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WWF – Living Planet Report 2016: tra meno di 5 anni dimezzata la fauna selvatica

Entro il 2020 la popolazione globale di specie animali e vegetali potrebbe crollare del 67%

Il WWF ha stilato il suo Living Planet Report 2016: uno specchio allarmante sul futuro del mondo selvaggio.
Ma guarire la Terra si può.
Le soluzioni sono nel cambiamento dei sistemi energetici e alimentari, assieme a un Piano Marshall per le specie selvatiche

wwf - living planet report 2016ROMA – Mancano meno di 5 anni: entro il 2020 la popolazione globale di specie animali e vegetali potrebbe crollare del 67%.
Il peso insostenibile della mano dell’uomo sulla fauna selvatica è solo uno dei numerosi segnali negativi che ci manda il Pianeta Terra, segnali raccolti dal WWF nel suo Living Planet Report, lanciato oggi in tutto il mondo con eventi speciali in tutti i continenti.

A Stoccolma uno degli autori, Johan Rockström, illustrerà il report presso lo Stockholm Resilience Center di cui è direttore, alla presenza del Ministro dell’Ambiente svedese.

In Italia è previsto nel pomeriggio un evento presso la Camera dei Deputati, alla presenza, tra gli altri, della Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, l’economista Enrico Giovannini e la Presidente di WWF Italia, Donatella Bianchi.

Living Planet Report 2016: Rischio e resilienza in una nuova era è l’undicesima edizione del Living Planet Report, una pubblicazione biennale del WWF, e analizza oltre 14.000 popolazioni di vertebrati di oltre 3.700 specie dal 1970 al 2012.
La presentazione in Italia è promossa in collaborazione con Sofidel, sarà seguita in diretta streaming a questo link.

Antropocene, il lento declino del nostro pianeta

Per la prima volta nella storia l’impatto delle attività umane sui sistemi viventi del Pianeta è stato talmente forte da generare la ‘nascita’ di un nuovo periodo geologico nella storia della Terra, l’Antropocene: il Report WWF ne tratteggia lo stato indicando anche i cambiamenti più urgenti da attuare, a partire da una significativa rivoluzione nei sistemi alimentari e energetici.

Secondo il rapporto le popolazioni globali di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili si sono ridotte del 58 per cento tra il 1970 e il 2012, il dato disponibile più recente. Il declino subito dal mondo selvatico in appena mezzo secolo preannuncia un crollo imminente di almeno due terzi entro il 2020.

Ma quell’anno coincide anche con diversi traguardi importanti: nel 2020 entreranno in funzione gli impegni assunti nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima, insieme alle prime azioni ambientali all’interno dei piani di sviluppo sostenibile.

Queste misure, se verranno attuate contestualmente agli obiettivi sulla biodiversità che, sempre a livello internazionale ed europeo sono stati fissati per lo stesso periodo, saranno in grado di riformare adeguatamente il sistema alimentare e energetico per tutelare la ricchezza della vita selvatica in tutto il mondo.

“Il mondo selvaggio sta scomparendo a un ritmo senza precedenti”, ha dichiarato Marco Lambertini, Direttore Generale di WWF Internazionale – “Non stiamo parlando solo delle specie meravigliose che tutti amiamo: la biodiversità rappresenta la base stessa del buono stato di salute delle foreste, dei fiumi e degli oceani. Senza le specie animali gli ecosistemi crolleranno e con loro i ‘servizi’ che la natura ci fornisce quotidianamente come la purificazione dell’aria, dell’acqua, il cibo e la difesa dai cambiamenti climatici. La buona notizia è che abbiamo gli strumenti per risolvere questo problema e dobbiamo usarli subito se vogliamo seriamente preservare un pianeta vivente che sostenga la nostra sopravvivenza e il nostro sviluppo”.

living-planet-report-2016Living Planet Report 2016

Il rapporto del WWF utilizza il Planet Index Living, fornito dalla Società Zoologica di Londra (ZSL), per monitorare le tendenze delle popolazioni di fauna selvatica, tendenze che mostrano una riduzione importante della loro dimensione globale.

Le specie di acqua dolce sono complessivamente diminuite dell’81% tra il 1970 e il 2012, l’indice marino delle specie mostra per lo stesso periodo un calo complessivo del 36% . ma accanto alle pessime notizie, ve ne sono anche di positive: è il caso della lince europea, ridotta fortemente nel passato per la caccia e la deforestazione. Leggi di tutela, progetti di reintroduzione e garanzie per la sua espansione naturale hanno fatto sì che questa specie risalisse la china dell’estinzione. Oggi in Europa vivono tra i 9.000 – 10.000 esemplari di lince, il 18% della popolazione mondiale e il suo ritorno è un segnale incoraggiante rispetto alle potenzialità di recupero della natura che possiamo ancora sfruttare.

“La mano dell’uomo continua a pesare sul declino delle popolazioni di fauna selvatica a livello globale, con un particolare impatto negli habitat d’acqua dolce. È importante sottolineare che tuttavia, si tratta di declino e non ancora di estinzione e questo dovrebbe essere un campanello d’allarme per mettere in atto un Piano Marshall per il recupero di queste popolazioni “, ha detto il professor Ken Norris, direttore scientifico della Società Zoologica di Londra.

lupi wwfIl momento decisivo

“Continuando a oltrepassare i limiti biologici e fisici della Terra minacciamo il nostro stesso futuro “, ha detto Donatella Bianchi, Presidente di WWF Italia – “Questo è un momento decisivo perché siamo ancora in grado di sfruttare le soluzioni per orientare i nostri sistemi alimentari, energetici, dell’economia e della finanza in una direzione più sostenibile, partendo dalla considerazione del Capitale Naturale, cioè la vera ricchezza da cui tutti dipendiamo quella della natura, in tutti i processi economici e politici. Proteggere adeguatamente l’ambiente contestualmente allo sviluppo economico e sociale richiede un cambio radicale del sistema da parte dei singoli cittadini, delle aziende e dei governi passando da un approccio miope ad un approccio visionario che valorizzi le generazioni future”.

