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Coronavirus. Ic ‘Don Milani’ di Carbonia: “Grande impegno di tutti”

Il racconto della professoressa Cristiana Pivetta

ROMA – Le lezioni in streaming sono arrivate anche nelle scuole italiane come strumento di supporto per gli istituti, rimasti chiusi a causa dell’emergenza Coronavirus. Ma per alcuni, la didattica a distanza non è una novità. Come per Cristiana Pivetta, docente di lettere nell’istituto comprensivo ‘Don Milani’ di Carbonia, in Sardegna, che da anni promuove l’insegnamento online e non solo.

“Mi occupo di didattica a distanza già da 12-13 anni”, racconta la professoressa a diregiovani.it– nel tempo, ho sviluppato con studenti e docenti varie soluzioni come le classi virtuali, che permettono ai ragazzi di interagire con l’insegnante e studiare in anticipo i contenuti della lezione, su cui poi si ragiona insieme in classe”.

Cristiana Pivetta si avvicina alla didattica inclusiva a partire dal 2013, quando partecipa ad un concorso indetto dall’Anp (Associaizone nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola) e, insieme ad altri 99 docenti, collabora per sviluppare nuove metodologie per rendere i ragazzi soggetti attivi nella fase di apprendimento.

“La metodologia è quella della classe capovolta- continua la docente– è uno strumento che utilizzo con frequenza già dal 2010 come supporto alla didattica in presenza, ma che adesso è diventato essenziale”.

Con l’emergenza sanitaria, infatti, la formula delle classi virtuali è diventata abituale per gli studenti, che ogni giorno, tramite una password, accedono al portale e seguono le lezioni online. 

“Non ci siamo trovati impreparati- aggiunge Cristiana Pivetta– i ragazzi sono abituati e anche in questa situazione di emergenza si sono dimostrati collaborativi. Mi ha stupito positivamente il fatto che in questi giorni gli studenti sono molto puntuali, nelle lezioni come nei compiti, perché si sentono stimolati da questa modalità di apprendimento. Il fatto di poter interagire, discutere, e riflettere insieme dimostra che c’è un grande senso di responsabilità, anche tra ragazzi di 11 anni. Questo vuol dire che la scuola non è vista come un obbligo ma come un mezzo attraverso il quale formarsi e crescere. E noi, come docenti- conclude la professoressa- non ci sentiamo soli”. 

2020-03-13T17:49:22+01:00