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Lucariello alla corte di Pino Daniele, a giorni la sua “Terra mia”

“Quando diventa musica anche la cosa più spregevole sublima e diventa poesia”

13 Aprile 2018

LucarielloNapoli – “La musica, come del resto tutta l’arte, nel momento in cui da’ un giudizio, nel momento in cui ti vuole insegnare qualcosa per forza, diventa propaganda. Diventa qualcosa di molto simile alla pubblicità”. È questo il giudizio sull’arte, espresso nel corso di un’intervista alla Dire, di Lucariello, al secolo Luca Caiazzo.

Un parere disilluso e che non ti aspetti da un artista che ha fatto di versi e musica lo strumento privilegiato per raccontare Napoli e la sua realtà. Un artista che conosce il “peso” e la potenza deflagrante delle parole, che ha legato, indissolubilmente, il suo percorso musicale alla camorra, quella reale che si incontra negli istituti di pena e quella letteraria e cinematografica di Roberto Saviano.

Suoi, infatti, alcuni brani entrati a far parte della colonna sonora di “Gomorra – La serie”, suo quel “Cappotto di legno” che, seppur rovesciando la prospettiva vestendo i panni di un killer, racconta e fotografa bene la vicenda umana e professionale di Roberto Saviano. Suo l’impegno nelle carceri minorili a favore dei ragazzi vittime e allo stesso tempo carnefici della criminalità organizzata.

Lucariello, “cappotto di legno prima delle botte in petto”

“Penso che la camorra sia un qualcosa che fa parte della vita delle persone di questa città. È un’esperienza negativa sia per chiLucariello la pratica sia per chi la subisce. Nessuno esce vincitore da questa realtà”, spiega Lucariello nel raccontare come sia nato “Cappotto di legno”, il brano che lo ha lanciato al successo nazionale. Un pezzo “nato da una lettera, da una e’mail che mi scrisse Roberto Saviano dove mi spiegava che stava in un posto con la scorta. Protetto perchè volevano farlo fuori. Mi scrisse questa cosa dicendomi “stavo ascoltando la tua musica. Non so se mi conosci ho scritto questo libro Gomorra – un libro che io avevo appena cominciato a leggere – e se io fossi un rapper racconterei della situazione in cui mi trovo. Mi hanno messo il cappotto di legno prima delle botte in petto”.

Ecco con questa frase mi diede il la per incominciare. Proprio perché non mi piace il ruolo didattico della musica non volevo raccontare la storia di Roberto volevo raccontare la storia di quelli che stanno dentro questa faccenda. Mi sono visto nei panni del killer che guarda una fotografia e pensa “questo ragazzo se loro dicono che lo devo ammazzare si vede che è una cosa buona” diventando così solo il “braccio” dell’operazione.

“Cappotto di legno” in questo modo assume una posizione “neutrale”, spiega il rapper. “Decidi tu da che parte stare. Se oggi guardo il riflesso che il brano ha avuto sui ragazzi penso che qualcuno possa averlo interpretato come un pezzo contro Saviano non un pezzo pro. E questo proprio perché ho vestito i panni del cattivo nonostante i riferimenti in sua difesa fossero molti. Questa doppia valenza per me è importante. Significa che da’ la possibilità ad ognuno di riconoscersi. La musica, come del resto tutta l’arte, nel momento in cui da’ un giudizio, nel momento in cui ti vuole insegnare qualcosa per forza, diventa propaganda, diventa qualcosa di molto simile alla pubblicità”.

Lucariello e “quel flusso di parole che escono non sai da dove”

Sono un ricercatore. Uno che segue molto le emozioni e le emozioni spesso non hanno una direzione prestabilita”, spiega. “Il mio approccio alla musica è sempre stato un approccio strettamente istintivo. Nel periodo adolescenziale mi è scoppiata dentro come se fosse la cosa più importante della mia vita”. Chi ama la musica e nasce a Napoli, come Luca Caiazzo, ha molte strada da scegliere per intraprendere la carriera di cantante ma Lucariello ha sempre avuto le idee chiare prediligendo da subito un approccio pratico.

“Lo stile che mi permetteva questo tipo di approccio alla musica è stato sicuramente l’hip hop. Questa è una musica pratica. Hai delle basi fatte con dei pezzi di musica che girano sul giradischi o fornite da un campionatore. Il rap è una cosa super istintiva ritmica, il freestyle è il massimo. Un flusso di parole che escono non sai neanche tu da dove e che hanno un loro percorso, un loro modo di esistere”.

Lucariello, dal ‘Vangelo’ a Pino Daniele

LucarielloAutore dei propri versi, membro degli Almamegretta, artista dalle collaborazioni più varie, dal rapper Ntò a Fabri Fibra e Giuliano Sangiorgi dei Negroamaro, Lucariello oggi arriva a confrontarsi con quella che lui stesso considera una “divinità”, Pino Daniele, “uno di quelli che ha influito maggiormente sulle mie scelte artistiche”. A breve, anticipa alla Dire, “on line la versione elettronica e spaziale di ‘Terra mia’. Una ‘Terra mia’ vista quasi in maniera globale perché Pino Daniele aveva questa capacità. Riuscire a raccontare il piccolo ma allo stesso tempo il grande. In lui microcosmo e macrocosmo contemporaneamente”.

Una sfida che segue “Il Vangelo secondo Lucariello”. Un modo, confessa, “un po’ sbruffone che abbiamo noi rapper di raccontare le cose. Mi metto così a paragone con l’Altissimo. E’ un Vangelo di strada che racconta quanto siano vicine la strada e la spiritualità”. La musica, insomma, per Lucariello “è qualcosa di positivo sempre e comunque. Nel momento in cui diventa musica anche la cosa più spregevole sublima e diventa poesia anche quando racconta la cosa peggiore del mondo. Mi piace mettermi nei panni dei cattivi proprio per questa ragione, forse perché non sopporto certe cose e allora trasformandole in musica diventano cose belle come se facessi la trasformazione dei metalli in oro degli alchimisti”.

2018-04-13T19:26:54+02:00