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Neuropsichiatra Montecchi: “Necessario fare differenza tra esperienza e abuso”

Intervista al neuropsichiatra infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma

Intervista al neuropsichiatra infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma

La dipendenza da sostanze stupefacenti spesso nasce e si radica durante l’età adolescenziale, quella fase della crescita in cui, secondo il neuropsichiatra infantile Francesco Montecchi, si attraversa un periodo di depressione “quasi fisiologico”. “L’esperienza della sostanza durante l’adolescenza è molto diffusa, ma bisogna fare una distinzione tra esperienza e abuso, e anche tra le varie sostanze– spiega all’agenzia Dire- Ci sono sostanze che creano un problema biologico e rischiano di far rimanerci impigliato il ragazzo o la ragazza. E poi ci sono altre sostanze meno dannose, ma che a lungo andare possono creare dipendenza”.

Montecchi, già primario di neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e docente di psicoterapia, ritiene quindi che i genitori non dovrebbero preoccuparsi se il proprio figlio o figlia si avvicina a una sostanza per fare un’esperienza, perché è una tendenza che “rientra in quella spinta alla conoscenza”, e che spesso si conclude subito dopo la prima esperienza.

“I giovani quando sentono parlare di qualcosa vogliono capire di cosa si tratta, e questo non deve allarmare– aggiunge il professore- ma le cose cambiano se il ragazzo o la ragazza si avvicina alle droghe come la cannabis per uso auto terapeutico. In questo caso si tratta di ragazzi che vivono un’esperienza depressiva, in adolescenza molto diffusa, ma non riescono ad avere risorse per uscirne fuori. E scoprono che l’uso della cannabis può essere terapeutico. Ma a lungo andare il ragazzo rischia di rimanerci impigliato”.

E a rimanerci impigliati sono quasi sempre personalità fragili, che “non riescono ad avere una forza dell’io sufficiente ad uscirne fuori e rimangono impigliati in un rapporto di dipendenza, che è un fallimento delle funzioni dell’io”. È qui che dovrebbero intervenire, secondo lo specialista, i genitori. Non vietando l’uso di sostanze ma accompagnando il figlio in un processo di consapevolezza. “I genitori dovrebbero diventare più un padrino e una madrina che accompagnano il proprio figlio anche nelle esperienze rischiose. Senza inibirlo ma informandolo, per rinforzare il diritto dell’adolescenza di scegliere per sé”.

Per Francesco Montecchi, quindi, la prima azione da fare per prevenire che l’uso di sostanze diventi abuso e dipendenza, è partire dai genitori, supportarli e informarli. “I genitori dovrebbero controllare quello che succede, sapere quello che l’adolescente potrebbe cercare ma senza avere una funzione stigmatizzante, offrendo invece comprensione dell’esperienza”.

2021-05-07T09:10:38+02:00