BOLOGNA – Scuole militarizzate ma parchi e ristoranti affollati: manca un’etica di comportamento secondo Carlo Braga, preside dell’istituto ‘Salvemini’ di Casalecchio di Reno (Bologna). Nella sua scuola sono state poche le classi in quarantena, gli insegnanti si stanno vaccinando e sono costantemente controllati con tamponi e sierologici. E Braga, commentando il dato di ieri che parla di aumento del 70% dei casi Covid nelle scuole dell’Emilia Romagna non cambia idea:
“Il settore scolastico, con le opportune differenze da scuola a scuola ritengo che sia sicuro. Noi ad esempio abbiamo mantenuto distanze superiori ai due metri, abbiamo il 50% degli studenti in presenza in aula, mezza classe in sincrono e mezza classe in presenza. Ciò crea delle condizioni di sicurezza molto alte ed è diverso da avere il 50% in generale a scuola”.
E così si ritorna alla situazione pre natalizia: scuola aperta per gli studenti disabili, figli di sanitari, dei lavoratori essenziali e per i gruppi d’inclusione, piccolissimi gruppi di studenti che, ci tiene a precisare Braga, possono stare in classe con i compagni come previsto dal Dpcm.
“Secondo me noi paghiamo per quello che succede a livello extra scolastico- prosegue il preside– sia tra gli adolescenti sia tra i loro genitori. Basta vedere i video dei Giardini Margherita, dei locali e delle strade del centro: pare che la priorità sia quella di farsi lo spritz o la cena. È un po’ un mondo alla rovescia: noi che facciamo la militarizzazione degli ambienti scolastici e poi fuori ‘liberi tutti'”.
Il Salvemini non ha visto, riporta il preside, questo incremento all’interno delle mura scolastiche mentre invece è aumentato il numero delle segnalazioni da casa, di positività in famiglia. Nelle parole di Carlo Braga trapela un senso di delusione ma su una questione non è disposto a negoziare:
“Che non ci taglino le gambe poi, in fase di valutazione, questa è una questione per noi molto importante. E cioè che il lavoro che abbiamo fatto non venga sottovalutato facendo una sanatoria che fa perdere di credibilità al lavoro svolto. Noi, tutti, abbiamo lavorato e stiamo lavorando esattamente come se fossimo in presenza, in termini di ore, di svolgimento dei programmi e svolgimento delle attività. E questo dev’essere riconosciuto, anche se in altre parti d’Italia non si è riusciti perché mancava la connessione o perché non è stato fatto il lavoro che andava fatto. Bisogna operare ‘caso per caso’ e questo è molto importante”.
E sul prolungamento dell’anno scolastico al 30 giugno è categorico:
“Per noi è un nonsense. Noi abbiamo fatto le 1032 ore continuative e dal 6 di giugno al 30 abbiamo sempre svolto le attività di recupero e sostegno, per cui ci lasciassero fare la stessa cosa, premiando chi ha seguito le lezioni con solerzia, partecipazione, ha avuto rendimento, perché è giusto così”.