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Fake news, il day celebrato a Padova con ‘Fake off’

Presente anche l'Agenzia Dire per progetto Miur 'Generazioni connesse'

PADOVA – “In un’epoca in cui le notizie false sono minacce reali ai valori democratici, le persone- e soprattutto i giovani- hanno bisogno di sviluppare strategie per identificare ed evitare la disinformazione intenzionale”. È questa la convinzione che ha animato gli organizzatori del ‘Fake News Day’, la giornata che si è celebrata a Padova questa mattina e in contemporanea in altri quattro Paesi europei (Austria, Germania, Spagna, Portogallo). Nel giorno in cui tutto il mondo sta ricordando il trentennale della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nei locali del palazzo municipale padovano, si è infatti parlato di come promuovere l’alfabetizzazione digitale tra i giovani, creare consapevolezza sulla disinformazione intenzionale e fornire strumenti per identificare ed evitare le fake news.

“Si tratta dell’ultimo atto del progetto europeo ‘Fake off!’- ha spiegato Alice Trevelin di cooperativa sociale ‘Jonathan’- Un progetto di partenariato strategico Erasmus+, promosso da sette organizzazioni europee: le austriache ‘Bit Schulungscenter’, ‘Logo Jugendmanagement’ e ‘Oiat’, la tedesca ‘Yepp Europe’, la portoghese ‘Future Balloons’, la spagnola ‘GoEurope-Asociacion intercultural Europea’ e per l’Italia ‘Jonathan Cooperativa Sociale’, realtà operante nella provincia di Padova”. Per tutta la mattinata, quindi, i partecipanti hanno potuto ascoltare le relazioni di numerosi esperti.

Enrico Fiorentin, consigliere del comune di Padova con delega alle politiche giovanili ed europee, ha portato i saluti di palazzo Moroni: “Il tema delle fake news è molto sentito ed è uno dei temi più critici dell’attualità. Come amministrazione ci teniamo particolarmente. Le notizie false creano immediatamente un’emozione che nel tempo crea coscienza sbagliata nelle persone. Lavoriamoci e parliamone con i nostri conoscenti, anche a costo di litigarci”.

È intervenuto poi Matteo Adamoli, pedagogista all’università Iusve: “Siamo dentro la rivoluzione digitale o per alcuni autori rivoluzione dolce. Un cambiamento che, nonostante internet come tecnologia abbia già cinquant’anni, ha colonizzato le nostre vite in maniera delicata”. Dal cinema alla tv, dai social network alle ultime scoperte in campo di intelligenza artificiale fino alla mediatizzazione degli individui- cioè il processo di rottura degli intermediari- sono alcuni dei punti toccati dal pedagogista nella sua relazione. “Molti nostri comportamenti risentono del nostro rapporto con gli strumenti che utilizziamo- ha aggiunto- Pensiamo a quanti momenti della quotidianità sono mediati dall’utilizzo di strumenti digitali. Ecco quindi che l’ambiente online è diventato un ecosistema in cui gli esseri umani devono adattarsi per sopravvivere”.

‘Onlife’, ‘Infosfera’, alcuni dei nomi dati da diversi autori a questo nuovo ambiente in cui sono gli atomi e le informazioni gli elementi che lo abitano e che vi interagiscono. “4 miliardi di persone su 7 sono attualmente connesse. 8735 tweet sono stati inviati in un secondo. È quindi evidente come tutto questo, che pure avviene online, abbia delle ricadute sulle nostre vite. Noi siamo immersi in questo mondo. Cambiano le relazioni, cambia il nostro utilizzo del corpo, cambia la nostra capacità di concentrazione. E tutto questo avviene in maniera dolce- ha proseguito l’esperto che poi ha aggiunto- dobbiamo però avere anche chiaro di essere dentro una logica di impresa. Sono state le aziende le prime a colonizzare questo nuovo ecosistema. E le aziende per definizione sono orientate al profitto”.
Internet quindi pone diverse sfide.

