Tiangong-1
In orbita sopra le nostre teste c’è anche lei, ma ancora per poco. La Stazione spaziale cinese Tiangong-1, che in italiano possiamo tradurre con ‘Palazzo celeste’, sta lentamente precipitando verso il nostro pianeta. Quel è il problema? Non sappiamo né dove né quando cadrà. Tra i papabili luoghi di impatto, però, c’è anche l’Italia, in un’area approssimativamente collocata a sud di Firenze. Cosa ci dobbiamo aspettare e cosa dobbiamo temere? Lo hanno spiegato durante una conferenza stampa Claudio Portelli ed Ettore Perozzi, esperti dello Space situational awareness dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).
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Innanzitutto, ecco cosa già sappiamo. La stima più probabile per la caduta del ‘Palazzo celeste’ individua il 10 aprile come data cruciale, con una possibilità di errore intorno ai due giorni. I detriti di Tiangong-1 si sparpaglieranno verosimilmente in un’area lunga mille chilometri e larga 400, che potrebbe, appunto, comprendere anche l’Italia, su cui la Stazione cinese passa 4 volte al giorno per tre minuti a sorvolo. La probabilità che ciò accada? Molto, molto bassa. Senza contare che, anche se dovesse precipitare sulla nostra Penisola, non è detto che ciò avvenga in un’area popolata. Potrebbe finire, per esempio, in mezzo alle montagne o al mare. E’ importante comunque essere allerta e monitorare costantemente la situazione. Per questo l’Agenzia spaziale italiana, tramite il Centro di Geodesia di Matera, segue passo passo il lungo viaggio di Tiangong 1, in comunicazione permanente con la Protezione civile.
CLAUDIO PORTELLI Agenzia spaziale italiana (Asi)
“Tutti i rientri incontrollati rappresentano un problema per la popolazione, ma anche per le rotte aeree, che possono essere anche spostate in caso di rientri importanti. Questo è un caso importante perché c’è propellente a bordo, oltre ad elementi piuttosto pesanti che non si distruggeranno a contatto con l’atmosfera. Questo fa sollevare una bandierina di allarme”, ha commentato Portelli. “A quel punto, ragionando sul possibile impatto sul terreno, informiamo la Protezione civile, che poi si muove di conseguenza”.
LA STAZIONE TIANGONG-1 E IL RIENTRO ‘FUORI CONTROLLO’
La storia di Tiangong-1, giunta quasi all’epilogo, inizia nel 2011. Da allora è stata anche abitata da due equipaggi di astronauti per brevi periodi. E’ il primo tentativo cinese di Stazione spaziale. La struttura è lunga dieci e metri e mezzo, per un diametro di 3,5 metri, cui si aggiungono pannelli solari di sette metri per tre.
Il suo peso attuale è di 7 tonnellate e mezzo.
Sappiamo che ogni satellite, e a maggior ragione un oggetto come la Stazione spaziale, deve essere costruito in maniera tale da permettergli di tornare sulla Terra in maniera pilotata. E allora, perché Tiangong-1 precipita?
“Per Tiangong” i cinesi “avevano previsto una quota di propellente adatto per il rientro controllato, ma a un certo punto, a marzo del 2016, non sono più riusciti a comunicare o a trasmettere comandi correttamente alla stazione. La stazione è in attesa di ricevere l’input. Un input che non arriverà mai”, ha sintetizzato Portelli.
LE PREVISIONI
Come abbiamo detto, l’area di caduta comprende anche l’Italia e l’evento è atteso intorno al 10 aprile. Ma quando ne sapremo di più? Gli esperti assicurano che a sei ore dall’impatto la situazione sarà più chiara e quando il Palazzo celeste si troverà a 90 chilometri di distanza dalla Terra sarà possibile determinare l’area esatta di impatto.
ETTORE PEROZZI Agenzia spaziale italiana (Asi)
“E’ importante mandare questo messaggio: si ha l’idea che la scienza sia esatta, ma la scienza vive anche di probabilità- ha commentato Perozzi-. Cerco di dare risposte a cui si può arrivare con la calcolatrice che si ha sul telefonino. Sappiamo che Tiangong ci mette tre minuti a passare sull’Italia, l’orbita è 90 minuti, quindi la probabilità che nell’arco di un’orbita possa cadere sull’Italia è di una su qualche centesimo. In un giorno intero passa solo tre volte, la probabilità scende ancora. Se poi teniamo conto che se deve cascare può cadere su un territorio vuoto, stiamo arrivando a uno su diecimila di probabilità. Ciò non significa, però, che non serva occuparsene”.
Gli esperti hanno gli occhi ben aperti, ma l’Italia, per questa volta, dovrebbe essere al sicuro.