NAPOLI – “Nei luoghi dove regna l’anarchia, dove la mattina non si vede mai un vigile, nei luoghi dove la differenza tra una figlia e una madre e’ sottile, tutto puo’ accadere. Quando il ghetto e’ cosi’ forte si crea una stratificazione sociale impenetrabile. Non c’e’ solo promiscuita’, c’e’ una mancanza di sentimenti, una sopravvivenza, un’anarchia totale”. Cosi’ alla Dire Eugenia Carfora, preside dell’istituto superiore Francesco Morano di Caivano, commentando l’ennesimo episodio di violenza ai danni di una minore al Parco Verde che, denunciato dalla madre della vittima 15enne, ha portato all’arresto dello zio 28enne.
“Non conosco bene i fatti – confessa la dirigente scolastica – ma il mio e’ un abbraccio corale non solo ai bambini ma a tutte le mamme, che siano piccole o grandi. Dobbiamo dire a tutte le donne ‘abbiate il coraggio di dire no'”. La denuncia esposta dalla madre “e’ un miracolo e dobbiamo fare di tutto affinche’ il miracolo contamini l’intera comunita’. Dobbiamo esserci sempre per accompagnare queste mamme nel loro viaggio, evitando qualunque forma di pregiudizio. Quando vedi una donna o un bambino in difficolta bisogna far sapere loro ‘io ci sono’ e non farli sentire mai soli”. Al Parco Verde di Caivano, “territtorio dove neanche i lampioni in strada funzionano” rimarca Carfora, la scuola e i suoi insegnanti diventano l’unico porto sicuro dei ragazzi. Anche se “creare le giuste condizioni condizioni culturali e’ difficile perche’ la tecnologia e le ‘cose’ facili arrivano prima di me”. Episodi di cronaca come quelli di ieri o come l’omicidio della piccola Fortuna – maturato anch’esso nei palazzoni anonimi di Parco Verde – non si commentano in aula con i ragazzi. Perche’, spiega la preside, con loro “bisogna essere delicati, armoniosi e dolci. Se vedono il tuo sguardo indagatore, se lo percepiscono, allora hai gia’ perso”. Bambini e ragazzi, in luoghi come Caivano, hanno “solo il viso che tradisce la loro eta’ ma sono gia’ adulti dentro, nei loro sguardi – ammette – capisci che ne sanno piu’ di te”.
L’istituto Morano e’ capofila di ‘Noi Siamo Bambini’, un progetto di educazione e sensibilizzazione contro gli abusi sui minori promosso dal dipartimento Pari Opportunita’ della presidenza del Consiglio dei Ministri. “Avevo il solo obbligo di creare una rete con 6 scuole fuori dalla Campania e di coinvolgere delle scuole che non erano insistenti direttamente sul territorio di Caivano”, spiega Carfora, sottolineando che in questa nuova esperienza “la cosa che mi ha colpito tantissimo e che quando si parla di questo argomento in alcune realta’ c’e’ chi racconta ‘non mi e’ mai capitato un caso del genere’. Io pero’ non ci credo. Credo che in tutti gli sguardi, in tutte le situazioni, in tutti gli ambienti, accade sempre qualcosa di particolare. Poi, quando si diventa piu’ grandi, ci si accorge di non essere stati presenti in quel momento particolare. La mia idea e’ quella di parlare, parlare e parlare ancora. Confrontarsi sempre e non dire, come ha affermato qualche collega, ‘io non partecipo (al progetto, ndr) perche’ non ho questi problemi e poi alcuni genitori si offenderebbero’. Quando si parla di bambini e di tutela sono io ad offendermi se qualcuno che mi dice ‘sono offesa se mi parli di queste cose'”.