“La prima è in ambito comunicativo, come abitare questo ambiente. La seconda è relazionale. Poi c’è l’ambito lavorativo, i nuovi lavori e le nuove forme del lavoro. L’altro ambito è quello didattico e della formazione, come cambiano la didattica e l’apprendimento cognitivo con le nuove tecnologie. L’ultimo ambito è politico e di cittadinanza e ha a che fare con la nostra identità digitale. Come essere cittadini liberi, responsabili e capaci di scegliere eticamente in questo nuovo ambiente?”, ha chiesto alla platea concludendo il suo intervento. Ha risposto Renato Stella, sociologo dell’università di Padova, che a studenti e studentesse dei suoi corsi propone periodi di ‘astinenza’ dai media e monitora gli effetti di questa pratica sui partecipanti volontari all’esperimento: piccoli e grandi disturbi di concentrazione, del sonno, relazionali tra le principali anomalie.

“Il virtuale come il reale consente di fare esperienze in una fase importante di costruzione dell’autonomia” ha commentato. Rappresentazione di sé, relazione coi pari, capitale culturale extrascolastico, cittadinanza sono tutte le dimensioni su cui si costruisce la personalità attraverso il web. Perciò è difficile rinunciare all’utilizzo dei nuovi media, sostiene il sociologo, che però trova scorretto parlare di ‘dipendenza da smartphone’. “L’attenzione degli studiosi per il rapporto tra giovani e nuovi media è superiore a quella per gli adulti- ha continuato- La questione quindi si pone necessariamente in termini generazionali. Questo perché parliamo di socializzazione rovesciata. Oggi sono i giovani a controllare con più competenza i nuovi media mentre gli adulti hanno molto meno controllo sul mezzo e sull’accesso al mezzo”.

Quindi i giovani sono più capaci ma forse più ingenui sulle conseguenze, è stata in sintesi la sua considerazione, che poi lui stesso ha problematizzato: “molti media però spingono molto su retoriche ‘drammatizzanti’ circa i rischi del web, forse per attirare di più l’attenzione. Il web è invece una cosa straordinaria che va usata con coscienza”, è stata la conclusione del sociologo che infine ha esposto i dati della ricerca ‘EUKids’ condotta dall’università cattolica di Milano secondo cui, su un campione di 1006 giovani, lo smartphone è usato dal 97% dei ragazzi tra i 15 e i 17 anni e la stessa percentuale lo preferisce al computer. Inoltre, il 19% di loro è stato testimone di episodi di cyberbullismo e il 31% di hate speech. “Tuttavia il 58% afferma di non avere fatto nulla, ed è per questo che dobbiamo continuare a lavorare sull’educazione digitale”.

Luca Barbieri, giornalista e docente all’università di Padova, ha invece riflettuto sul fenomeno delle fake news e su come affrontarlo: “Molte volte ci troviamo avere a che fare con oggetti non propriamente falsi ma precisamente manipolati, come ad esempio foto decontestualizzate. Questi oggetti mediatici creano attenzione e spesso servono per scopi propagandistici. Dobbiamo quindi resistere all’impulso di condividere senza freni e prenderci tempo per verificare. Il problema dunque è rappresentato dal ritmo e dalla velocità della rete confrontati con i tempi che servono ai media per verificare le notizie”. Ciò non toglie che la verifica vada fatta.

“Se pensi che un fatto sia scontato, verifica. E’ quello che dico sempre ai miei studenti. Il giornalista per definizione deve dubitare e la prima regola da osservare è sempre quella tradizionale: le 5W della professione. Spesso nelle notizie false manca il quando dell’avvenimento e già questo è un primo indizio”. E poi titoli, stilemi, formattazione, nomi degli indirizzi dei siti, verifica fonti di testo e foto, reputazione dell’autore, refusi. Queste le regole secondo l’esperto per fronteggiare il pericolo ‘fake news’.

Presente anche l’agenzia Dire in rappresentanza del Safer Internet Centre-Generazioni Connesse: nato per fornire informazioni, consigli e supporto a bambini, ragazzi, genitori, docenti ed educatori che hanno esperienze, anche problematiche, legate a Internet e per agevolare la segnalazione di materiale illegale online. Ad accompagnare tutti i momenti della mattinata, l’artista Laura Bortoloni di ‘IDA.Identity Atlas’che ha graficamente ‘tradotto’ i contenuti di relatori e relatrici con un lavoro live di visual mapping.

2019-11-20T15:28:16+01:00