosoficamente. Penso continuamente alle cose che ho intorno, non mi fermo mai e la logica mi conduce verso un’ esistenza vuota, senza significato, in un mondo senza libero arbitrio e di conseguenza con un dio molto crudele visti i destini terrificanti di alcune persone che da questa condizione di sofferenza ed ansia continua non escono mai. Ancora peggio, in un universo senza Dio, comunque deterministico nel quale tutto perde la sua poesia e ogni cosa parla della sua malinconia. Questa visione del mondo la sento non mia, mi fa schifo, mi sembra di assomigliare sempre di più a mio padre, per carità persona di elevatissima statura morale ed intellettuale, ma un’ altra persona rispetto a me. Lui non è fatto per i sentimenti, ma per la creazione, arriva a dotare la sua vita di un senso, cosciente che essa stessa non lo ha, concetto che io non riesco minimamente a digerire. Un demo-guerriero, un semi-superuomo. Io invece non sopporterei mai di vivere un’ esistenza di dimostrata assenza di significato.
Questa è solo una parte dei miei infiniti film mentali che distruggono le giornate, una volta tutte, ultimamente soprattutto i pomeriggi di solitudine. Io mi sento davvero molto solo. Esco con gli amici il Sabato, non si fa niente di che, ma ogni tanto se posso esco, perché mi piace stare con gli altri, perché mi ricarica. Almeno mi piace crederlo, ma campo più di quello che penso che di quello che faccio. Ho un rapporto con la sessualità alquanto tormentato (e non parlo nemmeno di rapporti in due, ma da solo). Inutile dire che mi vergogno molto a parlare di questo. Fisicamente non ho praticamente piaceri, ma credo che la mia ansia sia riflesso del nervosismo costantemente presente nella mia vita.
Non riesco a conciliare un’ esistenza serena con alcuni dati di fatto, la scienza con l’ idea di libero arbitrio, la presenza del male intenso nella vita di alcuni esseri umani che avrebbero così soltanto la sfortuna di avere un destino amaro con l’ esistenza di un dio. Colpevoli di nulla, sofferenti per tutto. Io sento che da questa gabbia non uscirò più, sento che non avrò mai la vita che volevo, sento di non riuscire a volerne una. Avevo scritto un altro messaggio ma si è cancellato. In tutto questo ho addosso a me il giudizio dei miei genitori, di mia madre in particolare. Lei mi vede soffrire, per questo soffre anche lei e se la prende con me, mi considera responsabile della mia sofferenza. Io sento che da questa gabbia non uscirò mai, che non avrò il futuro sereno che volevo, che alla fine scoprirò che la vita è solo un groviglio di eventi che si susseguono necessariamente da determinismo scientifico, senza nessun significato.
Senza nessuna volontà-guida alle spalle. Ho paura di precipitare e consumarmi nel nichilismo più assoluto, da cui pensavo riflettendo su me stesso e sul mio carattere di essere distante milioni di chilometri. È tutto molto triste. Anche il fatto che io sia triste mi sembra triste. Ora parlo come un ragazzino, ma sono stanco, mi sento esausto, delle volte mi trascino per inerzia. Vedo tanta solitudine e dolore davanti a me. Ho paura anche di finire come mia madre, lei dallo psicologo ci è andata e la sera ancora scoppia in lacrime ripensando al suo passato, a tutto ciò che ha alle spalle. Sembra che tutti debbano avere la loro fetta di sofferenza nella vita, tutte più o meno uguali, ma so che non è così, scientificamente non è così. La fetta di alcuni è molto più grande della fetta di altri. Lei quando le parlo considera tutto normale perché la sua è una vita che lei dice essere di ripiego, per lei è normale l’ infelicità e l’ insoddisfazione perpetua. Io arrivare a cinquant’ Anni così non lo vorrei mai. Tutto quello che mi dice è che probabilmente mi aspettavo la vita più semplice. Probabilmente mi direte di vedere qualcuno di persona come farò a breve grazie allo sportello d’ ascolto, ma io avevo bisogno di raccontare questa storia a qualcuno adesso, stasera. Sono molto emotivo, non so se ciò che ho scritto possa avere un senso logico o sia comprensibile, vi ringrazio in ogni caso per il tempo dedicatomi.

Simone, 17 anni


Caro Simone,
mettere nero su bianco tutto quello che si prova non è mai così facile, richiede sensibilità, coraggio, ascolto ma anche una importante consapevolezza. Se da un lato c’è il bisogno di sezionare, scomporre e sovrapporre i pensieri alla ricerca di un senso primordiale dall’altra sembra esserci un vuoto legato alla difficoltà di legare e integrare questi pensieri con i vissuti emotivi.
Si percepisce come se tutti questi pensieri non riuscissero a trovare un proprio spazio, una collocazione precisa ma il loro moto perpetuo e circolare porta, proprio come in un buco nero, ad evitare ogni contatto con l’esterno.
Per definizione il buco nero è una regione dello spaziotempo con un campo gravitazionale così intenso che nulla al suo interno può sfuggire all’esterno, nemmeno la luce.
Sembra che tutto debba rimane intrappolato in una dimensione interna, la rabbia, la delusione, la tristezza, l’impotenza, l’onnipotenza, il desiderio di poter controllare tutto, di poter calcolare e prevedere ogni cosa, o ancora il bisogno di fidarsi e affidarsi, la solitudine e la condivisione. 

Il movimento circolare sembra non lasciare veramente uno spazio alla riflessione, al processo di codifica e di trasformazione delle cose. E’ tutto talmente connesso tra loro che diventa davvero difficile affrontarlo insieme al punto che risulta essenziale mettere un pò di distanza un vuoto che permetta anche un pò di respirare.
Crescere non è sicuramente un processo così lineare, e soprattutto tranquillo non ci sono riflessioni giuste o sbagliate. Crescere vuol dire anche confrontarsi con dei limiti, vuol dire demolire delle certezze, vuol dire scendere a compromessi, assestarsi a delle convenzioni sociali che spesso ci fanno sentire diversi e soli non riuscendo a cogliere la vera essenza della nostra anima. La scuola come la famiglia sono gli ambienti in cui, come tu stesso affermi, si formano non solo le nostre conoscenze ma anche la nostra personalità, il modo di relazionarsi agli altri. E sicuramente le esperienze dure e rigide che accennavi ti hanno probabilmente spinto a chiuderti sempre più nel tuo mondo filosofico, al riparo da nuove delusioni.
Porre una grande attenzione sull’aspetto cognitivo e di pensiero mette in secondo piano tutto ciò che appartiene alla consapevolezza del corpo ai vissuti emotivi. 
Questo grande vuoto e senso di impotenza che senti potrebbe anche essere legato a questa difficoltà a maneggiare le emozioni. Per questo riteniamo che sia davvero importante confrontarti con una persona esperta, che possa accogliere i tuoi vissuti e farti sentire meno solo nelle tue riflessioni e collegamenti.
Cerchiamo spesso il senso delle cose negli accadimenti, nei paradigmi scientifici perchè probabilmente ci fanno sentire più sicuri e ancorati ad un dato concreto e reale, dimenticandoci che invece son proprio i nostri vissuti a determinare il nostro senso.
Grazie per aver condiviso il tuo mondo con noi!
Facci sapere come procede, se ti va di scriverci ancora.
Un caro saluto!

2018-12-19T15:48:01+01:00