esperimenti di Vita
Medicina e tecnologia, biologia e fisica. Sono 13 gli esperimenti di matrice italiana di cui si occuperà l’astronauta Paolo Nespoli durante la missione Vita sulla Stazione Spaziale Internazionale.
I loro risultati contribuiranno alle cure per numerose patologie, aumenteranno la nostra conoscenza dello Spazio e saranno utili a preparare le missioni di lunga durata del futuro, a partire da quella dell’Uomo su Marte.
L’Agenzia DIRE li racconterà, uno per uno, con interviste ai responsabili e visite ai laboratori in cui sono nati.
L’esperimento di cui ci occupiamo questa settimana è ISSPresso.
Il desiderio di una tazzina di caffè venne espresso da Luca Parmitano durante la missione Volare. Era il 2013 e la vita da astronauta non prevedeva ancora la dolcezza di una pausa caffè sulla Stazione spaziale internazionale, orbitante 400 chilometri sopra le nostre teste. Il desiderio dell’astronauta catanese non restò però inascoltato poichè a Torino, l’azienda ingegneristica aerospaziale Argotec, stava già pensando ad ISSpresso, la prima macchinetta del caffè spaziale.
Il 3 maggio 2015 fu Samantha Cristoforetti a poter sorseggiare il espresso Lavazza extraterrestre. Ma non è stato un privilegio isolato ed ora Isspresso allieterà anche la missione Vita di Paolo Nespoli, in partenza a fine luglio. Non solo. Lo studio del comportamento della macchinetta nello Spazio ha portato anche vantaggi sulla Terra.
Ne abbiamo parlato con Valerio Di Tana, Program Manager di Argotec
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Come è nato l’esperimento ISSpresso?
“E’ nato nei laboratori di ricerca e sviluppo di Argotec come un’idea, che poi si è tramutata in un progetto vero e proprio grazie alla collaborazione con Lavazza e al coordinamento dell’Agenzia spaziale italiana (ASI). Quello che ha spinto l’idea a farsi progetto sono state le frasi di Luca Parmitano: gli era stato chiesto cosa gli mancasse maggiormente sulla Stazione spaziale internazionale e lui rispose ‘un buon caffè italiano’. Questo ci ha dato una spinta enorme”.
Gli astronauti soffrono molto di stress. Avete pensato anche a questo aspetto progettando ISSpresso?
“Certo. L’aspetto psicologico è stato uno dei driver principali dello studio di Isspresso. Avere un sistema in grado di erogare un caffè espresso di alta qualità è come dare la possibilità a un astronauta italiano di tornare a casa, senza pensare di fluttuare a 400 chilometri di altezza da Terra”.
Non solo Italia. Isspresso è in grado di erogare anche thè e brodo di pollo, quindi è uno strumento apprezzato pure dagli astronauti stranieri.
Il sistema è ancora installato all’interno del nodo 1 della Stazione. Le capsule attualmente in uso vennero fornite da Argotec e Lavazza al tempo della missione Futura di Astrosamantha, mentre con l’arrivo di Nespoli ricomincerà a funzionare a pieno regime, con qualche cambiamento chiesto dallo stesso Nespoli.
“Abbiamo avuto la possibilità di aver qui in Argotec Paolo: ha familiarizzato con la macchinetta e ha chiesto di modificare alcune funzionalità del sistema. Grazie alla sua esperienza ci ha dato delle dritte che poi abbiamo implementato. Ha voluto un’interfaccia migliore tra il sistema e l’astronauta, ad esempio. Paolo è un uomo molto pratico: per fare il caffè voleva una risposta più immediata della macchina. Abbiamo quindi modificato il software per velocizzare le operazioni in seguito all’accertamento dei livelli della sicurezza della stessa”.
Tecnicamente come si prepara un caffè nello Spazio?
“Abbiamo cercato di rendere le operazioni il più semplice possibile. Le basi sono le stesse della preparazione sulla Terra. Abbiamo un sacchetto trasparente che viene riempito d’acqua e viene collegato alla macchinetta. C’è un box blu, che riprende proprio il colore dell’acqua. Poi c’è la tazzina spaziale: un sacchetto certificato, collegato a un box marrone come il caffè. La capsula è sostanzialmente una capsula commerciale (sono stati fatti degli studi per mantenere la qualità del prodotto), rimodificata e rivista per evitare problemi di sicurezza. Le operazioni sono le stesse della Terra: si accende la macchina, si seleziona la bevanda, si spinge un bottone”.
Le innovazioni di ISSpresso non restano però solo nello Spazio. Permettono anche dei miglioramenti per la preparazione del caffè sulla Terra. Avete mai notato quei depositi di acqua e residui nel cassettino della macchinetta? Ecco, spariranno grazie a un nuovo sistema brevettato dopo l’esperienza di ISSpresso.
“Grazie alla sperimentazione in orbita e allo sviluppo di questo sistema abbiamo brevettato delle tecnologie innovative poi riutilizzate anche a Terra. Il filo conduttore di tutta la ricerca e sviluppo di Argotec è quello di sperimentare in orbita per poi però trarre dei benefici nella tecnologia terrestre. Grazie a questo progetto siamo riusciti a sviluppare applicazioni terrestri.Per esempio abbiamo sviluppato un sistema innovativo di pressurizzazione dell’acqua a doppio effetto, che permette una compressione dell’aria.
Uno dei problemi principali che abbiamo avuto è stato quello di essere certi che a bordo della ISS non si depositasse il caffè sulle valvole, otturandole. Questo aspetto è stato superato grazie a un sistema di flush d’aria che va a svuotare tutto il circuito idraulico e permette di pulire tutta la macchina ad ogni ciclo di erogazione. Abbiamo poi ridisegnato la camera di erogazione del caffè: le macchinette, sulla Terra, lasciano acqua e sostanze di deposito all’interno del contenitore dove va a finire la capsula esausta. Noi abbiamo ottimizzato la camera di erogazione in modo tale da eliminare qualunque tipo di deposito. Questo sistema può essere usato anche sulla Terra”.
Oltre al piacere del caffè, Isspresso è un esperimento che ha permesso anche di capire il comportamento di fluidi nello Spazio.
“La scienza dei fluidi è una delle tematiche più affrontate a bordo della Stazione. Grazie al nostro esperimento abbiamo collezionato una serie di dati sulla pressione e le temperature dell’acqua all’interno del circuito idraulico del sistema, ma anche legati alla miscela stessa tra acqua calda e polvere di caffè. Abbiamo studiato l’effetto della microgravità sulla schiuma: abbiamo scoperto che ne viene prodotta meno rispetto all’uso di ISSpresso sulla Terra. Un altro esperimento è stato valutare l’azione della capillarità del fluido caldo all’interno della tazzina: un dato che utilizziamo anche in altri esperimenti, come ad esempio ARTE”.
Servizio di Antonella Salini, montaggio di Manlio Caizzi