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Anelli (Asl Roma 1): “Con libertà sessuale aumentano mst nei giovani”

ROMA – Sfatiamo il mito secondo cui per ‘preoccuparsi’ delle malattie sessualmente trasmissibili (Mst) è necessario avere una notevole quantità di partner e rapporti occasionali. In alcuni casi basta un solo rapporto non protetto, e non è neanche detto che debba essere con uno sconosciuto, per mettersi in una condizione di rischio. Cosa sono e […]

ROMA – Sfatiamo il mito secondo cui per ‘preoccuparsi’ delle malattie sessualmente trasmissibili (Mst) è necessario avere una notevole quantità di partner e rapporti occasionali. In alcuni casi basta un solo rapporto non protetto, e non è neanche detto che debba essere con uno sconosciuto, per mettersi in una condizione di rischio. Cosa sono e come si contraggono queste malattie? Alle domande dell’agenzia Dire risponde Laura Anelli, ginecologa e responsabile Screening citologico della Asl Roma 1.

– Aumentano i casi delle malattie sessualmente trasmesse, perché e cosa fare per arginare il fenomeno?
“La libertà sessuale e la vita promiscua che molti ragazzi conducono, è facilmente intuibile li espone ad un aumento delle infezioni e delle malattie sessualmente trasmesse. Un dato piuttosto allarmante è che l’uso del preservativo dal 38% stimato negli ultimi anni sta scendendo pericolosamente tanto che gli ultimi dati lo danno al 23%. Dunque il quadro è chiaro e al contempo pericoloso per questi ragazzi. Inoltre, il preservativo non copre al 100% da alcune malattie per è necessario mettere in atto, tutti quanti insieme, quei meccanismi di prevenzione ma anche di vaccinazione al fine di contenere questo fenomeno”.

– Quali sono le Mst più frequenti? E quali sono le ricadute non solo sulla salute ma anche sulla fertilità?
“Le malattie sessualmente trasmissibili partono da infezioni batteriche come può essere la Clamidya che è un protozoario oppure il Tricomonas da fungo come è la Candida e tutte quelle più impegnative rappresentate da quelle virali. Qui non intendo l’Aids ma mi riferisco, in particolar modo, al Papilloma virus. Diciamo che questi sono gli agenti infettanti più comuni si parte da una banale infezione, come può essere quella della Clamidya che presa in tempo non ha alcuna ripercussione importante ma se trascurata può indurre dei problemi nella fertilità delle ragazze in quanto ‘cammina’ all’interno dell’apparato genitale femminile risalendo fino all’interno dell’organo riproduttivo. Quindi questo è un dato molto allarmante e da non sottovalutare. Anche per quanto riguarda i ragazzi si è visto che le infezioni da Papilloma virus possono portare ad una alterazione della loro fecondità e questo è un dato che spesso non viene preso in considerazione da questi giovani e che invece bisogna tenere sotto vigilanza. Una delle cose più difficili, proprio legate a questo tipo di malattie, è la comunicazione. Parlare con questi ragazzi senza sviluppare in loro sensi di colpa non è semplice. Sicuramente non ci si può muovere solo per paura, la direzione da intraprendere è quella di istruirli e renderli consapevoli ma senza suscitare in loro paure. Credo fortemente vada fatta leva sull’affettività che deve essere sempre presente in questi rapporti. Da una parte quindi la prevenzione ma dall’altra bisogna indirizzare i ragazzi verso una corretta affettività: questo può essere un bel messaggio”.

– Come Asl Roma 1 effettuate diversi screening ce ne può parlare?
“Attualmente lo screening più importante per le malattie sessualmente trasmissibili è il test per Hpv come test primario. Da quest’anno e precisamente da gennaio del 2019 la fascia interessata per questo tipo di screening va dai 30 ai 64 anni mentre precedentemente era dai 40 ai 64 anni. In tal senso ci stiamo allineando agli obiettivi nazionali per questo tipo di screening. Mentre dai 25 ai 29 anni si propone ancora il Pap Test e il motivo è piuttosto intuitivo perchè in questa fascia d’età il controllo è a tappeto ed è sempre positivo, inoltre preferiamo ancora controllarle queste ragazze con il ‘vecchio’ Pap test che ha ancora e comunque un grande riferimento diagnostico. Mentre nell’altro segmento d’età abbiamo introdotto il test Hpv primario che può dirci se siamo in presenza, nell’ambito delle cellule del collo dell’utero, del Dna stesso dell’Hpv. Dunque questo non è in grado di dirci che la paziente è malata ma ci dice se questa ha avuto un contatto con il virus oppure no. Fortunatamente il virus per evolvere da infezione a malattia oncologica ci mette ben 10 anni quindi abbiamo tutto il tempo per screenare, tenere sotto controllo le donne e avviarle poi ai loro percorsi diagnostici-terapeutici che offriamo in azienda”.

– Praticamente come si accede a questo percorso?
“Il percorso di screening come è organizzato qui alla Asl Roma 1 consiste nel richiamo delle donne dalla fascia come detto dai 25 ai 64 anni tramite lettera recapitata presso il domicilio del paziente. Si fornisce in pratica un appuntamento che però può essere modificato, al di sotto dell’invito stesso si trova infatti un numero verde per poterlo spostare. Questo call center è attivo dalle ore 8 alle 17, dal lunedì al venerdì ed è in grado non solo di fornire appuntamenti ma fornisce risposte e delucidazioni in merito a problematiche che le donne quotidianamente si trovano ad affrontare. Credo davvero che questo sia un servizio di grande qualità perché la donna ha soprattutto bisogno di essere ascoltata e ha necessità di risposte precise e noi lo facciamo puntualmente”.

– E per quanto riguarda i ragazzi? Bisognerebbe forse attivare anche nei maschi una maggiore cultura della prevenzione?
“Sì i ragazzi non avendo poi il problema della contraccezione o del Pap Test, come nelle ragazze, difficilmente si recano per fare dei controlli e proprio per questo che a loro vengono dedicati dei percorsi. Uno sicuramente è il test salivare per Hiv ed un altro è quello che abbiamo pensato per loro all’interno dei consultori che devono essere aperti ad entrambi i sessi. In generale ai ragazzi mancano questi step preventivi e dunque possono accorgersi molto tardi delle malattie. Anche per loro il problema della fecondità è legato alla presenza spesso del Papilloma Virus e quindi nel momento in cui troviamo la partner positiva è giusto agire anche sui ragazzi e controllarli”.

– Può spiegare praticamente come si eseguono il Pap Test ed il tampone vaginale?
“Nel caso dell’esecuzione del Pap test, si comincia con la spatola di plastica e si esegue una rotazione intorno alla cervice uterina si ‘stempera’ la spatola per poi procedere al prelievo endocervicale. Si passa la spatola all’interno della cervice uterina e si torna a ‘stemperare’ sempre nel barattolino che fa parte del kit e si invia infine al laboratorio. Mentre nel caso delle donne che effettuano anche il test per hpv, nella fascia indicata dai 30 ai 64 anni, si passa sempre la spatola a livello endocervicale, si ‘stempera e si spezza, e si lascia lo spazzolino all’interno del kit si chiude e si consegna il campione. Insieme nel caso in cui gli esami sono stati richiesti in modo abbinato”.

2019-03-19T11:06:04+01:00