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Matrix Resurrections, Neo e Trinity resistono al tempo: sono ancora capaci di emozionare

Dall’1 gennaio al cinema con Warner Bros. Pictures. Alla regia Lana Wachowski

Matrix non è solo una saga cinematografica. Matrix è stato (e lo è tutt’ora) una vera e propria rivoluzione. Ha avuto un impatto forte e profondo non solo sul cinema e sul genere fantascientifico ma anche su molte generazioni, che nel 2003 si sono recate in sala per lasciarsi travolgere da Matrix Revolutions, primo film del franchise simbolo della cultura cyberpunk delle sorelle Wachowski. Tra i tre della saga originale questo è senza dubbio il capitolo considerato un vero e proprio capolavoro, che ha fatto il suo ingresso in un periodo in cui tutti guardavano ammaliati la rivoluzione tecnologica, in cui la società non era del tutto soffocata dall’individualismo, in cui gli uomini e le donne si servivano delle macchine (e non il contrario), in cui si credeva ancora nella forza dell’essere umano e delle emozioni e in cui le macchine tecnologiche non avevano ancora preso pieno possesso della nostra identità. Insomma, un film uscito diciannove anni fa ha predetto quello che sarebbe successo ai giorni nostri e forse ci è andato fin troppo leggero. Oggi stiamo assistendo all’omologazione, all’evasione come forma di sopravvivenza, si è schiavi dell’identità digitale e delle scelte degli altri. Non è un caso se il libero arbitrio, tema centrale nei primi tre film, torna ‘prepotente’ in questo nuovo Matrix Resurrections (dall’1 gennaio al cinema con Warner Bros. Pictures con la regia di Lana Wachowski, senza la sorella Lily). 

Siamo davvero liberi di compiere le nostre scelte? Oppure le nostre scelte sono vincolate da quello che la società ci impone? E ancora, le nostre scelte sono vere o sono solo un’illusione? Questi i grandi interrogativi che accompagnano le due ore e trenta minuti di film. Domande a cui risponde Neo, che torna ad essere interpretato da Keanu Reeves, sullo schermo in grandissima forma. Che emozione poterlo rivedere, poter rivedere un eroe normale, un eroe di tutti i giorni. Un eroe che non ha superpoteri, o meglio, il suo unico potere – al giorno d’oggi solo pochi lo possiedono – è il libero arbitrio. Ma andiamo per gradi.

Cosa racconta ‘Matrix Resurrections’? Il quarto capitolo racconta un mondo in cui esistono due realtà: la vita quotidiana e ciò che si cela dietro ad essa. Thomas Anderson/Neo (Reeves) è il più grande e celebre game designer del mondo, che ha trovato il successo grazie al suo gioco ‘Matrix’. Il suo socio in affari è Smith, interpretato da Jonathan Groff (che prende il testimone da Hugo Weaving): un tipo aziendale scaltro e sicuro di se con un fascino spensierato, un sorriso disarmante e un occhio ai profitti, tutto ciò che il Signor Anderson non è.

Thomas spende le sue pause lavorative in una caffetteria. Un giorno i suoi occhi si incrociano con quelli di Tiffany/Trinity, interpretata da Carrie-Ann Moss, moglie, madre e con la passione viscerale per le moto. I due, che apparentemente credono di non conoscersi, sentono che c’è qualcosa che non torna nella loro quotidianità, sentono di vivere una vita che non è la loro, percepiscono di interpretare ruoli e non personaggi reali. Si sentono intrappolati in una esistenza priva di significato, una sorta di prigione senza sbarre. Se nell’oggi, molto spesso, si rinuncia a combattere accettando l’illusione, i protagonisti sono ancora mossi dalla voglia di lottare per sradicare ‘sistemi malati’. 

Thomas, inizia a percepire che c’è qualcosa che non torna, durante i suoi episodi psicotici. Non riuscendo a distinguere la realtà dal mondo di Matrix, è seguito da l’Analista (interpretato da Neil Patrick Harris, il nostro amato Barney di How I Met Your Mother). Per scoprire la distinzione tra realtà e immaginazione, Thomas/Neo deve decidere – di nuovo – se inghiottire la pillola rossa o blu. Lui sa già cosa fare, ma non sa che ora Matrix è più forte, sicura e pericolosa che mai e genera deja-vu sempre più ingannevoli. E ancora una volta deve seguire il Bianconiglio ovvero l’hacker Bugs, interpretata da Jessica Henwick, che disperatamente ha cercato l’Eletto (Reeves), che ha sacrificato se stesso per salvare l’umanità. A fare da guida a Neo è di nuovo il saggio Morpheus, interpretato da Yahya Abdul-Mateen II (che ha preso il testimone dall’iconico Laurence Fishburne).

Matrix Resurrections non è il sequel che vi aspettereste di vedere. È intriso di citazioni dei capitoli precedenti della saga. Questo, però, non lo rende autoreferenziale o nauseante ma un’operazione amacord in cui l’immaginario creato dalle sorelle Wachowski risulta ancora forte, credibile anche se il quarto capitolo non ci ha fatto palpitare come il primo (ma forse sarebbe stato impossibile superare Revolutions). Qui, tra azione, bullet time, corse spericolate in moto e mosse di kung fu (e non è una novità), si fa strada la nostalgia ma ancor di più la malinconia che viene smorzata da una giusta dose di ironia. Malinconia per il tempo che passa e per i tempi passati. Ma, soprattutto, questo film ci mostra come l’essere umano sia diventato al servizio delle macchine (e non il contrario) e come questo, anziché vivere la vita secondo le proprie scelte, vive sotto dettatura delle scelte degli altri buttandosi a capofitto nell’evasione per sopravvivere. 

Ultimo ma non ultimo, l’amore vero. Un sentimento forte che qui, come ci mostrano Neo e Trinity, resiste al tempo, ai loop temporali, ai ‘cattivi’ della società, ai deja-vu, all’illusione, alla realtà e all’immaginazione. E non è una banalità dire che l’amore vince su tutto. Anzi, al giorno d’oggi, dobbiamo aggrapparci proprio all’amore per non cancellare dalla nostra anima quel briciolo di umanità e sentimento che ancora abbiamo. 

MATRIX RESURRECTIONS, IL TRAILER

2022-01-01T11:23:54+01:00