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FITS: l’ESA digitalizza i manoscritti della Biblioteca Vaticana [VIDEO]

L'Agenzia spaziale europea è impegnata, dal 2010, nella digitalizzazione dei manoscritti della Biblioteca Vaticana. Lunedì una delegazione dell'Esa è stata ricevuta presso il Vaticano per fare il punto sull'avanzamento dei lavori.

23 Aprile 2018

L’Agenzia spaziale europea è impegnata, dal 2010, nella digitalizzazione dei manoscritti della Biblioteca Vaticana, utilizzando il formato Fits, flexible image transport system, il sistema flessibile di trasporto dell’immagine sviluppato dalla Nasa negli anni Settanta. Lunedì una delegazione dell’Esa, guidata dal direttore Josef Ashbacher, è stata ricevuta presso il Vaticano dal Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana monsignor Cesare Pasini e Monsignor Jean Louis Brugues, archivista e bibliotecario, per fare il punto sull’avanzamento dei lavori. L’interesse comune, come sottolineato dal Prefetto Pasini è la conservazione.

Saranno 82mila i manoscritti da digitalizzare, volumi da 500 pagine di media, la copia digitale di una singola pagina è stimata sui 150 Megabyte, la stima è che una volta finito il lavoro si avranno più di 45 Petabyte, milioni di miliardi di byte, in memoria.
L’Esa ogni giorno gestisce 14 terabyte di dati inviati dai satelliti, come ha spiegato il direttore dei programmi di osservazione della Terra Josef Aschbacher.

La Biblioteca Vaticana fu fondata il 15 giugno del 1475 da Papa Sisto IV che raccolse i manoscritti, i codici, i fondi, le raccolte del Papa e dei suoi predecessori: 2500 opere distribuite in quattro sale: la Bibliotheca Latina e Graeca, dove sono conservati i testi in latino e greco, la Bibliotheca Secreta per quelli esclusi dalla consultazione e dal prestito esterno, la Bibliotheca Pontificia che fungeva da archivio.



Durante il V centenario dalla sua fondazione Papa Paolo VI, nel suo discorso celebrativo ricordò la finalità della Biblioteca che “veniva dotata di un abbondante e prezioso, inestimabile, patrimonio librario, per metterlo a disposizione degli studiosi, nelle diverse fasi della consultazione, della lettura, del riscontro e della sintesi conclusiva”.

Proprio per far fede a quella finalità, rimasta immutata nei secoli, si è deciso di digitalizzare tutti i manoscritti in modo che possano proseguire il loro cammino e continuare ad essere letti e conosciuti da milioni di studiosi di tutto il mondo.

La digitalizzazione Fits contribuisce a preservare i manoscritti, ma anche a renderli più accessibili grazie alla tecnologia Esa che permette alle vecchie pagine di non essere distorte quando vengono schiacciate sotto la lastra di vetro per essere scansionate.

Il tempo è una delle variabili più pericolose, non solo per il deterioramento dei volumi conservati, ma anche per l’eventuale accessibilità futura del formato Fits. Per questo le istruzioni del formato per la lettura e per l’elaborazione sono contenute in una intestazione fissata al di sopra dei dati, per fare in modo che anche fra un secolo, quando il progresso tecnologico avrà reso obsoleti i moderni formati, tutta l’informazione necessaria a decodificare il dato potrà essere trovata dentro il medesimo archivio.

La digitalizzazione va avanti, per ora siamo al 15% del lavoro, ma nel frattempo Ashbacher guarda ancora più avanti con una nuova proposta.

2018-04-23T18:58:46+02:00