Una lettera d’amore, un ritratto del lato più umano e intimo di quattro ‘mostri sacri’ della musica e un lavoro di ricerca ‘animato’ da oltre 150 ore di file audio e oltre 60 di riprese. Tutto questo è The Beatles: Get Back (dal 25 al 27 novembre su Disney+), la meravigliosa docu-serie – divisa in tre episodi da oltre 2 ore ciascuno – firmata dal regista delle imprese impossibili: Peter Jackson, già alla regia dell’amatissima saga de Il Signore degli Anelli. Jackson non è solo uno dei filmmaker più grandi del nostro tempo ma è anche un grandissimo fan di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr, in una parola BEATLES: la band più iconica della storia della musica che è stata capace di creare una vera e propria ‘Beatlemania’, ovvero l’adorazione incondizionata per il gruppo al di là di estrazione sociale, cultura, sesso ed età.
Anche il regista è rimasto ‘vittima’ della Beatlemania. Nato nel 1961 ha potuto respirare un po’ di quella musica che ha scritto pagine e pagine di storia, una musica che nessuno mai potrà replicare. I suoi genitori non erano fan della band e tra i diversi dischi in casa Jackson nessuno era dei Beatles. Così nel 1973 il giovane Peter, usando i suoi risparmi, è riuscito a comprare il suo primo LP: il disco doppio Red and Blue album. Il suo amore viscerale per i ‘Fab Four’ lo hanno spinto a passare la pandemia a lavorare su questo progetto con lo scopo di portare sotto la luce dei riflettori il lato più intimo e sincero del gruppo di Liverpool.
THE BEATLES: GET BACK, IL TRAILER
THE BEATLES: GET BACK, LA STORIA
The Beatles: Get Back dell’acclamato regista Peter Jackson è un’esperienza cinematografica unica che porta il pubblico indietro nel tempo alle sessioni di registrazione private dei Beatles, in un momento cruciale della storia della musica, mostrando il calore, lo spirito di squadra e il genio creativo che hanno definito l’eredità dell’iconico quartetto.
Girato nel gennaio del 1969 e realizzato grazie a oltre 60 ore di filmati inediti (registrati da Michael Lindsay-Hogg) e più di 150 ore di registrazioni audio mai ascoltate, straordinariamente restaurate, The Beatles: Get Back è la storia di quando John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr hanno pianificato la loro prima esibizione dal vivo dopo oltre due anni e registra la scrittura e le prove di 14 nuove canzoni, originariamente destinate a essere pubblicate in un album live di accompagnamento.
Il film include, per la prima volta in versione integrale, l’ultima esibizione dal vivo dei Beatles come gruppo, l’indimenticabile concerto sul tetto di Savile Row, a Londra, così come altre canzoni e composizioni classiche incluse negli ultimi due album della band, Abbey Road e Let It Be.
PETER JACKSON RACCONTA THE BEATLES: GET BACK DURANTE UN INCONTRO VIRTUALE
Il primo ricordo dei Beatles
“Il primo LP che ho acquistato con i miei risparmi è stato il doppio Red and Blue album. Sono nato nel loro periodo d’oro, anche se ero troppo piccolo per ricordarlo. I miei genitori non hanno mai comprato un solo album dei Beatles. Da quel momento sono diventato un fan scatenato e non potrebbe essere altrimenti: se vuoi fare un lavoro come questa docu-serie devi essere necessariamente un appassionato del gruppo, anche per capire tutti i riferimenti presenti nei loro discorsi che potrebbero risultare incomprensibili se non si conoscono“.
Tanto materiale inedito: una grande emozione per un fan e regista
“Mi sono sentito fortunato, a tratti mi è sembrato quasi di origliare le conversazioni private del gruppo ed è un po’ come se lo avessi fatto davvero. Qui non si racconta solo la musica dei Beatles ma le loro personalità individuali, come esseri umani differenti tra loro in termini di ambizioni e di abitudini“.
Aspetti negativi?
“Se mi posso permettere di muovere una leggera critica al gruppo direi che avevano una scarsa organizzazione, e questo emerge dal materiale che ho visionato. In sostanza, è come se fossero gli altri a preparare tutto, a prescindere da quello che loro facevano: per esempio tornando dalle vacanze di Natale magari si presentavano in studio con materiale sommario per le canzoni“.
La macchina da presa ha ‘catturato’ i discorsi privati dei Beatles: come è stato possibile?
“Questa è stata una delle battaglie più difficili per loro: da un lato avevano autorizzato il regista Michael Lindsay-Hogg a seguirli e registrarli, quindi era di fatto dietro le quinte della loro carriera, ma poi ne erano tutt’altro che entusiasti. Michael riprendeva anche quando la band era convinta che non lo stesse facendo, in studio nascondeva microfoni, usava ogni tipo di trucchetti per ottenere del materiale inedito. Il malcontento dei Beatles però non gli è stato manifestato in forma diretta, in faccia: per esempio quando volevano chiacchierare di faccende private si mettevano a strimpellare con la chitarra per coprire i suoni. Oggi, però, abbiamo a disposizione una tecnologia capace di estrapolare le voci da quei suoni e riportarle alla luce. Sono affascinato dal loro rapporto: pagavano Michael per il documentario, in tanto tempo solo una volta gli hanno proibito di riprendere. Lui, però, ha spento la telecamera ma non il microfono, quindi il materiale lo ha avuto lo stesso“.
Si può raccontare un mito senza infrangerlo?
“Tutti abbiamo la convinzione di conoscere i Beatles, ma quello che spero stupisca di questa docu-serie è vedere chi sono gli esseri umani e non solo gli artisti. Si approcciano in maniera diversa alle situazioni, hanno aspirazioni differenti e si capisce subito la verità, che poi emerge dietro le quinte. Io mi sono fatto l’idea che sono tipi normali, bravi ragazzi. Finalmente, però, non li si guarda come un pacchetto unico ma come personalità distinte“.
Peter Jackson e la pandemia in compagnia dei Beatles
“In un periodo brutto e difficile come quello che stiamo vivendo da un po’ sono stato fortunato ad avere i Beatles che mi tiravano su il morale. Ho pensato che sarebbe stato un bel regalo di Natale per gli altri fan come me. Voglio vedere la gente sorridere, farla stare meglio e mi pare di esserci riuscito, stando alle reazioni ricevute dal trailer“.
Perché raccontare i Beatles ora?
“Finalmente c’è una distanza necessaria dai fatti per poterli riportare alla luce con onestà. I membri superstiti della band non sono più così ossessionati dalle loro immagini, è come se fossero pronti a lasciarle andare, il che non vuol dire raccontare in pubblico i panni sporchi ma far emergere un lato inedito“.
Ringo Starr e Paul McCartney hanno visto The Beatles: Get Back?
“Sì! E il più bel regalo che potessero farmi è non lasciarmi nessuna nota o richiesta di cambiamento. Ero nervoso, lo ammetto, perché da parte loro c’è voluto coraggio a esporsi così, ma l’hanno trovato un lavoro accurato e questo mi fa molto piacere perché mi sono ascoltato tutte le oltre 150 ore di registrazioni audio. Poteva esserci il rischio che manipolassi il materiale per riassumerlo, ma quello che è emerso è il desiderio di onestà sul loro operato. Aver riportato alla luce le conversazioni in maniera chiara è stato davvero fantastico. Sono contento di non aver tagliato nulla che non fosse necessario. E se qualcosa può ancora essere svelato, abbiamo ancora almeno cinquant’anni per tornare a lavorarci su“.