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Coronavirus, studenti: “Non lo avremmo mai detto, ma ci manca la scuola”

La didattica va avanti con videolezioni e compiti online

ROMA – Non sono più obbligati a svegliarsi presto, rimanere seduti per ore dietro i banchi e vivere lo stress di interrogazioni e compiti a sorpresa. Ma dopo due settimane di didattica a distanza, gli studenti di tutta Italia iniziano ad avere nostalgia della scuola. Non avrebbero mai pensato di poterlo dire, eppure l’emergenza sanitaria che ha portato alla chiusura di tutti gli istituti, ha fatto capire ai ragazzi e alle ragazze che la scuola non è solo un luogo di formazione ma anche lo spazio che dà forma alle loro idee e ai loro pensieri, il luogo del dialogo e della crescita.

“Il primo giorno eravamo contenti, ma poi la situazione è peggiorata sempre di più, e adesso inizia a pesare, soprattutto perché non sappiamo per quanto ancora durerà”- racconta Bianca, studentessa del liceo ‘Buratti’ di Viterbo.

Adesso la quotidianità degli studenti è scandita da videolezioni, interrogazioni via Skype e videochiamate con gli amici, ma lo studio non è diminuito, anzi.

“Ci danno molti compiti, forse per paura che non si riesca a finire il programma– dice Ilaria, del liceo scientifico ‘Nomentano’ di Roma- lasciano i materiali sul registro elettronico e noi dobbiamo leggere, analizzare o compilare test a crocette. Dipende dal docente”.

A pochi giorni dall’introduzione della didattica a distanza, quindi, le scuole stanno andando avanti con i programmi, ma i problemi non sono pochi.

“Tutte le mattine abbiamo delle videolezioni, almeno per 3-4 ore, cercando di seguire l’orario scolastico, ma ogni docente utilizza una piattaforma diversa, e magari poi carica i compiti su un altro portale– prosegue Bianca- per noi studenti quindi è un po’ difficile, ma allo stesso tempo è molto stimolante. Il tempo è condensato, quindi riusciamo a stare più attenti e concentrarci sulla lezione. Così poi abbiamo tempo per i compiti e dedicarci ad altro nel corso nel pomeriggio”.

Anche nella classe di Chiara, studentessa del liceo scientifico ‘Ruffini’ di Viterbo, le lezioni si svolgono tutte le mattine, ma la sua preoccupazione ha un solo nome: maturità. Chiara, infatti, frequenta l’ultimo anno, e il 17 giugno dovrà sostenere la prima prova dell’esame di Stato.

“Stiamo facendo tutto il possibile, ma non credo che riusciremo a finire il programma- spiega a diregiovani.it- siamo seriamente preoccupati perché ancora non c’è nulla di chiaro e non sappiamo neanche se e quando torneremo a scuola. L’unica cosa che possiamo fare è studiare il più possibile, anche più di quello che facevamo prima, sfruttando tutto il tempo che abbiamo”.

Si va avanti, quindi, ma in molti casi senza una programmazione univoca sulle piattaforme utilizzate, come racconta anche Ilaria:

“i docenti si organizzano come preferiscono, chi con videolezioni, chi con materiale didattico, ma io preferisco le lezioni in streaming, perché se abbiamo delle domande non dobbiamo inviargli una mail ma possiamo farle direttamente”.

Anche per Bianca, “il sistema sta funzionando bene, di certo potrebbe andare molto meglio, ma dal momento che non abbiamo ancora un sistema scolastico digitalizzato, stiamo facendo molti passi avanti. Ed è bello perché si sperimenta insieme, e tutto diventa più veloce e stimolante”.

Videolezioni e piattaforme per organizzare compiti e scadenze sono quindi promosse dagli studenti, che sperano di poter utilizzare questi strumenti anche alla fine dell’emergenza sanitaria, ma solo come metodo alternativo. La lezione in classe non si discute, perché

“avere il prof davanti è tutta un’altra cosa- commenta Ilaria– quindi mi preoccupa il fatto che la scuola possa non riaprire a breve. Non tanto per noi studenti, ma perché vorrebbe dire che la situazione sanitaria è ancora grave”.

Anche Chiara non vede l’ora che riaprano i cancelli di scuola, “per noi sono gli ultimi giorni da liceali, e non li stiamo passando insieme– conclude- non avrei mai pensato di dirlo ma la scuola mi manca. È una cosa che non riguarda solo la didattica ma anche l’aspetto emotivo. Ci manca la quotidianità della scuola”.

2020-03-20T18:05:38+01:00