Chi percepisce l’Assegno di Inclusione (ADI) deve fare attenzione a una serie di condizioni. Può bastare un errore infatti, anche se compiuto in totale buona fede, a far perdere il beneficio economico. Una omissione involontaria o una mancata comunicazione possono far sospendere il sussidio. Nei casi più gravi può scattare anche l’obbligo di restituire quanto percepito.
Per questa ragione è fondamentale conoscere bene le regole di base che disciplinano non solo l’accesso ma anche il mantenimento dell’Assegno di Inclusione, evitando di incorrere in situazioni che possono portare alla sua sospensione o perfino alla perdita. Come succedeva con il vecchio Reddito di cittadinanza, anche l’ADI è regolamentato da obblighi vincolanti.

I vincoli stringenti servono a garantire che la misura sia riconosciuta soltanto a chi effettivamente ne ha diritto. Non è concessa ignoranza davanti alla legge. Dunque il mancato rispetto delle regole non ammette giustificazioni di sorta. I beneficiari sono tenuti a informarsi in maniera adeguata a ad adempiere puntualmente gli obblighi previsti, se non vogliono perdere l’Assegno.
Assegno d’Inclusione, i casi in cui si perde il beneficio
Si perde l’Assegno di Inclusione anche uno solo dei beneficiari non sottoscrive il Patto di inclusione con i servizi sociali o il Patto di servizio personalizzato con i servizi per il lavoro. Stesso discorso in caso di mancata partecipazione alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, o a qualunque altra iniziativa di politica attiva o di attivazione prevista dal Patto di inclusione o da quello di servizio personalizzato.
Il sussidio decade anche quando il beneficiario non frequenta un percorso di istruzione degli adulti di primo livello o comunque funzionale all’adempimento dell’obbligo di istruzione. Anche chi non accetta un’offerta di lavoro congrua perde il diritto a percepire l’ADI. Chiaramente in caso di giustificato motivo chi viene meno a uno di questi obblighi non rischia di perdere l’aiuto.

Bisogna poi aggiungere che nel caso in cui l’Assegno di Inclusione decada a causa della mancata partecipazione alle politiche attive da parte di un componente – dunque per uno dei casi che abbiamo appena indicato – a distanza di sei mesi dalla decadenza si potrà presentare nuovamente domanda. L’ADI si perde anche se non si comunica per tempo all’INPS l’inizio di un’attività lavorativa.
L’ente previdenziale va informato entro 30 giorni dall’inizio di un’attività di lavoro subordinato (con il modello Adi-Com) e il giorno precedente l’inizio attività (con obbligo di informazione trimestrale rispetto al reddito percepito) in caso di lavoro autonomo. L’ADI decade chiaramente se vengono meno i requisiti per beneficiarne e se non si comunicano all’INPS le variazioni del nucleo familiare.