A Caivano, come in altre situazioni degradate del Paese, “i riflettori si illuminano solo se ci scappa il morto” ma e’ inutile “erigere grandi monumenti funerari dopo il morto, come e’ inutile versare lacrime quando si viene a conoscenza di certi fatti”. I riflettori sul Parco Verde, come in tutte le altre situazioni di degrado, dovrebbero essere sempre accesi e la progettualita’, come la buona volonta’ dei singoli, puo’ non bastare. Devo pensare, ammette ancora la dirigente del Morano, che “tutto si puo’ fare, tutto si puo’ risolvere altrimenti sopraggiunge lo scoramento”. Ci vuole coraggio negli investimenti per il sociale, ammette Carfora, cosi’ come ci vuole coraggio a denunciare e a far cadere l’omerta’ che aleggia, in tutto il Paese, su alcuni fenomeni.
Scuola e insegnanti sono per l’educatrice anche vittime della lungaggine burocratica. “Sono stata chiamata ora dai servizi sociali per una segnalazione fatta ben otto anni fa”, dice. L’episodio e’ quello di una sua alunna che aveva evaso l’obbligo scolatico all’eta’ di 10 anni. Oggi la ragazza e’ maggiorenne e la preside e’ stata invitata a non occuparsene piu’ e a concentrarsi solo sui casi ‘attuali’. Ma, ammette, “ormai la filiera degli interventi si e’ rotta. Cosa ne sara’ della ragazza? Chi si occupera’ di come vive? Di che fine fara’?”. Dinanzi a queste emergenze, conclude Eugenia Carfora, “la scuola deve essere impeccabile, come lo devono essere tutte le agenzie educative e i servizi sociali. Tutte le istituzioni devono lavorare in sinergia. I progetti da soli non bastano perche’ vuol dire vivere sull’emergenza. Questi devono diventare sistema e parte integrante della scuola. Ma nessun istituto lo vuole, come del resto, nessun governo. Non basta essere d’accordo sulle cose, bisogna fare”.
BIANCHI DI CASTELBIANCO: “ARGINARE PEDOFILIA CON RETE SOCIALE”
“Gesti eclatanti e atti dimostrativi contro il fenomeno degli abusi sui minori lasciano il tempo che trovano. Quello che bisogna fare e’ riuscire a far crescere la rete sociale”. Cosi’ Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva, commenta alla Dire il nuovo caso di abuso sessuale perpetrato ai danni di una minore al Parco Verde di Caivano, comune della periferia a Nord di Napoli, gia’ tristemente noto per l’omicidio della piccola Fortuna. In manette, questa volta, e’ finito un uomo di 28 anni che abusava della nipote di appena 14 anni. A denunciarlo la madre della piccola anche se la ragazzina, oggi quindicenne, era gia’ riuscita a confidarsi con un’amica prima e poi con un’assistente sociale. “Sappiamo – prosegue Castelbianco – che la maggior parte degli abusi sui minori avviene in famiglia da parenti o amici. Nel caso del Parco Verde non bisogna pensare che ci troviamo di fronte ad una ‘lobby’, bensi’ a singoli pervertiti che si muovono in maniera autonoma”. L’unica soluzione possibile, per l’esperto, e’ “agire su una doppia modalita’. La prima e’ far si’ che i ragazzi si sappiano difendere meglio. Questo vuol dire non solo dare loro una maggiore percezione del problema degli abusi e delle violenze ma anche fare in modo che possano con maggior facilta’ fare riferimento a degli adulti in grado di aiutarli e soccorrere”. In questo senso il riferimento e’ alla scuola come”gruppo di supporto esterno alla famiglia. “L’altra modalita’, – aggiunge Bianchi di Castelbianco – consiste nel dare appoggio alle mamme che hanno il coraggio di superare la vergogna e il clima di discriminazione”. Nello specifico di Parco Verde, ribadisce lo psicoterapeuta “ci troviamo dinanzi a singoli casi dove non c’e’ alcun legame tra loro. Ecco perche’ gesti eclatanti di ‘rappresaglia’ al fenomeno degli abusi rischierebbero di penalizzare un’intera comunita’ e far crescere il senso di omerta’. Bisogna evitare che i genitori che denunciano possano diventare a loro volta vittime. Insomma – conclude l’esperto – non c’e’ altro da fare che dare forza a mamme, ragazzi e istituzioni altrimenti si rischia di incorrere in errori macroscopici”.