Una vicenda surreale, che unisce tecnologia e giustizia, si è conclusa con una clamorosa beffa per un concessionario tedesco. Al centro della disputa, una Ferrari SF90 Stradale personalizzata dal valore complessivo di circa 600mila euro, ritardi nella consegna e una semplice emoji che ha cambiato le sorti del processo. La decisione finale, presa dal Tribunale Regionale Superiore di Monaco di Baviera, ha sancito la restituzione della caparra all’acquirente e nessun risarcimento per il venditore.

Ritardi nella consegna e una pazienza finita
Tutto ha avuto inizio nel novembre 2020, quando un cliente ha ordinato una Ferrari SF90 Stradale con specifiche personalizzazioni per un costo totale di 600mila euro, versando un acconto di quasi 60mila euro. Nel contratto, la consegna era prevista in maniera non vincolante tra il secondo e il terzo trimestre del 2021, ma includeva anche una data limite per la rescissione, fissata ad aprile 2022. Tuttavia, i problemi sono iniziati quando il concessionario ha comunicato un ulteriore slittamento della consegna.
A settembre 2021, il cliente ha chiesto aggiornamenti via WhatsApp, ricevendo come risposta che la consegna sarebbe stata posticipata alla prima metà del 2022. Alla notizia, l’acquirente ha risposto con un messaggio breve accompagnato da un’emoji: la faccina con il sorriso a denti stretti. A questo punto, la situazione sembrava sotto controllo, ma la tensione è cresciuta con il prolungarsi dei ritardi.
L’ultimatum del cliente
Ad aprile 2022, il cliente ha nuovamente chiesto notizie sulla consegna, e il venditore ha indicato come probabile data la settimana del 9 maggio. Nonostante l’approvazione da parte dell’acquirente, il concessionario ha comunicato il 9 maggio che la vettura aveva un problema alle batterie e non poteva essere consegnata. Deluso e ormai stanco di aspettare, l’acquirente ha inviato una diffida tramite il suo legale, fissando come ultima data utile la fine di maggio 2022. Non avendo ricevuto la vettura entro quel termine, ha rescisso il contratto il 1° giugno.

Il contenzioso legale
A questo punto, le due parti si sono scontrate in tribunale. Il cliente ha chiesto la restituzione dell’acconto versato, mentre il concessionario pretendeva un risarcimento di 110mila euro per le perdite legate alla personalizzazione della vettura. In primo grado, il giudice ha dato ragione al venditore, ma l’acquirente ha presentato ricorso.
In Appello, la sentenza è stata ribaltata. Il Tribunale Regionale Superiore di Monaco di Baviera ha stabilito che la data limite per la consegna era aprile 2022 e che la chat WhatsApp non dimostrava alcuna proroga accettata dal cliente. In particolare, i giudici hanno sottolineato che l’emoji del sorriso a denti stretti non rappresenta consenso, al contrario di un’emoji come il “pollice in su”, che avrebbe potuto indicare approvazione.
Una sentenza beffarda
Quell’emoji è stata decisiva: secondo il tribunale, non può essere interpretata come un accordo per prorogare la consegna. Pertanto, l’acquirente ha avuto diritto a rescindere il contratto e a ricevere la restituzione della caparra. Il concessionario, invece, non ha ottenuto alcun risarcimento per le personalizzazioni richieste, perdendo circa 170mila euro.
Questa vicenda dimostra come i ritardi nelle consegne e una comunicazione poco chiara possano avere conseguenze legali disastrose, anche per le aziende più prestigiose. In questo caso, una semplice emoji ha fatto la differenza, diventando l’elemento chiave che ha deciso l’esito di una causa milionaria. Una lezione per tutti: quando si tratta di affari importanti, meglio affidarsi a documenti formali piuttosto che a chat informali.