hamburger menu

VIDEO | Comunità Rom e Sinti: “Noi italiani di serie B, non riconosciuto nostro sterminio”

Quella della persecuzione e dello sterminio di rom e sinti è una storia ancora negata, un mancato riconoscimento che ha posto le basi all'antiziganesimo, un sentimento che oggi è più vivo che mai e che continua ad alimentare odio e pregiudizi

ROMA – Quella della persecuzione e dello sterminio di rom e sinti è una storia ancora negata, un mancato riconoscimento che ha posto le basi all’antiziganesimo, un sentimento che oggi è più vivo che mai e che continua ad alimentare odio e pregiudizi. “Sono 4 anni che collaboro con l’Unar– racconta Giulia Di Rocco, presidentessa di ‘Mistipè’, il primo partito dei Rom e Sinti italiani- e vado, come rappresentante rom, in Polonia, ad Auschwitz, per rendere omaggio anche ai nostri caduti. Poi quando vado nelle scuole, soprattutto per la giornata della memoria, nei libri di storia non c’è la nostra storia; eppure noi abbiamo più volte fatto leva al ministero dell’Istruzione di inserire la storia anche dei sinti e dei rom. Facciamo fatica, come se ci fosse una volontà politica nel non voler certificare quello che ormai è storia”.

“Dobbiamo dire grazie ad alcuni testimoni ebrei che si sono esposti raccontando come in quei campi di sterminio ci fossero anche i Rom. Solo grazie a loro abbiamo iniziato a essere riconosciuti formalmente, ma non in pratica anche dal Governo. Nessuno ci ha mai chiesto scusa, al processo di Norimberga gli unici a non essere risarciti” e quindi riconosciuti come vittime “sono stati i rom giustificando la loro decisione con la scusa che i rom erano asociali e predisposti culturalmente alla vita nei campi. Neanche in Italia c’è mai stato un politico che abbia chiesto scusa alla comunità durante le celebrazioni per la giornata della memoria”.

Il Porrajmos o Samudaripen, la persecuzione e lo sterminio di rom e sinti, non trova ancora spazio nella legge che istituisce la Giornata della memoria, la 211 del 20 luglio del 2000, che recita: ‘Istituzione del Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti’. “Questo è il primo passo per una vera integrazione” ribadisce Ernesto Grandini, presidente dell’associazione Sinti italiani di Prato, nato a Roma, anche lui impegnato ogni anno nei viaggi della memoria. Per favorire quell’incontro che abbatta le fortificazioni create negli anni fra “loro” e “noi”, fra rom, sinti e gagè (come la comunità chiama i non rom, non sinto in lingua romanes).

“Anche perché, non dimentichiamo che stiamo parlando di italiani- ricorda Di Rocco- a essere deportati prima nei campi di concentramento fascisti e poi nei lager tedeschi sono stati sia rom e sinti stranieri sia italiani, che si trovavano in Italia dal 1300”. Per farlo però dobbiamo riconoscere la storia per rigettare quel cumulo di pregiudizi e stereotipi nati con i testi di Alfred Dillman, in particolare lo ‘ZigeunerBuch’ del 1905, e poi cavalcati dal fascismo e dal nazismo. Lì nasce il mito dello “zingaro asociale, nomade e fannullone, abituato a vivere nei campi”, è da quelle convinzioni che prendono il via i primi censimenti, le deportazioni e poi le moderne le politiche di segregazione nei campi nomadi. Ed è proprio da quella marginalità che la comunità è stata resa un facile bersaglio verso cui incanalare tutte le colpe che affliggono la società.

“Siamo 180mila, in pratica lo 0,23% della popolazione, solo il 3% è nomade e solo in 26 mila vivono nei campi- sottolinea Di Rocco- eppure l’immagine che danno, soprattutto i media, è sempre quella del rom sporco, brutto e cattivo che vuole vivere in un campo. Ma quale persona sana di mente vorrebbe vivere in un campo se avesse la possibilità di vivere una vita dignitosa?”. Stereotipi che diventano però macigni nella vita di tutti giorni e nel difficile percorso di integrazione. “Mia nipote aveva trovato lavoro in una pizzeria- racconta Ernesto- dopo qualche giorno un cliente l’ha riconosciuta come sinta del campo di Iolo e lo ha detto al proprietario che la mattina dopo l’ha licenziata”.

2021-02-03T13:52:07+01:00