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Accademie e conservatori equiparati a università

ROMA – Oltre 77mila studenti in Italia, dei quali 12mila stranieri, ai quali si aggiungono circa 3mila in mobilità studentesca. Tutto questo è l’Alta formazione formazione musicale e coreutica (Afam), un comparto che dal 1999, anno in cui venne varata la legge di riforma del settore, aspetta un inquadramento normativo. Da allora infatti, mancano i […]





ROMA – Oltre 77mila studenti in Italia, dei quali 12mila stranieri, ai quali si aggiungono circa 3mila in mobilità studentesca. Tutto questo è l’Alta formazione formazione musicale e coreutica (Afam), un comparto che dal 1999, anno in cui venne varata la legge di riforma del settore, aspetta un inquadramento normativo.

Da allora infatti, mancano i decreti attuativi per far si’ che il regolamento metta davvero ordine nel settore e non resti solo su carta. A sbloccare la situazione la firma, da parte del titolare del Mef, Giovanni Tria, degli ultimi due decreti.

“Da subito abbiamo messo in chiaro che gli Afam sono un nostro fiore all’occhiello- ha dichiarato, all’agenzia Dire, il viceministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti- e ora dalle parole passiamo ai fatti”, in primis “con gli Stati generali dedicati che si tengono oggi e domani a Roma e che sono un momento di confronto con tutti gli attori del settore”. E secondo luogo con i decreti attuativi grazie a cui “le Accademie e i Conservatori entreranno a far parte della formazione pubblica alla pari delle altre università”.

Con l’ingresso nel pubblico dei 24 istituti presenti in Italia, inoltre “sarà possibile potenziarne l’organico e sbloccare e regolarizzare quei finanziamenti rimasti in sospeso dal momento che molte di queste strutture dipendevano economicamente da Comuni o Province negli anni falliti o scomparsi”.

E ancora, “quello che vogliamo sia chiaro- ha spiegato il viceministro- è che la cultura è un’autentica macchina per fare soldi e un volano di sviluppo oltre ad essere un brand del nostro Paese”. Da solo infatti “genera oltre 250 miliardi di indotto, corrispondente al 16% del Pil”. “Su questo dobbiamo puntare anche per il futuro- ha concluso Fioramonti- le nuove economie sono sempre meno legate allo sviluppo industriale classico e sempre più legate alla crescita culturale, formativa e al capitale umano”.





2019-02-08T16:54:33+01:00