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Cyberbullismo e web reputation, oltre 80 studenti a Consiglio di Stato

ROMA – Flaming, trickery, happy slapping, cyberstalking, sexting. Sono alcune delle principali declinazioni del cyberbullismo di cui si e’ discusso stamattina nella sede del Consiglio di Stato a Roma con oltre 80 studenti di diversi istituti romani nel corso del convegno ‘Cyberbullismo e web reputation: regole di comportamento sociale e strumenti di prevenzione’. È proprio […]

ROMA – Flaming, trickery, happy slapping, cyberstalking, sexting. Sono alcune delle principali declinazioni del cyberbullismo di cui si e’ discusso stamattina nella sede del Consiglio di Stato a Roma con oltre 80 studenti di diversi istituti romani nel corso del convegno ‘Cyberbullismo e web reputation: regole di comportamento sociale e strumenti di prevenzione’. È proprio la comprensione dell’importanza della cura della propria e dell’altrui reputazione online, secondo i relatori, uno degli elementi chiave per combattere il fenomeno, sempre piu’ diffuso dentro e fuori le mura scolastiche. Principali strumenti di prevenzione sono l’ascolto e l’informazione, accanto all’individuazione di diverse figure di riferimento per i ragazzi. Genitori, polizia postale, garante privacy, ma anche assistenti sociali, psicologi, medici, che possono garantire alla vittima la possibilita’ di confidarsi e ricevere protezione.

Piu’ complesso, nella normativa vigente, il ruolo degli insegnanti: “La legge, che ha il difetto di fondo di essere troppo poliziesca, dice che bisogna istituire nelle scuole il referente contro il cyberbullismo- spiega Francesco Gambato Spisani, consigliere di Stato della sesta sezione giurisdizionale- Il referente deve essere un docente, cioe’ un pubblico ufficiale che risponde al suo dirigente scolastico che, se viene a conoscenza di un reato, ha l’obbligo di denunciarlo. Per contrastare il fenomeno pero’ ci vorrebbero informazione e dialogo. Per questo, sotto il profilo legislativo, occorrerebbe una modifica, per dare la possibilita’: al referente sul cyberbullismo non in veste di pubblico ufficiale, di osservare un segreto professionale; ai ragazzi, di chiedere aiuto e potersi confidare; e al dirigente scolastico, di intervenire, anche e soprattutto quando c’e’ di mezzo un reato”.

 

Cruciale, per Isabella Corradini, psicologa sociale e presidente di Themis, e’ la consapevolezza che il web, i social, rappresentano “uno scenario virtuale in cui avvengono azioni reali” e che “tutto cio’ che scriviamo e condividiamo online lascia una scia”. Per questo, il 73,1% di un campione di 2.422 insegnanti di ogni ordine e scuola (ascoltato da Themis nel corso di una ricerca), crede che per l’uso consapevole delle tecnologie digitali sia necessario essere a conoscenza dei rischi. A fare il punto sugli illeciti agiti dai cyberbulli e’ Caterina Flick, penalista specializzata in Diritto dell’informazione e privacy: “I cyberbulli possono violare la privacy, creare una lesione ingiustificata della reputazione, commettere atti di estorsione, razzismo e stalking- spiega Flick- Il cyberbullismo e’ di fatto una prepotenza online fatta in rete in modo continuato da una persona o da un gruppo contro una vittima”.

Viralita’ e velocita’ rendono il web una potentissima cassa di risonanza, con cui, secondo Simona Petrozzi, web reputation specialist di SIRO Consulting, occorre fare i conti: “Spesso alcune persone non sono sui social perche’ non vogliono essere online, ma si tratta di un’illusione- spiega Petrozzi- Anche se non lo scegliamo volontariamente, infatti, sono gli altri a metterci online”. Esiste, quindi, una reputazione volontaria e una reputazione involontaria e “solo attraverso una cura della reputazione online e una corretta manutenzione dei propri profili social- conclude Petrozzi- si puo’ combattere il cyberbullismo, partendo dalla cultura dell’importanza del dato personale sul web”.

2018-11-26T13:40:23+01:00