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C’è vita o no su Venere? Lo scopriremo in mongolfiera

La scoperta è indubbiamente interessante per la comunità scientifica

Il pianeta Venere è tornato sotto i riflettori. Uno studio condotto dall’Università di Cardiff e pubblicato su Nature Astronomy ha lanciato una notizia potenzialmente esplosiva: nell’atmosfera venusiana sono state trovate molecole di fosfina. I più entusiasti ci vedono una traccia di vita, i realisti considerano che, sì, esiste la possibilità che questa molecola composta da fosforo e tre atomi di idrogeno possa indicare la presenza di vita batterica, ma considerano anche che potremmo trovarci di fronte a processi ignoti di creazione della fosfina, che, sulla Terra, conosciamo bene perché è quella che genera i fuochi fatui.

Sia che si tratti del segnale di attività biologica, sia che invece sia la spia di processi sconosciuti, la scoperta è indubbiamente interessante per la comunità scientifica.

Ne abbiamo parlato con John Robert Brucato, esobiologo dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf). Innanzitutto Brucato ha chiarito che semmai nel Sistema Solare ci fosse vita, sarebbe in forma batterica. Scordiamoci, insomma, l’omino verde dei film. Quello che serve fare ora è mandare su Venere una missione dedicata alla sua atmosfera. Il mezzo migliore sarebbe una mongolfiera, come in un romanzo di Jules Verne ambientato però nel Sistema Solare.

Partiamo dall’inizio. Cos’è la fosfina?

“È una molecola composta da fosforo e tre atomi di idrogeno. Si tratta di una molecola molto reattiva e velenosa per la vita, molto pericolosa: viene prodotta dai batteri nella decomposizione dei cadaveri. La fosfina è responsabile dei fuochi fatui, quelle fiammelle che si vedevano nei cimiteri tanto tempo fa. La sua peculiarità è che l’unico meccanismo per produrla è quello biologico, non sappiamo se esistono processi geologici che possano formare la fosfina. Avendola osservata nell’atmosfera di Venere, è venuto fuori il discorso della possibilità che ci fossero batteri a produrre fosfina. Questi batteri devono stare per forza in atmosfera perché la superficie di Venere è estremamente calda, un inferno, parliamo di 460 gradi ovunque. L’atmosfera è molto densa, circa 66 volte quella terrestre, e ha una caratteristica, che il giorno dura più dell’anno. Cioè impiega più tempo a compiere rotazione su se stesso che la rivoluzione intorno al Sole. Questo crea dei forti venti che costantemente spazzano il pianeta. Questi venti riescono a mantenere la parte superficiale dell’atmosfera abbastanza stabile. In questa zona potrebbero esistere dei micro organismi. Lì si possono formare goccioline d’acqua. È una ipotesi. È troppo poco trovare la fosfina per dire che c’è vita”.

Eppure l’idea non è peregrina, se già diversi decenni fa l’astrofisico Carl Sagan ipotizzava, per primo, che l’atmosfera di Venere potesse essere un nido per la vita. Quello che c’è ora da capire è quale sia il meccanismo che mantiene la fosfina costante in atmosfera venusiana, visto che per evitare che si disgreghi dovrebbero esserci al lavoro proprio dei batteri. L’osservazione da remoto in questo caso non paga, bisogna andare sul posto.

“Già da tempo ci si sta pensando” a nuove missioni verso Venere, “ma Marte ha preso la scena negli ultimi anni- spiega l’esobiologo-. È più facile arrivarci, ci può atterrare l’uomo, ci sono diversi interessi sia delle agenzie spaziali che privati. Per andare di nuovo su Venere sono già stati fatti degli studi: in questo caso bisognerebbe mandare una mongolfiera, che soggiorna negli strati alti dell’atmosfera, la visita, si muove, raccoglie materiale, o analizza con degli strumenti a bordo della gondola e ci fornisce questi dati. Una cosa alla Jules Verne”.

Per ora, l’entusiasmo per la scoperta c’è.

“L’entusiasmo c’è, amiamo questo lavoro: quando qualcuno scopre qualcosa di nuovo è sempre gratificante. Per trovare la vita bisognerà fare ancora molti passi in avanti, sarà difficile poterla individuare da remoto, cioè da Terra. Però attraverso missioni spaziali sul luogo che prelevano campioni, fanno analisi, o ancora con il ‘sample return’, cioè portando sulla terra il campione come si farà con Marte, è il modo per poter capire se c’è vita. Entusiamso sì, ecco, ma moderato”, sorride Brucato.

2021-02-03T16:20:59+01:00