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Qual è il gioco migliore per mio figlio?

Sono molteplici i dubbi che i genitori hanno alle prime esperienze con i loro figli e in generale si può dire che non ci sono regole rigide

“Sulla spiaggia di mondi infiniti giocano i bambini” (L. Tagore)

ROMA – Starò facendo i giochi giusti? Non è troppo piccolo o troppo grande per fare questo gioco? Quanto tempo al giorno devo giocare con mio figlio? Sono molteplici i dubbi che i genitori hanno alle prime esperienze con i loro figli e in generale si può dire che non ci sono regole rigide, è di fondamentale importanza seguire il bambino e mettersi al suo livello; il gioco non deve essere un compito da svolgere ma un momento ludico in cui il bambino vive un’esperienza emotiva. Non è importante quanto tempo ci si dedica al gioco ma la qualità del tempo cioè quanto l’adulto si faccia coinvolgere nell’attività ludica creando un’atmosfera sicura dove il bambino possa sentirsi libero di esprimere se stesso, sperimentare cose nuove, apprendere regole e affrontare le difficoltà che incontra.

Non esistono giochi giusti o sbagliati

Non esistono giochi giusti o sbagliati, gli unici sconsigliati sono quelli pericolosi; la cosa importante è che stimolino tutti i processi di sviluppo del bambino e che, laddove sia possibile, passino per la relazione.
Ogni fase della vita, infatti, è caratterizzata da passaggi evolutivi diversi quindi sarebbe opportuno regolarsi in base alle tappe evolutive del bambino, rispettandone i suoi tempi. Secondo Piaget, nella fase cosiddetta “intelligenza senso-motoria”(da 0 a 2 anni), caratterizzata da una predominante attività percettiva e dalla comparsa di schemi e forme comportamentali semplici, prevalgono giochi come l’afferrare, il dondolare, il portare gli oggetti alla bocca, l’aprire e chiudere le mani o gli occhi. Alla fine di questa fase il bambino inizia a rappresentarsi il mondo attraverso immagini mentali.

Fondamentale il contatto fisico

Nei primi mesi di vita è fondamentale il contatto fisico affinché il neonato definisca i propri confini corporei: toccare, accarezzare, massaggiare, spostare e prendere in braccio, contenendo il piccolo, sono tutte azioni che aiutano a creare un buon attaccamento e una base sicura per il futuro sviluppo delle abilità cognitive, motorie, emotive e sociali del bambino. Durante il massaggio corporeo sono essenziali anche il contatto visivo e la voce della madre che può accompagnare l’attività con filastrocche e canzoni, la musica, infatti, può diventare un ottimo strumento per veicolare le emozioni nei bambini. Il sorriso intenzionale rivolto alla mamma è forse il primo vero gioco del bambino e ciò segnala il passaggio dalla percezione degli stimoli interni all’acquisita capacità di percezione degli stimoli esterni; si passa dalla autoreferenzialità alla socialità, il bambino è quindi pronto ad affrontare giochi sempre più complessi. Il gioco del “Cucù”, per esempio, insegna al bambino che l’altro continua ad esistere nella mente anche se è assente; in questo modo il bambino viene aiutato a gestire l’ansia di separazione dalle figure di accudimento poiché sperimenta che una volta sparite ritornano sempre.

Il pensiero pre-operatorio di Piaget

A due anni inizia la fase che Piaget definisce “pensiero pre-operatorio” (dai 2 ai 7 anni) in cui il bambino che inizia a sviluppare il linguaggio, acquisisce la capacità d’immaginazione ed imitazione; attraverso il gioco simbolico o di finzione incomincia a rappresentare la realtà che lo circonda: finge di mangiare e bere, dà il biberon al bambolotto, lo mette a dormire, parla al telefono, etc. Compito del genitore è osservare e ascoltare il bambino per riuscire ad interpretare i suoi bisogni e desideri accompagnandolo nella scelta del gioco giusto. Alla fine dell’età prescolare, nel periodo dai sette agli undici anni, nella fase detta “pensiero operatorio concreto” il bambino dimostra un’abilità di organizzazione mentale sempre più articolata e integrata ed emergono giochi più strutturati con regole condivise; nel rapporto con gli altri il bambino sperimenta la vita di gruppo ed è chiamato all’autocontrollo e all’autoregolazione. Dai dodici anni ai quindici, nello stadio di “operazioni formali”, compare la mentalità scientifica in quanto il pensiero si articola su basi concrete, ipotetiche, deduttive e induttive articolando ipotesi e risultati. I ragazzi sono attratti perlopiù dai giochi di società e dagli esperimenti scientifici e man mano che crescono apprendono tecniche e abilità sempre nuove.

Ogni bambino ha la sua personalità

Ogni bambino ha una personalità unica e inclinazioni diverse che deve riuscire ad esprimere liberamente senza sentirsi costretto o influenzato dall’adulto. Per questo bisognerebbe evitare di concentrarsi su giochi dello stessa tipologia e diversificarli in modo che il bambino abbia una vasta gamma di scelta e possa essere maggiormente stimolato: giochi corporei, di movimento, grafici, musicali, drammatizzazioni, giochi individuali, di squadra, competitivi, di costruzione, di lettura possono essere proposti ma non devono essere imposti. L’apprendimento non è un fatto puramente intellettuale e non può prescindere dall’aspetto emotivo affettivo.

2018-06-05T17:13:32+02:00