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Democrazia oggi: il discorso della presidente della Corte Costituzionale Cartabia

‘Nelle forme e nei limiti della Costituzione’ si intitola la prolusione (termine tecnico per definire un discorso introduttivo, di carattere solenne) che Marta Cartabia, prima presidente donna della Corte Costituzionale, ha pronunciato  agli studenti e alle studentesse dell’università degli studi di Milano che hanno partecipato all’ufficiale cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico in corso. Il discorso […]

‘Nelle forme e nei limiti della Costituzione’ si intitola la prolusione (termine tecnico per definire un discorso introduttivo, di carattere solenne) che Marta Cartabia, prima presidente donna della Corte Costituzionale, ha pronunciato  agli studenti e alle studentesse dell’università degli studi di Milano che hanno partecipato all’ufficiale cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico in corso. Il discorso integrale è disponibile qui.

L’incipit del discorso

La democrazia, la sua definizione e i suoi limiti, le sue forme e la sua crisi, le sue evoluzioni nell’era digitale. Questi i temi toccati dalla presidente Cartabia.

Una parola sulla scelta del tema: «nelle forme e nei limiti della costituzione» è un frammento del primo articolo della Costituzione italiana che, dopo aver definito l’Italia come repubblica democratica, afferma che «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». È un frammento che ci porta a riflettere sul significato della democrazia nell’ordinamento costituzionale repubblicano. Perché parlare qui di democrazia?

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l’UniversitàStatale di Milano è la mia alma mater (tradotto dal latino ‘madre che alimenta’, ndr), non solo perché qui ho ricevuto da grandi maestri i primi elementi della mia formazione giuridica, ma anche per il clima di apertura culturale e civile che si respirava nell’intera comunità universitaria di quegli anni, un clima che ha lasciato una impronta indelebile in me come in tanti suoi studenti. Ed è proprio la memoria viva della ricchezza della vita universitaria che mi ha spinto a orientare la riflessione verso i fondamenti della democrazia, nella convinzione che la vitalità di una democrazia dipende in grande misura dalla questione – in senso ampio – educativa, in cui le università svolgono un ruolo fondamentale. Non a caso il tema dell’istruzione – l’alfabetizzazione prima, l’accesso alla scuola di ogni ordine e grado poi, fino alla formazione universitaria – è stato da sempre tra le questioni fondative delle moderne democrazie.

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Seminare nel campo dell’istruzione significa investire nei cittadini di oggi e di domani. Un nesso strettissimo lega il destino della democrazia e quello dell’educazione: questa è l’urgenza che si pone all’attenzione di tutti.

 La crisi della democrazia

Le democrazie costituzionali contemporanee sembrano attraversare una fase di crisi, come suggeriscono i numerosissimi studi sul tema, mostrano aspetti di fragilità, soprattutto sotto l’impatto dei nuovi media. Alcuni ipotizzano persino che si sia fatto ormai ingresso da tempo in una nuova fase, quella della postdemocrazia, secondo la fortunata espressione di Colin Crouch.

A questo proposito è bene ricordare che «crisi» non significa di per sé «declino». Un periodo di crisi può preludere a «nuovo inizio», come la storia italiana ed europea ci mostrano: dalle macerie della guerra e del totalitarismo sono nati tanto le nuove costituzioni nazionali quanto il progetto europeo che, insieme, hanno assicurato pace, prosperità e solidarietà ai popoli europei come mai prima era accaduto. Come nei passaggi delle età della vita, attraversare una fase di crisi può introdurre a una più solida consapevolezza, a condizione che, come dice Hannah Arendt torniamo a porci le domande fondamentali e proviamo a rispondere ad esse con risposte fresche, scevre da giudizi precostituiti, o da pregiudizi.

 Cosa intendiamo per democrazia nell’Italia repubblicana

Questa è la domanda che occorre tornare a porsi: cosa intendiamo per democrazia?

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Democrazia è un termine carico di storia e di storie e oggi è una parola che evoca una pluralità di forme politiche assai diverse tra loro. La democrazia degli ateniesi non è quella degli stati liberali, e tanto meno quella degli stati costituzionali.

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Il manifesto della democrazia italiana nella Carta costituzionale è contenuto nel suo primo articolo: “La sovranità appartiene al popolo”.

Appartiene. La scelta di questo verbo fu oggetto di vivace dibattito e di ponderato e oculato esame. Una parte dei padri costituenti insisteva nel sottolineare che in una democrazia la sovranità non può che risiedere nel popolo. L’altra prediligeva invece l’idea di una sovranità che emana o promana dal popolo, quale fondamento di ogni potere costituito.

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Al fondo di questa divergenza di vedute, si intravede la sempre irrisolta polarità tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, che ha impegnato sin dalle origini del costituzionalismo moderno i grandi nomi del pensiero politico da Rousseau a Sieyès a Madison, fino ai giorni nostri.

Qui la presidente propone poi una comparazione tra i pensatori politici che ha citato.

Vale la pena ricordarlo: l’Italia è una repubblica parlamentare, dunque una democrazia rappresentativa, con alcuni istituti di democrazia diretta (come ad esempio i referendum, cioè quelle situazioni particolari in cui i cittadini possono pronunciarsi direttamente sulla proposta o sulla eliminazione di una o più leggi).

