ROMA – Civili massacrati dai barili bomba sganciati a ogni ora dai raid aerei, bambini che rimangono uccisi sotto i bombardamenti, scuole, strade e ospedali distrutti. In due giorni, di questa settimana, sono morte 250 persone, di cui 58 bambini.
Quello che sta avvenendo a Ghouta, vicino a Damasco, è stato definito, da Unicef Italia, come “un eccidio peggiore di quello di Aleppo”, una situazione talmente grave che anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto “profondamente allarmato dall’escalation nella Ghouta orientale e dal suo impatto devastante sui civili”.
Una mattanza, perpetrata dall’esercito siriano di Assad, dalla Russia e dall’Iran.
Un conflitto difficile da seguire per i reporter internazionali, ma non per Muhammad Najem, 15 anni, che in quelle strade, martoriate da 7 anni di conflitti, ci vive e ci gioca da quando è nato. E’ così che ha iniziato a postare sui suoi social video in cui mostra la quotidianità di un popolo intrappolato: le Nazioni Unite stimano in 400mila il numero di persone bloccate nell’area in mano ai ribelli anti Assad.
Intervista i suoi amici, gira per le strade, filma le case crollate subito dopo i bombardamenti, lancia appelli di pace, in un racconto che più di ogni altro reportage giornalistico svela con una chiarezza disarmante, una realtà tragica che non possiamo più ignorare.