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Coronavirus. Scuola, l’esperto: “Occasione storica per pedagogia della competenza”

Il dirigente Maurizio Carandini è consulente nella task force per la Val Seriana

MILANO – “Non abbiamo il tempo di pensare se agire, il tempo è adesso. La gente che muore, e soprattutto quella che vive, non ha questo tempo”. Così a diregiovani.it Maurizio Carandini, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo ‘Valenza’ di Alessandria, consulente del ministero dell’Istruzione per le emergenze nazionali. La ministra Lucia Azzolina l’ha chiamato a partecipare a una task force attivata per offrire supporto alle scuole della Val Seriana.

La provincia è quella di Bergamo, una delle zone a più alta densità di contagi. Numeri che significano drammi personali e familiari e dunque sgretolamento di quegli equilibri che consentono alla didattica ordinaria di reggersi su pilastri emotivi solidi. La direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione del ministero dell’Istruzione è alla guida della task force. A prestare i loro servizi, viale Trastevere ha chiamato la Società Italiana di Pediatria, l’Istituto di Ortofonologia di Roma, l’agenzia di stampa Dire-Diregiovani e il dirigente alessandrino. Carandini ha lavorato nell’emergenza post-terremoto del 2009 a L’Aquila e oggi ha iniziato a offrire la sua consulenza a tutte le maestre dell’infanzia dell’istituto comprensivo di ‘Albino’, la scuola della Val Seriana che con una richiesta di aiuto al ministero ha messo in moto la task force. Nell’intervista con diregiovani.it l’esperto ha delineato la sua visione di “didattica delle competenze”, tracciando parallelismi tra gli effetti di questa emergenza sanitaria e quelli del sisma in Abruzzo.

– Dottor Carandini, perché non è affatto scontata questa richiesta di aiuto?
“È vero, non lo è. Nel mondo della scuola è qualcosa di drammatico, affascinante e a tratti miracoloso. È stato il bisogno di sentirsi comunità, senza vergognarsi di riconoscere di avere paura e di non sapere come uscire da questa situazione, a spingere la dirigente a chiedere aiuto. In una situazione di emergenza, è fondamentale capire che dare priorità alla didattica è un errore. La didattica va contestualizzata. Possiamo dare e chiedere compiti, possiamo dare esercizi da fare, anche con il corpo, ma questo non basta. Non possiamo immobilizzare un bambino 5-6 ore al giorno davanti a un computer. La didattica digitale, dal punto di vista pedagogico, è importante e interessante ma una conversione totale e improvvisa fa danno; siccome non può colmare l’assenza dei bambini in classe, va pensata in modo tale che accompagni la didattica tradizionale”.

– Che compiti dare allora per aiutare una comunità scolastica a fronteggiare l’emergenza?
“Bisogna dare compiti per la riconnessione sociale. Delicatezza, intelligenza e sensibilità: questi sono gli elementi essenziali. Noi non siamo burocrati, la scuola deve occuparsi prima di tutto delle cose importanti. Fossero i compiti non servirebbe nemmeno riaprire le scuole. Perciò alle maestre io dico: voi dovete entrare nelle case e capire cosa sta succedendo. Stanno preparando la polenta? Bene, dite agli alunni di guardare come la preparano. Stanno rifacendo il letto? Imparate come fanno. Il letto è un rettangolo, misuriamolo, facciamo geometria sul lettone, prendete una cordicella e misurate il tavolo rotondo. La mamma che prende l’alcol, o lo spirito come si diceva una volta, ecco, la maestra di scienze può spiegare di cosa è fatto l’alcol. Queste si chiamano competenze: le materie messe in situazione. L’obbligo di restare a casa ci impone di imparare abilità altre. La casa  è l’aula più bella del mondo perché qui possiamo affrontare tutte le materie. Per la prima volta nella storia della scuola abbiamo l’occasione di fare la pedagogia della competenza. Una didattica di una intelligenza raffinata”.

– Guardando oltre la didattica, come si ricostruisce connessione sociale?
“Esatto. C’è poi quest’altra questione, che va oltre la didattica, e che riguarda direttamente la necessità di ricostruire connessione sociale, anche e soprattutto a distanza. Questi obiettivi potranno essere raggiunti con la musicoterapia, l’arteterapia, i film. Sul sito del ‘Valenza’ abbiamo messo a disposizione una serie di video in cui un attore racconta una fiaba e stimola i bambini a ripetere, ad esempio cantando i suoi brani. Ho foto di bambini e famiglie che insieme guardano e poi commentano. Sto anche pubblicando suggestioni video che arrivano dal personale di scuola, dalle famiglie, spezzoni di film. L’idea è che di tutto questo si può parlare e scrivere. Col disagio bisogna giocare, ossia, bisogna stare nel dramma e con questi strumenti terapeutici è possibile. La scuola è un mondo di realtà, io dico di immaginario. Quando ho lavorato in Abruzzo, dopo il terremoto del 2009, ho constatato le competenze di quei bambini: erano superiori perché avevano un riscontro nella realtà. Perciò la simulazione del problema è importante: ne abbiamo esempi tutti i giorni nelle nostre case, banalmente la nonna che fa i biscotti. Fare i biscotti è una mappa concettuale, la lezione di matematica sarà sulle unità di misura, la ricetta diventerà il tema argomentativo. Noi ora abbiamo questa opportunità. È la didattica per competenze che deve emergere”.

2020-03-24T10:28:26+01:00