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Orbiting: nuovo termine del lessico amoroso

L’orbiting è un fenomeno che esiste da tempo (seppure in forma diversa), ma è letteralmente esploso all’epoca dei social. La prima a darne una definizione è stata Anna Iovine, creatrice del blog cult “Repeller”. Raccontando una sua esperienza personale, la blogger ha identificato l’orbiting con il comportamento per cui “un ex ti tiene nella sua […]

L’orbiting è un fenomeno che esiste da tempo (seppure in forma diversa), ma è letteralmente esploso all’epoca dei social. La prima a darne una definizione è stata Anna Iovine, creatrice del blog cult “Repeller”. Raccontando una sua esperienza personale, la blogger ha identificato l’orbiting con il comportamento per cui “un ex ti tiene nella sua orbita”, facendo in modo di essere “abbastanza vicini da vedervi”, ma allo stesso tempo “abbastanza lontani da non parlarvi mai”. Chi compie questo tipo di azioni sul web, apparentemente tiene d’occhio il/la ex partner senza alcuna intenzione però di coinvolgersi in una relazione significativa e nemmeno vedersi dal vivo e uscire insieme, generando forti sentimenti di noia e frustrazione in chi lo subisce.

L’orbiting non è un fenomeno nuovo, da anni ormai e non solo da quando i social hanno iniziato a occupare un posto rilevante nelle nostre vite, esiste questa tendenza di scomparire dalla vita di qualcuno continuando però a gravitare intorno all’altro pur avendolo rifiutato. Se prima avveniva ad esempio continuando a frequentare gli stessi posti o mantenendo legami con persone comuni, con l’utilizzo dei social questo comportamento si è amplificato e diffuso. In quest’ultimo caso, gravitare nella vita dell’altro seguendo la sua vita sui social o mettendo un like, non costa nulla in chi lo fa, ma può destabilizzare parecchio chi lo riceve.

Questo fenomeno sembra essere figlio del narcisismo che dilaga nelle società industrializzate, l’altro non è visto come soggetto di una relazione, fatta di impegno e reciprocità, ma come oggetto di un bisogno narcisistico di “possesso”, dove i bisogni individuali prevalgono sulla comprensione e l’empatia per quelli dell’altro. È così che, seppur non volendo intraprendere una relazione con un’altra persona, gli si continua a gravitare intorno, per assicurarsi che l’altro ci sia ed impedirgli di elaborare il lutto della perdita, che comporta inevitabilmente la stessa elaborazione anche in chi quella perdita l’ha decisa e determinata. L’uomo moderno sembra spesso in forte difficoltà nello stabilire legami duraturi che prevedono una scelta e la capacità di mantenerla. Il “mercato delle relazioni” che si è venuto a creare con il proliferare delle possibilità di incontro attraverso i social network e le infinite app di incontri, rende il passaggio verso una relazione matura molto più difficile e instabile: le possibilità sembrano essere infinite e questo paralizza la scelta. Questo sembra essere un ulteriore motivo per continuare a stare nella vita dell’altro con gesti semplici e disimpegnati (guardare una storia su Instagram, commentare un post o mettere il like ad una foto…) lasciando in qualche modo aperta la possibilità di una scelta.

Chi subisce questi comportamenti si trova imprigionato in una sorta di doppio messaggio: da una parte il rifiuto, dall’altra il mantenimento di un legame. Ciò può determinare molta confusione e l’impossibilità di elaborare una perdita e quindi di riuscire in qualche modo a superarla. Si tenta di andare avanti a fatica e alla fine, quando si pensava di esserci riusciti, ecco là il cuoricino che fa risprofondare nel baratro. E così si resta bloccati e ci si sente svalutati e anche manipolati. Le reazioni possono essere infatti di tristezza, dolore e rabbia. Queste reazioni possono protrarsi a lungo, dando luogo nel tempo a compromissioni più serie del tono dell’umore e problemi d’ansia, si perde energia, ci si arrovella, il pensiero dell’altro comincia ad essere ossessivo, diventa difficile liberarsene…

Il primo passo per difendersi da queste sensazioni è quello di riconoscere ciò che sta accadendo, essere chiari con se stessi ammettendo che l’altro non ci vuole, altrimenti avrebbe tutti i mezzi e le possibilità per raggiungerci. Sebbene accettare un rifiuto sia una ferita più o meno profonda, bisogna trovare le risorse interne per superarla. Inoltre si può spiegare chiaramente all’altra persona come ci si sente e che emozioni negative provocano i suoi comportamenti (spesso l’altro è inconsapevole di quello che fa). Se tutto ciò non bastasse a liberarsi dalle catene del suo orbitarci attorno, forse è meglio proteggersi, bloccando (anche sui social) questi tentativi ambigui di controllo.

Quando si impara a proteggere se stessi si recupera parte di quell’amore di sé che sembrava perduto e questo è l’ingrediente migliore per una futura relazione sana ed amorevole.

Lo sapete che…

  • Esistono altri fenomeni che colpiscono i rapporti del terzo millennio, il ghosting che consiste nel terminare una relazione senza dare spiegazioni, ma chiudendo ogni canale di comunicazione con l’altro e lo zombing in cui, dopo aver scaricato qualcuno senza una spiegazione, il partner si rifà vivo a distanza di giorni, settimane o addirittura mesi, come se nulla fosse accaduto.

  • Spesso queste dinamiche tossiche hanno origine in esperienze relazionali infantili, che hanno impedito di costruire un’identità funzionale alle relazioni personali e sociali generando stili di attaccamento disfunzionali e perpetuati nel tempo.

Dubbi o domande

Luana, 29 anni
Lui è letteralmente sparito, zero messaggi, non si è fatto più vedere…
Giada, 15 anni
Ho conosciuto un ragazzo su Facebook e alla fine ci siamo messi insieme…


Nel film “La verità è che non gli piaci abbastanza” si parla della difficoltà nell’intrattenere una relazione in remoto….

 

2021-03-03T16:50:12+01:00