di Antonella Salini
ROMA – Chi ha l’abitudine di guardare il cielo conosce bene quel puntino molto luminoso che compare all’alba e al tramonto, spesso scambiato per una stella. È in realtà il pianeta Venere, quello che maggiormente assomiglia alla nostra Terra e anche il più inospitale dell’intero Sistema solare. E dire che nell’antichità venne battezzato Venere proprio perché attraente come la dea dell’Amore, ma all’epoca ancora non erano note le sue caratteristiche ‘infernali’, dalla temperatura infuocata alla pressione che schiaccia al suolo. A dire il vero, di Venere molto è ignoto anche adesso.
La Nasa ha così deciso di partire con una nuova missione esplorativa, dal profetico nome di Veritas. Per indagare la natura più profonda di Venere si affida anche all’Italia, che, grazie a una collaborazione tra Agenzia spaziale italiana e Jet Propulsion Laboratory, sarà responsabile di tre stumenti, come ci ha raccontato Barbara Negri, responsabile dell’unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).
Innanzitutto, chiediamo, cosa cerchiamo con la missione Veritas?
Venere “è un pianeta molto interessante e poco studiato, ha avuto un percorso evolutivo diverso da quello della Terra– chiarisce subito Negri-. È uno dei pianeti meno ospitali del Sistema Solare. In teoria, per dimensioni e massa è simile alla Terra ma ha un’atmosfera molto densa composta in gran parte di anidride carbonica e di nuvole di acido solforico, che creano un effetto serra fortissimo che innalza la temperatura fin oltre i 400 gradi centigradi. Ha una pressione al suolo che è quasi cento volte maggiore di qauella terrestre. L’idea è capire come mai Venere si è evoluto in questo modo”.
Per farlo la Nasa si affida anche a scienza e tecnologie italiane.
“L’Italia è partner della Nasa, del Jpl, che ha la responsabilità di realizzare questa missione. Ci hanno chiesto una collaborazione su una parte importante di strumentazione scientifica e sottosistemi di servizio. Il Jpl e la Principal Investigator, la professoressa Suzanne Smrekar, ci hanno chiesto di fornire l’antenna ad alto guadagno, un prodotto ben conosciuto dal Jpl perché sviluppata da Thales Alenia Space e prodotto di grande livello, ben noto; poi ci hanno chiesto la partecipazione alla realizzazione del radar di tipo Sar sulla base dell’esperienza del radar sviluppato sempre da Thales per Cosmo-Skymed, noi ci occuperemo della parte a radiofrequenza del radar. Infine, al nostro Paese spetterà la fornitura del trasponditore integrato, un sosttosistema fondamentale sviluppato in Italia che viene usato sia per le telecomunicazioni, ma soprattutto per fare l’esperimento di radioscienza, parte in cui l’Italia ha leadership scientifica riconosciuta a livello mondiale, che serve per determinare i campi di gravità dei corpi celesti che vengono esplorati”.
Insomma, “siamo riconosciuti dalla Nasa come partner preferenziale per le missioni di esplorazione del Sistema Solare sulla base della grande esperienza della nostra comunità scientifica e dell’alto valore della strumentazione della nostra industria”.
La missione dovrebbe partire tra il 2026 e il 2028 e ci aiuterà a capire come sono andate le cose, quale è stata l’origine del nostro Sistema Solare e quali sono stati i fattori che hanno determinato le differenze notevoli tra pianeta e pianeta, e, magari, che tipo di futuro attende la Terra.