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Scuole: isolane o montane, ecco piccole realtà dove alunno è al centro

ROMA – “Se uno degli obiettivi di un Paese moderno è quello di garantire istruzione di qualità in ogni parte del suo territorio, anche le piccole scuole possono e devono essere scuole di qualità”. Inizia così il ‘Manifesto delle piccole scuole’ sottoscritto a Favignana nel 2017. Uno strumento per condividere azioni e valori che ha […]

ROMA – “Se uno degli obiettivi di un Paese moderno è quello di garantire istruzione di qualità in ogni parte del suo territorio, anche le piccole scuole possono e devono essere scuole di qualità”. Inizia così il ‘Manifesto delle piccole scuole’ sottoscritto a Favignana nel 2017. Uno strumento per condividere azioni e valori che ha dato vita alla rete delle piccole scuole. Una realtà che nel nostro Paese riguarda circa 300 mila studenti suddivisi in 200 scuole delle isole e 3500 comuni montani italiani.

Ma quali sono queste piccole scuole?

Sono gli istituti scolastici che hanno sede in un comune montano o in una piccola isola, caratterizzati dalla presenza di un ridotto numero di studenti, situati in territori isolati con difficoltà di accesso ai servizi essenziali e soggetti a un progressivo spopolamento. Promossa dall’Indire, la rete nazionale ha permesso di superare l’isolamento, di collegare classi con pochi alunni e di sviluppare percorsi formativi basati sull’uso delle tecnologie e sulla collaborazione a distanza. È infatti necessario ri-pensare il modello e la didattica di queste scuole perché il contesto in cui operano e il ridotto numero di alunni sono elementi da non sottovalutare.

Sono tre i punti chiave, evidenziati nel manifesto, da cui partire per sviluppare una didattica che sia in grado di valorizzare i punti di forza ed evitare il rischio che diventino punti di debolezza.

Primo fra tutti il legame con il territorio. Le piccole scuole vengono considerate ‘comunità di memoria’ in grado di stabilire un grande legame con la realtà sociale e territoriale in cui sono inserite, le sue tradizioni e la sua storia.

Il secondo punto è strutturale e organizzativo: l’esperienza delle pluriclassi deve essere considerata una risorsa e non un limite. Ultimo elemento chiave le tecnologie, che possono favorire la didattica, promuovere l’inclusione e diminuire l’isolamento.

Ma cosa significa, per chi ci lavora, essere una ‘piccola scuola’?

“Significa lavorare in una comunità” racconta alla Dire Alfina Berte’, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Giovanni XXIII di Acireale che conta 7 sedi in diverse frazioni per un totale di 730 studenti dall’infanzia alla secondaria di I grado. Una comunità dove tutte le componenti sono partecipanti attivi del percorso scolastico.

“Il rapporto con le famiglie è molto diretto, i genitori vengono coinvolti nelle decisioni perché le scelte condivise funzionano meglio” continua la dirigente, spiegando che tutte le componenti della scuola sono attive e propositive: “con l’apprendimento differenziato i bambini sono abituati a dialogare e a confrontarsi, la scuola e’ veramente comunità”. Pochi alunni, pochi docenti ma tanto impegno quotidiano per trovare le soluzioni migliori per adeguarsi ad una realta’ diversa dalle scuole delle grandi città.

“Per trovare delle soluzioni metodologiche siamo entrati nella rete nazionale ‘senza zaino’- aggiunge Alfina Bertè- che ha come focus centrale l’apprendimento differenziato e il coperative learning”. Un modello che funziona nelle pluriclassi composte da 15/18 bambini o ragazzi. “Dove abbiamo invece solo nove bambini siamo ancora in cammino, in continua ricerca- prosegue- Indire mi ha aperto le porte sul dialogo euristico e ho deciso di entrare in classe io stessa adottando appunto l’approccio euristico sul quale abbiamo costruito il curriculum della scuola”.

Un approccio che ha liberato i docenti “dalla programmazione annuale, per costruire il percorso man mano. E’ un crescendo di esperienze che cerca di darci risposte ai problemi che viviamo”.

“Grazie a questa esperienza- sottolinea- ho maturato la consapevolezza che sulle carta organizzi in un modo ma poi ti scontri con la realtà, che è fatta dalle domande e dalle richieste degli alunni. Oggi da dirigente ho una visione diversa, ho scoperto che cos’è la libertà di insegnamento. L’insegnante deve poter essere libero di trovare le risposte insieme ai suoi ragazzi all’interno di una cornice di valori”. Ed è per questo che non viene più presentata dai docenti la ‘classica’ programmazione a inizio anno: “serve ascoltare i ragazzi, seguire le loro richieste e poi documentare ciò che è stato fatto alla fine dell’anno”. Per farlo bisogna “partire dalla centralità dell’alunno e della classe, che è unica come è unico l’alunno, perché ogni classe è specifica- conclude la preside- sono convinta che questo sia l’unico modo di fare scuola”.

Di questo ne è convinta anche Patrizia Matini, preside dell’istituto Comprensivo ‘Vannini-Lazzaretti’ di Castel del Piano. Una piccola scuola sul Monte Amiata, nel comune di Seggiano in provincia di Grosseto, che dieci anni fa ha rischiato la chiusura per mancanza di iscritti.

Oggi la scuola primaria ha 71 iscritti, un terzo è di Seggiano, i due terzi provengono da altri paesi della zona. La scuola in questi territori “è un elemento importante, un punto di riferimento-spiega la dirigente scolastica alla Dire- ma per salvaguardare la qualità dell’insegnamento servono degli approcci metodologici innovativi, la scuola tradizionale deve essere rinnovata, ci vuole la volontà di sperimentare”.

Per questo hanno puntato su un modello didattico-organizzativo attento allo sviluppo dell’autonomia dello studente: aule-laboratorio disciplinari, ‘stazioni’ didattiche e angoli individuali in modo da favorire la differenziazione dell’apprendimento. Sono state create delle ‘pluriclassi per scelta’: “La pluriclasse è una struttura voluta dall’istituzione, e’ un fatto strutturale nelle piccole scuole”. Pluriclassi per scelta, spiega Patrizia Matini, significa invece “mettere insieme per livello e non per età anagrafica, si possono unire i bambini e formare ‘gruppi mobili’ caratterizzati dalla massima flessibilità. Diventa quindi una multiclasse divisa per gruppi”.

Ogni piccola scuola ha una sua specificità data dal contesto in cui è inserita, ed è per questo che è necessario introdurre un modello didattico ‘non tradizionale’ capace di cogliere i punti di forza, valorizzarli e metterli a disposizione della comunità.

In parallelo è di grande importanza, secondo quanto emerge dalla ricerca condotta dall’Indire e dalle testimonianze raccolte: uscire dalla visione della scuola piccola, isolata e marginale rispetto alle istituzioni scolastiche dai grandi numeri.

Dai modelli innovativi messi in campo dalle piccole scuole è infatti possibile partire per promuovere una scuola del futuro che rimetta lo studente al centro della didattica.

2019-02-28T10:59:41+01:00