Tra i vari esempi il rapporto descrive il caso dei piccoli agricoltori in Kenya che collaborano con le autorità locali e l’industria alimentare per la gestione delle risorse naturali del lago Naivasha, il secondo più grande specchio d’acqua dolce del paese, un hotspot di biodiversità e una risorsa importante per il PIL nazionale.
Nel Report si segnala con forza l’attuazione concreta dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, approvata da tutti i paesi del mondo in sede ONU nel 2015 con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile,come una guida essenziale al quel processo decisionale in grado di assicurare che l’ambiente sia tenuto in conto al pari di altri interessi economici e sociali.

Le strade suggerite dal WWF per un’Italia sostenibile

• Il 4 novembre entrerà in vigore l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Da quel giorno l’Italia deve essere pronta non solo a mantenere le proprie promesse e il proprio assenso formale all’attuazione dell’Accordo ma ad incrementare in maniera decisa e concreta tutti gli sforzi nel campo delle energie rinnovabili, l’efficienza ed il risparmio energetico, eliminando progressivamente gli approvvigionamenti da fonti di combustibili fossili ad iniziare dal carbone;

• L’Italia deve provvedere, al più presto,alla realizzazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile in un maniera sinergica ed integrata con tutti gli organi di governo, in armonia con l’Agenda 2030 ed i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ed avviare concretamente la realizzazione delle proposte in essa contenute.

• E’ stato finalmente formalizzato con la prima riunione, che ha avuto luogo il 25 ottobre, il Comitato nazionale per il Capitale Naturale (legge 221/2015) che dovrà realizzare il primo rapporto sullo stato del capitale naturale del nostro Paese entro il febbraio 2017. Il documento dovrà essere integrato nel processo di programmazione economica a partire dalla predisposizione del DEF fino alla legge di bilancio. E’ assolutamente necessaria la forte volontà politica per prendere finalmente in considerazione lo straordinario valore del capitale naturale del Bel Paese, elemento fondamentale per il nostro benessere e sviluppo.

L’edizione italiana del rapporto è stata realizzata con il sostegno di Sofidel, gruppo cartario italiano tra i leader mondiali nella produzione di carta e partner WWF nel programma Climate Savers per la riduzione volontaria delle emissioni climalteranti. Tra i propri impegni, Sofidel sostiene un approccio multistakeholder alle sfide dello sviluppo sostenibile e ha scelto di supportare WWF nel lavoro di sensibilizzazione e di innalzamento dei livelli di conoscenza e consapevolezza delle persone e delle aziende.

elefantiLe minacce per le specie

Perdita di habitat, degrado e eccessivo sfruttamento della fauna selvatica sono le minacce principali per le specie individuate nel report, tutte direttamente legate alle attività umane. I risultati del rapporto forniscono ulteriori prove che il Pianeta sta entrando in un territorio finora completamente inesplorato, in cui l’umanità sta trasformando letteralmente la Terra e andando verso una possibile sesta estinzione di massa. I ricercatori chiamano questo periodo Antropocene. Capire questo fenomeno ci permette di individuare soluzioni per il ripristino degli ecosistemi da cui dipendiamo.

Secondo il Rapporto WWF, la produzione alimentare necessaria a soddisfare le complesse esigenze di una popolazione umana in espansione sta distruggendo gli habitat e sfruttando in modo insostenibile la fauna selvatica. Oggi l’agricoltura occupa circa un terzo della superficie totale della Terra e rappresenta quasi il 70 per cento del consumo di acqua. Almeno 50 paesi hanno sofferto di scarsità d’acqua, oltre il 30% degli stock di pesce sono sovrasfruttati. Il Living Planet Report 2016 descrive alcune soluzioni in grado di trasformare i processi produttivi e il consumo di cibo per garantire cibo per tutti, ma in maniera sostenibile. Il rapporto si concentra anche sui cambiamenti fondamentali richiesti nei sistemi energetici e di finanza globale per soddisfare le esigenze di sostenibilità delle generazioni future.

Oltre i limiti del pianeta

Il report è basato sulle ricerche più avanzate rispetto all’impatto delle attività umane sul nostro pianeta. Un esempio proviene dalle innovative ricerche dello Stockholm Resilience Centre (i cui scienziati hanno collaborato alla redazione del Report) il cui modello dimostra come l’umanità abbia superato quattro dei nove confini planetari – clima, integrità della biosfera, flussi biogeochimici di azoto e fosforo e cambiamenti nell’uso del suolo – andando oltre le soglie di sicurezza dei processi del sistema Terra che sono critici per la vita sul pianeta e per la vita umana. Il rapporto aggiorna anche, come nelle precedenti edizioni, la ricerca dal Global Footprint Network sull’impronta ecologica dell’umanità : viviamo su un solo Pianeta ma stiamo utilizzando globalmente risorse che equivalgono a 1,6 pianeti in termini di beni e servizi utilizzati ogni anno.

2016-10-27T12:28:34+02:00