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Scuola: in carcere parte didattica per adulti, a Bologna laboratori in presenza

È il progetto 'PAMISC', finanziato dal ministero dell'Istruzione e coordinato dal Cpia metropolitano di Bologna

BOLOGNA – Laboratori di montaggio video e di comunicazione interpersonale, corsi di formazione per docenti e operatori sulle forme dell’ordinamento penitenziario e della scuola in carcere. Ma anche moduli online di sociologia delle migrazioni, pedagogia della marginalità e dell’intercultura, prevenzione del radicalismo religioso in carcere, insegnamento dell’italiano come seconda lingua. Non si fermano le attività delle scuole in carcere per i 24 Cpia- i centri per l’istruzione degli adulti- che hanno aderito a ‘PAMISC’, progetto nazionale per l’ampliamento dell’offerta formativa delle scuole in carcere e lo sviluppo di competenze professionalizzanti, finanziato dal ministero dell’Istruzione e coordinato dal Cpia metropolitano di Bologna.

Il lockdown, racconta alla ‘Dire’ il dirigente del Cpia bolognese Emilio Porcaro, che è anche presidente della Rete Italiana Istruzione degli Adulti (Ridap), ha bloccato tutto:

“Stavamo per partire con la formazione per gli operatori e con i corsi professionalizzanti, avevamo organizzato laboratori di cucina, moda, panificazione, rimozione graffiti, imbianchino, estetica e parrucchieri, cittadinanza attiva e comunicazione interpersonale. Tutte attività che richiedevano la presenza e l’uso di molti attrezzi”. Oggi, grazie a una proroga di viale Trastevere “l’intera offerta è stata ripensata. Partiremo a gennaio sia coi laboratori di videomaking e comunicazione interpersonale (sospesi ancora per il momento gli altri) sia con il corso di formazione per docenti”, organizzato in collaborazione con il dipartimento di scienze dell’educazione dell’università di Bologna e aperto a tutti gli insegnanti di scuole con sedi carcerarie”.

Nel capoluogo emiliano-romagnolo, i due laboratori partiranno addirittura in presenza, o almeno così è nelle intenzioni degli organizzatori, per un numero massimo di 5 detenuti della casa circondariale di via Del Gomito. Intanto, per tutti i 130 Cpia diffusi sul territorio nazionale, continua la sfida della didattica a distanza. Racconta ancora Porcaro alla ‘Dire’: 

“La nostra è un’utenza specifica per diverse ragioni” non solo perché adulta ma anche perché più “fragile, spesso straniera” con bisogni molto diversi dallo studente medio che frequenta la scuola dell’obbligo. “Diverse sono le esigenze, diversi gli interessi, diverse le disponibilità di tempo per studenti adulti che lavorano, che possono essere stranieri analfabeti anche nella loro lingua madre, che vogliono un diploma di terza media mentre si trovano in carcere. L’organizzazione della nostra didattica, quindi, deve essere molto più flessibile” dal momento che “le nostre classi possono cambiare di lezione in lezione e ogni alunno ha delle motivazioni” tali da orientare il docente “a personalizzare” l’insegnamento. Tutto ciò “non è facile in presenza, figuratevi a distanza, ma abbiamo comunque raggiunto ottimi risultati, anche con coloro che dovevano imparare a leggere e scrivere” commenta poi il numero uno della Ridap che rappresenta oltre il 90% di tutti i Cpia.

“Non è stato e non è semplice anche perché i Cpia non ottengono mai la stessa attenzione istituzionale che viene data alla scuola dell’obbligo. Spesso non siamo nemmeno citati nei Dpcm e nelle circolare ministeriali” eppure, come chiarito dal ministero stesso, l’offerta formativa dei Cpia afferisce al primo ciclo proprio perché finalizzata all’ottenimento del diploma di terza media. “Come RIDAP abbiamo chiesto un chiarimento, che abbiamo ottenuto, perciò oltre ad essere identificati come primo ciclo, ci è stata riconosciuta la possibilità di modulare la nostra didattica in presenza con integrazioni di Dad fino a un 20% del totale, ma anche di estendere tale quota in caso di esigenze particolari, e questo proprio in virtù della nostra specificità. Questo è un risultato di cui possiamo dirci soddisfatti”.

2020-11-11T11:13:36+01:00