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I ragazzi di ‘We care’: “Sogniamo Europa delle persone”

350 studenti italiani a Berlino per il trentesimo anniversario del crollo del muro

MILANO – “Io vorrei un’Europa delle persone, persone che con le loro diversità generano un unico popolo, che a sua volta ha sfaccettature e diversità culturali. Non una Europa degli italiani, dei francesi, dei belgi, ma l’Europa degli europei. Gli europei sono coloro che decidono di riconoscersi nei valori di solidarietà, di inclusione, di accoglienza che sono alla base del manifesto degli stati uniti d’Europa scritto a Ventotene”.

Sono le parole con cui Giacomo Molinari dell’associazione torinese Acmos ha raccontato alla Dire l’impegno dei giovani per una Europa migliore. Tutto nasce da don Milani, e in particolare dalla rivisitazione del noto motto della scuola di Barbiana ‘I care’.

Si chiama ‘We care’ la rete nazionale di associazioni giovanili che punta a sviluppare la cittadinanza attiva dei giovani: “La lampadina si accende nel 2011– racconta alla Dire Molinari- quando alcune organizzazioni italiane provenienti dall’esperienza di Libera si ritrovano intorno a un tavolo con Acmos e si dicono di fare un passaggio in più rispetto a quello che già facevano sui propri territori. Significava condividere una particolare metodologia educativa, l’attenzione verso la creazione di vita comunitaria e quindi a concepirsi come una comunità in movimento, infine l’auto-formazione su alcune tematiche specifiche con uno strumento che chiamiamo ‘campagna per la cittadinanza’ che di anno in anno variano, dal lavoro alle nuove povertà all’odio online“.

Questo impasto iniziale– ha proseguito Molinari- a distanza di otto anni è cresciuto. Rispetto alle sette organizzazioni originarie ora siamo nove associazioni aderenti, più una serie di altre realtà che hanno iniziato un percorso di avvicinamento in diverse zone d’Italia. Ma è cresciuto anche nei contenuti. Tra le nuove questioni si è posta l’attenzione particolare per il fenomeno europeo, la concezione dello spazio europeo come lo spazio minimo all’interno del quale agire per intervenire su alcune grandi questioni come le mafie, il lavoro, una certa attenzione alla socialità. Quello che abbiamo iniziato a dirci qualche anno fa e’ che lo stato-nazione poteva risultare limitante. Bisogna quantomeno sognare a livello europeo, che poi concretamente vuol dire incrociare movimenti e associazioni europee“.

Così nasce il progetto figlio di ‘We care’ che gli ideatori hanno chiamato ‘Meridiano d’Europa. Per due punti passa una retta ma infinite storie’: “si propone lo scopo di incoraggiare la partecipazione dei giovani alla costruzione di un’Europa democratica solidale e inclusiva– si legge sul sito- contribuendo così, a livello più generale, a combattere ogni forma di intolleranza, e a promuovere una cultura europea della pace e della multiculturalità. Per raggiungere il suo scopo il progetto si pone come obiettivi il rafforzamento del senso di appartenenza dei giovani al contesto europeo, attraverso un maggiore riconoscimento, pur nella reciproca diversità, di un passato comune, dove il ruolo della memoria diviene determinante, soprattutto nei giovani, per il consolidamento dei valori democratici. Il progetto mira a raggiungere tale risultato rafforzando da una parte la conoscenza della storia europea, con particolare attenzione ai conflitti, agli episodi di intolleranza e ai crimini contro l’umanità, dall’altra l’esperienza diretta dell’Europa e dei suoi luoghi più simbolici“.

Ecco quindi l’idea di coinvolgere gli studenti di scuole secondarie di secondo grado prevedendo per loro anche la possibilità di vivere un’esperienza di viaggio in luoghi significativi che hanno segnato il passato e che possono definire il futuro dell’Unione Europea. “In questi anni, anche grazie a progetti come ‘Meridiano’– ha raccontato Molinari alla Dire- abbiamo avuto spesso la possibilità di viaggiare in certe zone del continente, in particolare della ex-Jugoslavia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, e abbiamo imparato una cosa fondamentale: noi siamo nati fortunati. Le nostre generazioni sono le prime dell’Europa occidentale che non abbiano vissuto sulla propria pelle l’esperienza della guerra. Appena al di la’ dei nostri confini, a solo un’ora di strada, l’esperienza della guerra è viva. I nostri coetanei cresciuti a Sarajevo sono nati sotto le bombe. È una cosa che hanno perfettamente negli occhi. È questo che gli fa sognare fortemente un passo in più che possa mettere definitivamente la guerra fuori dalla porta“.

Perciò, dopo Srebrenica nel 2015, Budapest, Calais-Bruxelles e Belgrado, la quinta edizione del viaggio, che durerà dal 5 al 10 maggio, porterà a Berlino oltre 350 studenti provenienti da nove diverse città italiane: “Nell’anno del trentesimo anniversario del crollo del muro di Berlino, simbolo dell’unificazione europea all’insegna della democrazia e della comunità– scrivono gli organizzatori- occorre dunque decostruire le narrazioni dell’Europa promosse dai movimenti euro-scettici e nazionalisti e costruirne di nuove, più autentiche, accessibili e di prospettiva. Per questo, è fondamentale costruire spazi di confronto e partecipazione e mettersi in viaggio per incontrare giovani, movimenti e soggetti nazionali e transnazionali che quotidianamente si impegnano per un’Europa migliore al fine di ridare collettivamente vita a un sogno ormai fragile e spento“.

Se probabilmente a molti giovani l’Europa appare come fragile, le imminenti elezioni europee possono rappresentare una occasione per rivitalizzarla. “Siamo la generazione che sta correndo il rischio di vedere l’Europa scomparire. Dobbiamo essere la generazione che sa rilanciarla per cambiare il futuro– ha commentato in proposito Molinari, facendosi portavoce del pensiero dei centinaia di giovani che si riconoscono in ‘Meridiano d’Europa’- dopo la mattanza della seconda guerra mondiale qualcuno ha avuto il coraggio di immaginarsi uno spazio europeo e quindi non solo dobbiamo difenderla e tutelarla perché probabilmente è l’idea politica più avanzata che si sia avuta nel nostro continente da parecchio tempo a oggi, ma dobbiamo anche allargarla e farla crescere perché quella idea politica negli anni si è radicata principalmente in una struttura economica che piano piano ha iniziato ad aprirsi a riflessioni sociali, politiche, organizzative. Il messaggio che vorrei lanciare– ha precisato Molinari- è che non solo abbiamo il compito di tutelare questo spazio e di non metterlo in discussione, perché tornare al modello dello stato-nazione e del confine chiuso è antistorico, ci rende più deboli, e soprattutto condanna noi e le persone che stanno fuori dai confini a un futuro di sofferenza. Se vogliamo escludere o limitare la sofferenza nella storia dobbiamo avere il coraggio di sognare qualcosa di più, e questo è quantomeno una dimensione sovranazionale. Consapevoli che ciò che abbiamo adesso non ci basta. Abbiamo necessita’ di fare ulteriori passi– ha concluso Molinari- di arrivare veramente al compimento di qualcosa di nuovo e per fare questo abbiamo bisogno di una narrazione nuova, più forte, che sappia dirci che se vogliamo costruire un futuro di pace, di giustizia sociale, di solidarietà e di compartecipazione, dobbiamo costruirlo coi nostri coetanei che sono ovunque nel continente, sperando di arrivare a quelli che sono ovunque nel mondo“. 

2019-03-28T12:47:36+01:00