L’impatto delle nuove tecnologie

L’avvento dei nuovi strumenti tecnologici e delle loro straordinarie potenzialità ha fatto immaginare l’imminente avvento della e-democracy capace di realizzare il sogno di una “global agora”, per usare una espressione di Yascha Mounk. Le potenzialità partecipative della rete hanno generato e nutrito idee come l’“egovernance”, l’“e-decision-making”, l’“e-consultation”: entrambe le fasi canoniche del processo democratico – input e output – sarebbero potenziate dalle nuove capacità offerte dalla rete nelle forme della e-participation e e-government.

[…]

Tuttavia “tali aspirazioni non sono ad oggi corroborate dai dati di esperienza, che al contrario hanno fatto emergere alcuni preoccupanti aspetti di criticità di fronte a tali evoluzioni della tecnologia che stanno profondamente trasformando la vita della polis (traducibile come città, società, comunità, ndr)”

[…]

Da un certo punto di vista, questi sono i problemi eterni della democrazia e della politica: propaganda, informazione unilaterale, censura, estremismo, ideologia, fanatismo, pura e semplice falsità ci sono sempre stati nella vita politica. Da un certo punto di vista, non c’è niente di nuovo sotto il sole: tuttavia, se si considera il potere e la potenza delle nuove tecnologie si può comprendere che questi problemi oggi avvengono in una dimensione nuova e a una velocità che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Grazie alla potenza delle tecnologie contemporanee, oggi ciò che viene pubblicizzato e propagandato – vero o falso che sia – «è molto più in vista che la realtà da sostituire».

Nelle forme e nei limiti della Costituzione

Sicché occorre che il potere limiti il potere. Non si sottrae a questa legge delle umane vicende neppure l’esercizio del potere parte del popolo e della sua sovranità: il primo dato da sottolineare è che nella Costituzione italiana la sovranità è popolare ed è limitata. Il più potente limite apposto dalla Costituzione italiana e dalle altre Costituzioni nazionali del secondo dopoguerra alle strutture democratiche è la garanzia delle libertà e dei diritti della persona. Diciamolo con T. Todorov:

«il popolo è e rimane sovrano, ma il suo potere è limitato: deve fermarsi alle frontiere della persona. La relazione che si stabilisce tra sovranità del popolo e libertà della persona è quella di una reciproca limitazione».

[…]

È affidato dunque anzitutto alla Corti costituzionali il compito di garantire il rispetto dei confini di ciascun potere, l’uno verso l’altro, e di ciascuno di essi nei confronti dei diritti della persona.

La tutela delle differenze nella Costituzione: il pluralismo

Le formazioni sociali in cui si svolge la personalità di ciascuno, incastonate nell’art. 2; le associazioni di ogni genere e natura, protette dall’art. 18; le confessioni religiose (artt. 7, 8, 19, 20); i sindacati (art. 39) e i partiti politici (art. 49): è anzitutto attraverso di essi che la Costituzione ritiene che i cittadini possano «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

La Costituzione mira all’unità della vita sociale – “una e indivisibile” – ma non presuppone un popolo omogeneo: ora come all’alba della repubblica, è la pluralità a contrassegnare i rapporti politici; ora più di allora, è la pluralità a marcare l’ordito del tessuto sociale, sempre più ricco e variegato sotto ogni profilo.

Il pensiero critico nella formazione

Nella vita della comunità universitaria, nei rapporti con i maestri e con i propri simili, ma soprattutto negli incontri con i propri “dissimili”, si amplia l’orizzonte della ragione, in un vero confronto con l’“altro da sé”, e si creano le premesse per un pensiero critico, libero e innovativo.

Oggi come sempre, è sulla capacità di un pensiero libero e critico del cittadino, in tutti i rami del sapere e del fare a cui ciascuno è specificamente chiamato, che si gioca la partita della democrazia. Questa affermazione, valida in ogni epoca, lo è ancor di più oggi in considerazione dello scuotimento tellurico che la diffusione dei nuovi media sta provocando non solo sul sistema dell’informazione, ma anche sulla stessa capacità di conoscenza del genere umano (Buccellati).

Di qui il grande compito democratico che l’educazione universitaria è chiamata a svolgere […]

Cos’è la Corte costituzionale

Nell’ordinamento italiano, è un organo di garanzia costituzionale che ha il compito di giudicare la legittimità degli atti dello Stato e delle Regioni, dirimere eventuali conflitti di attribuzione tra i poteri delle istituzioni centrali e locali, esprimersi su eventuali atti di accusa nei confronti del Presidente della Repubblica e verificare l’ammissibilità dei referendum abrogativi (cioè quelle situazioni particolari in cui i cittadini possono decidere di cancellare in tutto o in parte una legge).

Prevista già dalla Costituzione repubblicana del 1948, la Corte trovò attuazione solo nel 1955 e tenne la sua prima udienza nel 1956.

La sua sede è a Roma, al palazzo della Consulta, così detto perché sede della Sacra Consulta dello Stato pontificio fino al 1870, da cui si attribuisce alla Corte l’informale nome, per metonimia, di Consulta. Si trova in piazza del Quirinale, a pochi metri dal palazzo omonimo, sede ufficiale del Presidente della Repubblica.

 

2020-02-06T11:44:40+01:00