ROMA – Un migrante inserito nel sistema scolastico otterrà migliori risultati e sarà un cittadino più integrato nel contesto sociale e culturale. È quanto emerge dal rapporto sull’integrazione scolastica, pubblicato oggi dalla rete europea Eurydice, che ha esplorato le misure messe in atto dai Paesi europei per promuovere l’integrazione scolastica degli studenti stranieri.
Il rapporto ‘Integrating students from migrant backgrounds into schools in Europe: national policies and measures’, fa riferimento all’anno scolastico 2016/2017, per una mappatura comparata che mette in relazione le misure nazionali a favore dell’integrazione scolastica e le iniziative dedicate ai bisogni linguistici dei neoarrivati. Dallo studio emerge che, nella maggior parte dei sistemi scolastici, i giovani migranti in età di obbligo scolastico hanno accesso all’istruzione e alla formazione, e godono degli stessi diritti dei loro compagni nativi. Diversa la situazione per i ragazzi non più in obbligo scolastico, per i quali in 13 Stati l’istruzione non è garantita. Gli studenti della scuola primaria non sembrano presentare molte più difficoltà rispetto ai loro colleghi autoctoni, e sono in egual modo esposti al fenomeno del bullismo. Ma nei livelli scolastici successivi aumenta la differenza tra nativi e non, soprattutto a causa delle differenze linguistiche.
Lo studio affronta anche il supporto offerto agli insegnanti per far fronte ai bisogni degli alunni immigrati che, in alcuni Paesi, prevede la presenza di assistenti e mediatori culturali per facilitare l’integrazione. In Italia sono gli alunni di seconda generazione a svolgere la funzione di tutor con i colleghi neoarrivati, e vengono incoraggiate le attività extracurricolari che aiutano i ragazzi nell’apprendimento e nell’integrazione sociale, anche con il coinvolgimento dei loro familiari.
Nelle 196 pagine del rapporto vengono analizzati i sistemi educativi di 42 Paesi della rete Eurydice, approfondendo i temi dell’accesso all’istruzione, della lingua, del supporto psico-sociale e dell’apprendimento. Nella seconda parte dello studio, invece, l’analisi si concentra sulle politiche di integrazione in 10 Paesi: Italia, Germania, Spagna, Francia, Austria, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Svezia e Inghilterra.